Ciao Beppe

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    Per tutti gli alpini lui era semplicemente “il Beppe”. Amato, rispettato e ascoltato, sempre, Giuseppe Parazzini, Presidente nazionale dell’Ana dal 1998 al 2004, è “andato avanti” il 18 giugno, alla soglia dei 77 anni che avrebbe compiuto il 19 luglio. Nato a Magenta, in provincia di Milano, nel 1944, dopo la laurea in giurisprudenza approdò nel 1969 alla Scuola Militare Alpina di Aosta, nel 57º corso Auc e poi nel 5º reggimento alpini, battaglione Edolo. Terminata la naja, nel 1971 si iscrisse subito all’Ana, nel Gruppo di Bareggio (Sezione di Milano), coltivando quotidianamente la passione alpina e l’impegno associativo, condividendola con la professione di notaio, che svolse nel capoluogo lombardo dal 1977 al 2019.

    Al vertice dell’Associazione raccolse, nel 1998, per due mandati, il testimone da Nardo Caprioli, divenendo il primo presidente non reduce di guerra. Quelli a cavallo del nuovo secolo furono anni di cambiamenti che coinvolsero direttamente anche l’Associazione: durante la sua presidenza, infatti, venne promulgata la riforma del servizio militare con la sospensione della leva. Parazzini, con l’intera famiglia alpina, si spese con grande vigore in difesa dei valori della leva, arrivando fisicamente fino al Quirinale, per consegnare una memoria scritta al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e all’allora ministro della Difesa Sergio Mattarella. Quello della reintroduzione di un servizio militare obbligatorio per i giovani italiani è stato un pensiero che lo ha accompagnato per tutta la vita: una vita condotta senza risparmio di energie, anche dopo l’aggravarsi delle condizioni della moglie Giuseppina, mancata nel 2020 e l’insorgere della malattia che nel volgere di poco tempo non gli ha lasciato scampo.

    L’Ana lo ha salutato nella “sua” Bareggio, un lunedì mattina, col Labaro, il Presidente nazionale Sebastiano Favero, accompagnato dal comandante delle Truppe Alpine, gen. Claudio Berto, decine di consiglieri nazionali e presidenti di Sezione, coi rispettivi vessilli (compreso quello della Fondazione Nikolajewka di Brescia, di cui fu a lungo consigliere), stringendosi attorno ai figli Luca, anche lui alpino, e Francesco, coi loro cari. Una cerimonia concelebrata dal parroco, don Luca Nichelini, da mons. Bruno Fasani, direttore de L’Alpino e don Stefano Garilli, cappellano della Sezione di Piacenza. Don Luca, nell’omelia, ha utilizzato le parole del canto “Era una notte che pioveva”, per parlare di Beppe Parazzini, sentinella rimasta sempre al suo posto, con spirito di servizio e dignità, anche nelle situazioni difficili; una sentinella che, adesso, è tornata sotto la tenda a riposare.

    Il Capogruppo di Bareggio, Luigi Santoro, ha letto la Preghiera dell’Alpino, mentre un giovane consigliere dello stesso Gruppo ha ricordato commosso i momenti passati «assieme a Beppe, maestro di vita e alpinità». Del resto l’apprezzamento per il Parazzini uomo e alpino è unanime tra le penne nere. A cominciare proprio dal Presidente nazionale, Sebastiano Favero, che sottolinea l’impegno costante del predecessore e ricorda con grande piacere la sua capacità di proporre riflessioni sulla Associazione “com’era, com’è e sarà” anche nei momenti conviviali, specie quelli nelle Adunate nazionali.

    Anche Corrado Perona, successore di Parazzini, sottolinea l’importanza che l’Associazione rivestì sempre nella vita di Beppe. Quando mi propose di sostituirlo – racconta – io gli dissi che non mi sentivo all’altezza, ma lui mi guardò negli occhi e mi disse: «Guarda Corrado, un presidente degli alpini potrebbe anche essere mediocre. Ma non riuscirà mai a rovinare l’Associazione, perché dietro a lui ci sono sempre gli alpini». Una frase – aggiunge Perona – che non dimenticherò mai e considero una verità, se uno si impegna e sta alle regole. Mauro Buttigliero, Presidente della Sezione di Pinerolo e già vice Presidente nazionale, ricorda la grande cultura di Parazzini, che si traduceva nella capacità di condividere con qualunque alpino le cose piccole e grandi con semplicità, facendo anche del cantare un momento importante della vita associativa, «una sorridente ricchezza».

    Dalla Sicilia, Giuseppe Avila rammenta con gratitudine Beppe quando all’Adunata di Catania, nel 2002, assistette a tutta la sfilata su una sedia a rotelle, per un infortunio e quando, tempo dopo, a Conegliano, dirigeva a gran voce un coro alpino improvvisato, che comprendeva anche la Medaglia d’Oro Andrea Adorno. Luigi Boffi, alla guida della Sezione di Milano (quella del Beppe) dal 2010 al 2021, ricorda il confronto continuo ed utilissimo, che ha avuto il massimo dei risultati in vista dell’Adunata nazionale del 2019 nel capoluogo lombardo, che Beppe ha affrontato con passione, senza risparmio di energie e con piglio manageriale, caricandosi lo zaino che era destinato ad un altro grande alpino “andato avanti” troppo presto, Cesare Lavizzari. «Beppe – ricorda Boffi – non è mancato neppure il 30 maggio scorso, in occasione del cambio di presidenza della Sezione».

    La stessa sera l’ultima telefonata e l’ultimo saluto, fra le lacrime reciproche: «Per tanti anni ti ho detto di fare il bravo, stasera sei stato bravissimo». Dal Veneto, Lino Chies ricorda la grande umanità di Beppe che «trattava re e stranieri con identica cordialità» e la sua tenace protesta in difesa del sospeso servizio di leva, fino ad arrivare, a Reggio Emila, in Adunata, ad invitare gli alpini a sfilare con il cappello sul cuore. E come immagine lo ricorda portare il Labaro, all’inaugurazione dell’asilo di Rossosch (Russia) e della scuola multietnica di Zenica (Bosnia). Infine, da Bergamo, Giorgio Sonzogni, neopresidente sezionale, che è stato molto vicino a Beppe, sino agli ultimi istanti, ne sottolinea la «grandezza di cittadino e galantuomo, che si è sempre speso in prima persona, a testa alta, con ogni istituzione.

    Coglieva – racconta Sonzogni – la forza dell’Associazione in ogni singolo alpino e non si è mai risparmiato. Le sue ultime parole, pronunciate con un filo di voce, sono state ‘Si fa fatica, anche a morire’».

    Massimo Cortesi