Che triste, Trieste, il giorno dopo…

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    Che tristezza, tutto come prima. Ben bon, come si dice dalle nostre parti, adesso sì che possiamo tornare alla normale normalità! Trieste, il giorno dopo l’adunata nazionale degli alpini, è più “grigia”. Quel verde dei cappelli, quelle penne nere portate con sviscerato orgoglio, non stonavano affatto incastonate tra la maestosità dei palazzi neoclassici e l’eleganza degli edifici liberty là, sulle Rive. E soprattutto quei volti, sorridenti e gioviali, non stonavano affatto. I volti degli alpini? Macché, le facce dei triestini. Quei musoni che si erano dimenticati di quanto fosse “ naturale” sorridere, proprio loro che hanno – avevano?– fatto della leggerezza un modo di vivere, improvvisamente, come un refolo di Bora, hanno abbandonato la loro severa asburgicità per respirare a pieni polmoni i sorrisi di un’adunata così particolare per Trieste. E allora il giorno dopo?Il giorno dopo tanta nostalgia, tanta malinconia di una festa finita proprio sul più bello, quando ci si stava prendendo gusto.

    Quando piazza Unità, agghindata di cappelli e penne era divenuta “normale” così, quando passeggiare sulla riviera di Barcola era un zigzagare tra una tenda e uno striscione, quando ogni aiuola era stata presa d’assalto da camper e furgoncini, quando camminavi in centro e guai a essere dei salmoni se prendevi la folla nella direzione opposta, quando per scovare del pane fresco era meglio chiederlo direttamente a qualche “vecio” ben rifornito, quando per posteggiare la quattro ruote, beh, era meglio rinunciare in partenza. Trieste, il giorno dopo. Quant’è vuota piazza Unità, il salotto affacciato sul mare è tornato austero.

    Del giorno prima restano ancora qualche penna (nel senso di alpino in gita…), l’invasione dei cassonetti delle immondizie e i 280mila litri di acqua utilizzati per pulire le strade, le piazze e le aree di sosta. Qualche disagio c’è stato, ovvio. I “ cattivi odori”? Ma quelli sono stati stemperati da profumatissime grigliate. Il traffico impazzito? Bene, adesso possiamo sostituire i clacson dei tricicli con la normale puzza di auto e motorini assai poco mitteleuropamente educati. I “concerti” notturni?Le note del “33” le conosciamo a memoria ma che dire delle autoradio sparate a tutto volume, molto meno patriottici e sicuramente con decibel da Amplifon?Che triste Trieste. Piazza Unità pare incredibilmente vuota. Non è rimasto molto della grande festa, tutto è tornato a posto in una notte.

    Rimane qualche cartina per terra, qualche bicchiere di birra schiacciato, gli ambulanti se ne sono andati via, gli otto chilometri di transenne tirati giù in una manciata di ore, i divieti di sosta e di transito spariti con l’alba, i pullman dileguati nelle code della domenica sera. Uno choc. Per fortuna qualcosa resta, una sorta di copertina di Linus che rende agrodolce l’arrivederci agli alpini. Restano i tricolori appesi alle finestre di case e palazzi, resta uno striscione con la scritta “Livigno” a fianco della stazione ferroviaria, resta ancora qualche alpino a caccia di ulteriori ricordi di questa 77esima adunata dei record (per presenze, partecipazione, mezzi e personale mobilitato). Rimangono i ricordi, appunto. Volti puliti, dalla camminata decisa, cappelli che o­ndeggiano, bicchieri di vino, spaghettate, grigliate, canti, cori, cerimonie, emozione, commozione. Sorrisi, risate. Ben bon, anche questa è passata. Tutto come prima?

    Donatella Tretjak