Dal 16 al 23 luglio, presso il Campo Scuola Ana di Paluzza, ho avuto l’onore di ricoprire il ruolo di comandante di compagnia di 23 ragazze/i dai 16 ai 20 anni. È stata un’esperienza unica per emozioni, sensazioni e soddisfazioni. Dei “miei” ragazzi, ho apprezzato il fare squadra, l’umiltà, la voglia di mettersi in gioco, la capacità di essere “famiglia” e la forza di apprendere. Ho così scoperto che gli ordini impartiti con il sorriso sono stati eseguiti con più facilità. Ci siamo emozionati e siamo cresciuti tutti assieme. Si è creata una sintonia e un’intesa unica tanto che, questi 23 “allievi” li considero i miei figli. Grazie all’Ana per questa opportunità che, personalmente, considero la migliore finora avuta e che invito anche altri volontari a fare. E i ragazzi? Ho scoperto che si trovano, condividono la passione per la montagna, indossano con orgoglio la divisa del Campo Scuola e ricordano con molto piacere le due settimane passate assieme.
Davide De Piante, Gruppo di San Giorgio di Nogaro, Sezione di Palmanova
Mi chiamo Nicolas e ho 18 anni. Porto la mia testimonianza dopo aver partecipato al Campo Scuola Ana, alla caserma Monte Grappa di Bassano. Dovere è una parola che può assumere differenti significati e definizioni. È complicato definire cos’è veramente il dovere. Gli alpini, però, conoscono bene cosa comportano i doveri e come si agisce in nome di essi. Quanto spesso ci lasciamo prendere dalla convinzione che i giovani di oggi non sappiano cosa veramente sia il dovere, senza però chiederci come mai. Quanto spesso proviamo a dimostrare loro cos’è concretamente il dovere, invece che fermarci a delle complesse nozioni teoriche? Sicuramente oggi abbiamo una risposta alla seconda domanda, risposta che si allontana sempre più dal “mai”. Dopo la seconda edizione conclusasi con successo dei campi scuola, i giovani hanno potuto tastare il senso del dovere e della squadra che solo la naja sa insegnare. A seguito dell’emergenza sanitaria, abbiamo capito oggi più che mai l’importanza e il valore del volontariato. Cinquantadue ragazzi e ragazze, provenienti da Bolzano a Catania, che hanno formato quella che chiamo una vera famiglia: fratelli d’Italia uniti per la patria. Abbiamo appreso il vero significato del Tricolore, che al di là della lana di cui è composto, porta con sé tutti i caduti che hanno dato la loro vita per donarci questo presente. La bandiera è l’Italia e l’Italia è la bandiera. Se all’inizio ci sembrava eccessivo che il cellulare ci venisse ritirato, alla fine ci era perfino superfluo. Sicuramente dopo i 15 giorni guarderò il Tricolore in modo differente e conserverò per sempre nel mio cuore quei giorni di fatiche, dolori, gioie, amore e vita. Ricorderò sempre le lezioni che Francesco e Sergio ci regalavano, lezioni di vita, non di semplice teoria fine a sé stessa. Ricorderò quei momenti commoventi in cima ai monti Pasubio, Grappa e Ortigara, dove guardando il panorama è scesa una lacrima di commozione immaginando coloro che, sotto tiro nemico rispondevano “presenti!” e noi oggi lì, nello stesso posto, ad onorarli sull’attenti. Ricorderò quei momenti in cui cedetti per le troppe emozioni accumulate che, da comandante quale ero, avrei dovuto saper gestire. Ricorderò anche i discorsi motivazionali che ci hanno fatto arrivare fino alla fine, tutti e 52. Questi sono gli alpini, un’enorme famiglia con un enorme cuore che mai smetterà di battere. Ecco, questo è il dovere.
Nicolas Girondi
Due lettere tra le tante ricevute sul tema Campi Scuola. Testimonianze del fatto che la scelta dell’Ana è stata ed è più che azzeccata: con adeguati punti di riferimento, stimoli educativi ed esperienza di vita in comune, i giovani reagiscono molto positivamente ed assorbono rapidamente concetti fondamentali. Un’altra conferma della bontà della nostra richiesta di introdurre nuovamente un servizio obbligatorio alla Patria, anche di pochi mesi, che possa formare ragazze e ragazzi ai valori del rispetto degli altri e della bellezza del lavorare insieme con un comune obiettivo, sapendo anche di essere utili alla propria gente: colmando così il vuoto creato dalla sospensione della leva obbligatoria nel 2004, scelta i cui riflessi incidono, anche drammaticamente, sull’attuale modello di convivenza sociale.