C'era una volta… Maria Luigia

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    Aspettando l'Adunata.

    ‘Sposate una tedesca e non vi pentirete’, aveva esclamato un Napoleone raggiante il giorno dopo aver accolto a Compiègne l'arciduchessa diciottenne Maria Luisa, bionda, occhi azzurri, sposata per procura a Vienna. Figlia di Francesco I, imperatore d'Austria, e nipote di Maria Antonietta (ghigliottinata a Parigi nel 1793), fin dall'infanzia le avevano insegnato ad aborrire quell'odioso parvenu, al quale la ragion di Stato le imponeva di unirsi a fini procreativi dopo il fallimento con la sterile Giuseppina. Sarà una moglie non innamorata ma devota e fedele: discendente della più grande dinastia d'Europa, la corte dei Bonaparte le pareva una monarchia da operetta: i suscettibili storici francesi non le perdoneranno di non essersi lasciata abbagliare dal personaggio simbolo della grandeur nazionale.

    Eppure riuscì a fare del suo matrimonio un legame affettuoso (in famiglia il vincitore di Austerlitz e Wagram tollerava persino di essere chiamato ‘Nana’ e ‘Popo’). Il figlio tanto atteso nacque a Parigi nel 1811: nominato Re di Roma, trascorrerà buona parte della sua breve vita alla corte di Vienna, dove sarà Franz, duca di Reichstadt e dove morirà ventunenne di tubercolosi, assistito dalla madre. Nella storia europea e nella vita di Maria Luisa il 1814 è l'anno della svolta. Napoleone è confinato nell'isola d'Elba e lei rientra a Vienna: non si vedranno più.

    A corte le fan conoscere un brillante ufficiale degli ussari, orbato di un occhio da una sciabolata francese, il conte Adam di Neipperg, che per lei lascia l'amante. Sarà il grande amore della sua vita e gli darà tre figli. Nella capitale austriaca si apre il congresso che deciderà il nuovo assetto europeo: lei è la moglie dello sconfitto e la figlia del vincitore, Francesco I, che le tiene in serbo il Ducato di Parma e Piacenza in amministrazione vitalizia: alla sua morte sarebbe ritornato ai Borboni, cacciati da Napoleone. Al suo arrivo a Parma la giovane duchessa accetta benevolmente che il suo nome sia italianizzato in Maria Luigia: oltre al tedesco parla correttamente l'italiano e il francese.

    Entrata nell'orbita austriaca, Parma diventa in breve una città spigliata e vivace. Sotto il governo moderato, e per certi aspetti illuminato, del conte di Neipperg, l'aria è meno soffocante che altrove: viene concessa una certa libertà di pensiero e sono mantenute molte civili innovazioni della dominazione francese. Maria Luigia non tarda a diventare ‘l'amata sovrana’, che abolisce subito l'inchino alla sua persona; è animata da sincera volontà riformatrice e si avvicina al suo popolo con l'ausilio della buona musica, della buona tavola e con la ricerca di una vita il più possibile serena.

    Lo splendore della corte dà lustro al Ducato e i parmensi diventano orgogliosi della loro piccola patria. Prese corpo un vasto piano di opere pubbliche. Acquistò prestigio la rinnovata Biblioteca Civica (che vanta un antichissimo codice sul quale son riprodotte le ‘parmae’, gli scudetti rotondi delle legioni alpine romane: anche il nome della città è derivato dalla sua forma vagamente circolare). Il Teatro Regio, completato nel 1829, s'impose fra i migliori della penisola. La vita musicale prese a rivaleggiare con quella milanese: perfino la duchessa si esibiva suonando a quattro mani con Neipperg.

    Nel maggio 1821, durante un ‘Barbiere di Siviglia’ all'Opera, le giunse notizia della morte di Napoleone a Sant'Elena: non dimostrò eccessivo turbamento e rimase in sala fino al termine dello spettacolo. Al cuore del marito, conservato in alcol e da lei rifiutato, antepose quello pulsante di Neipperg e se lo sposò nel settembre dello stesso anno. Gli interessi della duchessa si rivolsero sempre più frequentemente agli istituti di beneficenza e alle opere di carità, ma la ricerca a tutti i costi del consenso popolare impediva spesso una ricaduta positiva sulla vita economica generale.

    Pesavano inoltre le spese di rappresentanza, come il mantenimento di un esercito di parata, superfluo nel piccolo stato a protettorato austriaco e i costi eccessivi delle feste e dei balli di corte, pur ridottisi dopo la morte di Neipperg, avvenuta nel 1829, e quella del figlio, tre anni dopo. I moti rivoluzionari del 1830/31, preludio all'epoca risorgimentale, la costrinsero a rifugiarsi a Piacenza, da dove ritornò sotto la protezione dell'esercito austriaco. L'atteggiamento del suo governo fu improntato a clemenza nei confronti dei rivoltosi, ma l'idillio con i sudditi prese a incrinarsi. Declinò irreversibilmente dopo il matrimonio col suo ministro, conte di Bombelles, inviso al popolo. Appesantita e invecchiata anzitempo, si spense a Parma nel 1847.

    Tre anni prima un suo suddito illustre, Giuseppe Verdi, nell'opera ‘Ernani’, aveva reso celebre i1 cappello piumato del protagonista, che sarà adottato dai volontari della seconda guerra d'indipendenza, cui seguirà l'annessione al Piemonte del Ducato di Parma e Piacenza. Pochi anni dopo un copricapo ad esso ispirato diventerà il simbolo dei soldati di montagna dell'Italia unita, che, dopo oltre un secolo, stanno per giungere in massa a trasformare la capitale di Maria Luisa nella capitale degli Alpini.