Buon compleanno, Tricolore

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    Il 7 gennaio scorso il Tricolore ha compiuto 210 anni. Nacque a Reggio Emilia, al termine di una turbolenta seduta dei delegati delle quattro città (Modena, Bologna, Ferrara e Reggio Emilia) che nell’ottobre precedente a Modena avevano costituito la confederazione della Repubblica Cispadana, voluta da Napoleone che contava su nuove truppe per muovere contro l’Austria. La bandiera era a strisce orizzontali, con il rosso in alto, il verde in basso e al centro il bianco con un emblema composto da una faretra.

    Come tutti i neonati, il Tricolore era destinato a crescere: da Mazzini che adottò la bandiera proprio com’è oggi al regno di Sardegna, a quello d’Italia e infine al Tricolore della neonata Repubblica istituita il 2 giugno del 1946 con il referendum. La nostra Bandiera ha percorso, nella buona e nella cattiva sorte, la storia nella quale ci riconosciamo.

    È la Bandiera che ha connotato il nostro Risorgimento, che fu onorata dai nostri Padri che costruirono l’unità d’Italia, che i nostri soldati in prigionia si cucirono addosso un pezzo ciascuno per non farla cadere in mano al nemico e che rappresentò l’onore e la Patria lontana. È quella che il presidente Ciampi, con una lunga lezione di pedagogia civile, prima ancora che patriottica, ci insegnò ad amare.

    Eppure, ricorrentemente, per un singolare complesso degli opposti, questo Tricolore simbolo per eccellenza del nostro popolo è stato caricato di significati estranei. È avvenuto nel 1919, quando coloro che avevano combattuto vennero accusati di aver fatto la guerra, avvenne dalla fine del secondo conflitto fin quasi ai giorni nostri: esporre la Bandiera era sinonimo di appartenenza politica, cantare l’Inno di Mameli era imbarazzante

    Gli alpini non solo non si sono mai vergognati della Bandiera, ma la salutano ad ogni riunione, ogni nostra manifestazione comincia con l’alzabandiera: è un segno di civile appartenenza che fa di noi un solo popolo. Purtroppo qualche rappresentante politico, anche da posizioni non più soltanto rappresentative di coloro che lo hanno eletto ma istituzionali dovendo, in questo caso, rendere conto anche a tutti gli altri non perde occasione per tentare di demolire la validità di questo nostro simbolo di libertà che va, invece, rispettato e per il quale in tanti hanno dato la vita.

    Del resto, la Bandiera non è che uno dei simboli che caratterizzano la nostra società, e i valori che rappresenta non sono gli unici, oggi, ad essere vilipesi e feriti: dalla famiglia alla religione, alle stesse regole che ci siamo dati e che sono alla base del nostro diritto e della nostra società. Occorre dunque un’azione di recupero della nostra identità più profonda, tanto più necessaria ora che viviamo in un’Europa delle Patrie che si sta avviando ad essere sempre più multi : multiculturale, multietnica, multireligiosa. Ma per governare questo inarrestabile fenomeno epocale senza subirlo, è indispensabile prima di tutto sapere chi e cosa siamo. (ggb)

    Tricolore: una storia lunga 210 anni