Sarà per via del cognome che nell’immaginario collettivo si associa sempre all’aggettivo bravo. Sarà per la stima che s’è conquistato sul campo, come comandante delle Truppe Alpine, in Italia e in giro per il mondo. Sarà perché è uomo intelligente, grande professionista ma, prima ancora, capace di mettersi in sintonia con i sottoposti e tutte le persone che incontra. Un carisma dell’animo, che induce al rispetto e all’obbedienza collaborativa. Sarà… per questo e tanto altro se oggi Francesco Paolo Figliuolo gode di una generale stima nel Paese, in un crescendo di aspettative di speranza date le sue competenze e la dedizione dimostrate.
Di lui, grande figura di uomo e di militare, sappiamo che è nato a Potenza l’11 luglio del 1961. Come preparazione culturale ha portato nella vita tre lauree, in Scienze politiche, Scienze strategiche e Scienze internazionali e diplomatiche, conseguite in tre diverse università italiane. Alpino di artiglieria da montagna, è ora generale di Corpo d’Armata. Dal suo curriculum sappiamo che ha comandato la brigata alpina Taurinense, e che è stato comandante delle Forze Nato in Kosovo. Prima ancora aveva comandato il contingente italiano in Afghanistan. Dopo essere stato parte dello staff del Capo di Stato Maggiore della Difesa, con il generale Claudio Graziano, dal 2018 è nominato comandante logistico dell’Esercito.
Il 1º marzo del 2021, a sorpresa, viene nominato dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi, Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure per il contenimento e il contrasto dell’emergenza Covid-19. Una nomina inaspettata, ma che ha suscitato da subito tante aspettative e una generale fiducia. A gioire non sono stati soltanto gli alpini, per ovvie ragioni di… famiglia, ma tutti gli italiani abituati a sperimentare la dedizione e l’efficienza degli uomini con la penna sul cappello.
Non è mancata qualche solitaria nota stonata, preoccupata che a governare l’Italia siano le divise militari. Ma si tratta di voci solitarie, per le quali è impossibile stabilire con esattezza se si tratti di penne (questa volta per scrivere) in cerca di visibilità o, più semplicemente, di casacche mentali, anche queste con la divisa, oscillanti tra l’ideologia e la stupidità. Il generale Figliuolo, assecondando il suo stile consueto, schivo ai riflettori della visibilità mediatica, si è messo in moto senza risparmio di energie, girando Regione per Regione, città per città, attento che la macchina delle vaccinazioni non abbia a subire inceppi o ritardi di vario genere.
La cronaca ce lo presenta ogni giorno come un globetrotter da una parte all’altra del Paese. Ed è stata in una di queste sue uscite, un fuori programma in quel di Bergamo, che lo abbiamo incontrato e intervistato. Dichiarazioni esclusive fatte al nostro Tg alpino sotto la regia del nostro Giacomo Pellegrinelli.
Generale, perché questa visita inaspettata a Bergamo? «Ho voluto venire per un fuori programma per rendere omaggio a questa città e provincia che tanto hanno sofferto, soprattutto nella prima fase della pandemia. Vorrei anche ringraziare il sindaco di Bergamo, la responsabile dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII e tutti coloro che hanno lavorato per allestire questa struttura (Ospedale da campo degli alpini, ndr). Penso agli artigiani, all’Associazione Nazionale Alpini, alla Protezione Civile e alle varie associazioni di volontariato».
Cosa le dice questa struttura che ha avuto modo di visitare? «Mi viene da dire che lascia intravvedere i segni della sofferenza, considerati i posti di terapia intensiva, benché oggi non siano fortunatamente occupati. Ma vedo anche i segni della ripartenza, con le vaccinazioni che procedono spedite e che ci fanno ben pensare per i mesi a venire».
Generale Figliuolo, il Presidente Sebastiano Favero, a nome di tutti gli alpini ha espresso apprezzamento e felicità per la sua nomina e lei col cappello alpino in testa serve a motivare ogni giorno questi sentimenti. «Gli alpini sono sempre a disposizione del Paese e sempre pronti a servirlo dove necessario. In questo momento siamo vicini a chi sta soffrendo, ma anche a dare un segno di ripartenza. Dobbiamo vaccinare, mettere al sicuro il Paese. I piani vanno avanti, arrivano le dosi e così si conta di vaccinare l’80% della popolazione entro la fine di settembre».
Qualcuno ha definito questa pandemia una guerra che aveva bisogno di un generale per vincere la battaglia… «Si tratta di coordinare il discorso, lavorando insieme tra Regioni, Protezione Civile, Associazioni varie e Associazione Nazionale Alpini, la quale continua e continuerà a dare il proprio contributo, tenendo alto l’onore degli alpini». Parole che mettono in tutti voglia di fare e di collaborare e che traducono comunque il sentimento di una appartenenza alpina, di cui andare orgogliosi. Ne abbiamo conferma nel saluto cordiale a tu per tu prima del commiato.
Cosa mi dice di questo incontro generale? «Oggi mi sono sentito in famiglia con gli alpini». La stretta forte, fraterna sul braccio, racconta più di ogni altro gesto, la verità di queste parole.
Bruno Fasani