Basovizza e San Sabba

    0
    70

    Prima della seconda guerra mondiale, le foibe erano conosciute solo dagli speleologi. Sono cavità carsiche profonde centinaia di metri, scavate da corsi d’acqua che emergono e s’immergono nelle viscere della terra, in uno scenario dantesco di grotte, tunnel, laghi sotterranei. Il Timavo resta sommerso per quaranta chilometri prima di sfociare nel golfo di Trieste. Le foibe, oggi, richiamano le stragi compiute a più riprese, nel ’43 e nel 45 e fino al 1947, dai partigiani di Tito contro gli italiani: militari, poliziotti, carabinieri, popolazione civile. Migliaia di persone furono sequestrate e scomparvero. La più tristemente e lugubremente nota è la foiba di Basovizza, nella quale furono trovate migliaia di vittime, mutilate, straziate, legate col filo spinato secondo rituali atroci che non finiscono di far inorridire. L’unica colpa di queste vittime era quella d’essere italiani. Questa delle foibe trasformate in macabri luoghi di supplizio è una pagina troppo presto e troppo a lungo dimenticata, come se le vittime non avessero bisogno di riconoscimento, come se non ci fossero colpevoli di questi genocidi ai quali vanno aggiunte le persecuzioni di altre migliaia 250 mila nostri connazionali costretti ad abbandonare tutto e mettersi in salvo in territorio italiano. È questa una pagina ancora aperta dell’immediato dopoguerra che dev’essere compiutamente letta prima di essere consegnata alla storia come esempio della diabolica ferocia alla quale può arrivare l’uomo. C’è un altro nome che fa rabbrividire: San Sabba, la risiera di San Sabba. In questo luogo vennero segregate migliaia di persone prima di essere smistate nei campi di sterminio. C’erano anche dei forni crematori: nessuno, come per le foibe, può dire quante furono le vittime.
    Qualsiasi cosa si scriva, si dica, sarà sempre poco rispetto a tanti morti, a tanto orrore, a tanta desolazione. Ma poiché occorre andare avanti e vivere il tempo in cui siamo, un tempo in cui i confini diventano sempre più labili e i popoli d’Europa cercano ciò che li unisce più di ciò che li divide, sarà necessario fare finalmente e per sempre chiarezza su martiri e persecutori, vittime e carnefici d’un’immane tragedia che sembra, anche a più di mezzo secolo, ancora troppo dolorosamente recente.