Asiago, io c'ero

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    Ad Asiago?Una follia! Più d’uno ha pensato così quando, due anni fa, si diffuse la notizia che l’Adunata del 2006 sarebbe stata sull’Altipiano. Erano poco informati, perché da tanto si andava dicendo che era tempo di salire alla Colonna Mozza per ritornare alle origini ritemprarci allo spirito e alla forza dei nostri Padri ben sapendo che non sarebbe stata certo un’adunata comoda e facile. Anzi, proprio per questo.

    Ora che è passata, possiamo ben dire che gli alpini hanno superato la prova, anche se nonostante la lunga preparazione e l’impegno di tanti, dalla Sede nazionale alla Sezione di Asiago, ai responsabili delle istituzioni le previsioni della vigilia si sono dimostrate fondate: le abbondanti e tardive nevicate primaverili hanno in parte compromesso l’agibilità dei sentieri in quota e il maltempo ha imperversato domenica, concedendo una tregua soltanto in chiusura di sfilata.

    Quello che era imprevisto è stato il comportamento di poche decine di individui con il cappello alpino in testa (davvero tutti alpini?davvero tutti nostri iscritti?) che si sono abbandonati a comportamenti teppistici che hanno sconcertato un po’ tutti, tanto da far valutare seriamente come impedire loro, per il futuro, di portare una simile nota negativa alle nostre adunate. Così come era difficile prevedere per la meticolosa preparazione e il massiccio dispiegamento dei nostri volontari della Protezione civile (ben 1.800) dislocati nei punti strategici sin dal giovedì la scarsa tenuta dell’anello di scorrimento attorno alla città al termine della sfilata; con gravi ripercussioni sul traffico in uscita.

    Va anche considerato che centinaia di migliaia di alpini sull’altipiano non c’erano mai stati tutti insieme, neanche durante la Grande Guerra. Anche per questo è stata un’adunata unica. Unica soprattutto per le profonde motivazioni che l’hanno suggerita: ripercorrere il cammino degli alpini sulle orme dei Padri fino alla Colonna Mozza e sostare al Sacrario del Leiten, dove riposano 60 mila Caduti.

    È stato il ritorno ai luoghi dai quali la nostra Associazione ha ricevuto linfa vitale, e così poderosa da durare ed essere ancor oggi più attiva che mai. Se il ricordo delle altre adunate è destinato a sfumare e confondersi nel tempo, questa di Asiago resterà impressa nella memoria di coloro che vi hanno partecipato e di coloro che non hanno potuto, o voluto, partecipare. Ai primi resterà l’orgoglio di esserci stati, ai secondi il rammarico di non avervi preso parte. Anche la pioggia ha segnato questa adunata.

    E nonostante tutto, in positivo. Perché abbiamo visto le formazioni delle sezioni procedere compatte anche sotto scrosci violenti: non c’è stata sosta, non ci sono stati rallentamenti. Abbiamo visto passare davanti al Labaro uomini dai volti distesi, sorridenti, felici di esserci.

    Poteva capitare solo agli alpini. E che dire delle due compagnie del 7º, fanfara (ad Asiago c’erano quella della Julia e della Taurinense, perfette) e Bandiera di guerra in testa, marciare con tutto l’orgoglio di appartenenza, salutate da un’ovazione dalle migliaia che facevano corona alla sfilata?Nelle prime file delle due formazioni numerose giovani alpine, il cappello calato sugli occhi severi, procedere impassibili sotto gli scrosci violenti, gomito a gomito in un blocco unico e compatto.

    Questi alpini portavano un’arma che serve loro per proteggere la pace e mai come quassù, al cospetto della Montagna sacra, montagna di Giganti, cui nulla è più possibile togliere, nulla è più possibile dare , li abbiamo sentiti nostri, capaci di meravigliarci, di renderci orgogliosi. E chi avrebbe mai immaginato quel mare di alpini, il giorno prima, sabato, lungo la strada che porta al Leiten, durante la Messa celebrata sul sagrato del Sacrario?

    E quel flusso ininterrotto per nove ore della sfilata del giorno dopo? E infine lunedì, con ancora le immagini dei giorni appena trascorsi, come è sembrata silenziosa, vuota e un po’ triste Asiago, avvolta in un’atmosfera come di attesa, come se in fondo alla strada ci si aspettasse di veder sbucare una fanfara, un gruppo di alpini, e fosse l’inizio di un’altra grande festa. Com’è stato difficile lasciarci alle spalle l’Ortigara, avvolto ancora dalle nuvole, e prendere la strada della pianura, illuminata dal sole.