Alpino dell’ultima ora

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    Dopo 9 anni di seminario ho svolto il servizio militare a Malles Venosta nel 1975/1976 convinto di buttare al vento un anno di vita. Quando poi mi venne negata una licenza straordinaria per assistere dei ragazzi disabili in villeggiatura, come facevo da qualche anno, quel foglio che negava il permesso ha preso la rabbiosa forma di una pallina e, nonostante il rimprovero del maresciallo col quale lavoravo in maggiorità, la lanciai nel cestino della carta, mandando tutti a quel paese. Terminato il militare regalai il cappello ad un pescatore e, girando pagina, non ne volli più sapere. Un giorno del 2009, dopo 33 anni, il Capogruppo degli alpini del mio paese mi pregò di preparare un libretto commemorativo per il 50º di fondazione e organizzare un incontro con le scuole per illustrare i valori dell’alpinità. “Io?” risposi con meraviglia, mentre quel saggio alpino, sorridendo, non disse nulla. Poiché con questa persona organizzavo da anni i campi estivi parrocchiali, non osai rifiutare. Iniziai così a documentarmi e, lentamente, mi si aprirono gli occhi, la mente e il cuore. Al termine dell’incontro con i ragazzi quel Capogruppo mi sussurrò: «So che anche tu sei un alpino». Avrei tranquillamente accettato un “sei stato un alpino” ma quel verbo al tempo presente mi infastidiva, non mi dava pace. Iniziai a riflettere, a guardarmi dentro, compresi che il mio servizio militare apparteneva al passato e non doveva più condizionarmi… poco dopo mi iscrissi all’Ana. Ero senza cappello, ne acquistai uno nuovo, lo feci tirare un po’ e, con titubanza, iniziai a portarlo. So di essere solo un “figliol prodigo”, un alpino dell’ultima ora, ma porto questo cappello a testa alta, perché ho scoperto che l’alpino è una persona speciale.

    Mario Bernaschina – Gruppo di Gironico, Sezione di Como

    Questa è una delle lettere più belle che siano arrivate sul mio tavolo di direttore. C’è dentro sincerità, ma anche coraggio, onestà e umiltà. Gli ingredienti di un alpino di serie A. Una adesione tardiva, precisa Mario, ma fiorita da una presa di coscienza interiore. L’unica cosa che ci consente di superare il pericolo dell’abitudine o quello di adesioni soltanto formali, senza la partecipazione del cuore.