Alpini, forti in guerra e in pace

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    Questa non sarà del resto non potrebbe mai essere un’Adunata come le altre. Perché ogni Adunata, pur nell’identità dello scopo, è un avvenimento a sé. Perché si svolge ad Aosta, una città che ha visto passare tante penne nere in quella Scuola militare che ha tenuto a battesimo anche migliaia di allievi sottufficiali e allievi ufficiali.
    Giovani che hanno arricchito l’Esercito apportando professionalità diversificate, cultura, interessi. Giovani che hanno dato altissimi esempi di adempimento del dovere in guerra, e che continuano a darli in tempo di pace con la solidarietà, fedeli ai valori appresi in quel breve periodo della loro giovinezza.
    Oggi la Smalp non c’è più, sostituita dal Centro addestramento alpino al quale fa
    riferimento tutto l’Esercito, una scuola aperta anche agli alpini. Non è come prima. Quelle caserme che appaiono così tristemente vuote sono per noi qualcosa di diverso dal semplice adeguamento al cosiddetto nuovo modello di difesa. Con il loro innaturale silenzio sono una stretta al cuore.
    In questi momenti difficili, sembrerà dunque di tornare a casa, per ritrovare le persone più care, per stare ancora insieme, tra noi: è questo il fascino dell’Adunata.
    Aosta, dunque. Aosta che segue l’Adunata di Catania e precede quella dell’anno
    prossimo a Trieste, lungo un percorso ideale, un triangolo, che come scrive il nostro presidente nazionale nel suo messaggio di saluto agli alpini che convoglieranno qui da ogni parte d’Italia e del mondo unisce l’Italia da Nord a Sud, da Ovest a Est. Raccogliendo lungo quest’arco storico l’eredità di coloro che per questa Italia hanno combattuto, sofferto, dato la vita.
    Anche oggi gli alpini sono chiamati a missioni difficili. A più di mezzo secolo dalla fine del secondo conflitto mondiale, da quel Mai più guerre! , nessuno avrebbe immaginato di vedere soldati italiani in Afghanistan, Pakistan, Bosnia. In territori sconvolti dalla guerra essi garantiscono alla popolazione locale normali condizioni
    di vita. Ancora una volta, dunque, gli alpini si dimostrano preziosi non soltanto per l’Italia ma per l’intera comunità mondiale. Ancora una volta sono chiamati per le loro altissime qualità: preparazione, serietà, affidabilità e non certo ultima umanità.
    Gli alpini in congedo sono gli eredi e i depositari di questi valori. Consapevoli di tutto ciò, sfileremo davanti al nostro Labaro, che con le sue 207 Medaglie d’Oro al Valor Militare testimonia l’attaccamento degli alpini all’Italia, degli alpini che, come recita il motto di questa 76ª Adunata, sono Forti in guerra e in pace .


    Vitaliano Peduzzi