Agli eroi del Pasubio

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    Nemmeno le stringenti norme di sicurezza anti Covid hanno scoraggiato gli alpini che hanno partecipato, in forma ridotta, al pellegrinaggio solenne sul Monte Pasubio, in ricordo dei soldati che persero la vita durante la Grande Guerra. «Gli alpini non hanno paura. Anche durante la pandemia hanno dimostrato coraggio. Gli alpini non hanno paura!». Ha citato Bepi De Marzi, il Presidente nazionale Sebastiano Favero. Lo ha fatto guardando negli occhi le oltre trecento penne nere che, in una mattina domenicale uggiosa di inizio settembre, si sono ritrovate nel piazzale dell’Ossario del Pasubio, nel vicentino. Un pellegrinaggio diverso, per certi versi inedito, a causa delle stringenti norme anti Covid, ma non per questo meno sentito. In questo periodo storico, dove gli assembramenti sono categoricamente vietati, organizzare un evento che raduna centinaia di persone, non è cosa facile. Gli alpini della Sezione di Vicenza “Monte Pasubio” hanno però accettato la sfida, riducendo il numero dei partecipanti, chiudendo l’evento al pubblico e applicando tutte le misure di sicurezza imposte dalle normative. La commemorazione è iniziata sabato 5 settembre.

    Il tradizionale ritrovo degli alpini berici sulla cima del monte è però stato drasticamente ridotto. Solo una quarantina di penne nere si sono infatti ritrovate alla chiesetta di Santa Maria sul Pasubio per la Messa, celebrata da don Carlo Coriele che, durante la mattinata, ha accompagnato gli alpini sul Dente italiano e sul Dente austriaco per la deposizione delle corone e per la benedizione. Il sole battente di sabato ha lasciato il posto ad una leggera pioggia il giorno successivo. Per accedere al colle, circondato dalle nuvole basse, gli invitati hanno prima dovuto superare i classici controlli sanitari che ben conosciamo, tra misurazione della temperatura, gel igienizzante, firme e le onnipresenti mascherine. Un doveroso plauso ai tanti volontari che hanno reso possibile tutto questo, compresi gli autisti dei quattro pulmini che, per la prima parte della mattina, hanno fatto la spola tra il parcheggio di Pian delle Fugazze e il piazzale dell’Ossario, per trasportare chi non riusciva a raggiungere il colle a piedi. Rivoluzionato anche lo schieramento durante la cerimonia: di fronte all’imponente torre-sacello gli alpini sono stati schierati ad un metro e mezzo di distanza l’uno dall’altro, con lo spazio diviso in distinte zone e aree contrassegnate da picchetti colorati piantati a terra.

    Durante gli interventi delle tante autorità ha destato particolare emozione la presenza della famiglia di Emilio De Linz, friulano, che grazie alla collaborazione con lo storico Gianni Periz, ha scoperto dopo un secolo che suo nonno è sepolto proprio nell’ossario. A celebrare poi la Messa, monsignor Pierantonio Pavanello, vescovo di Adria Rovigo, di origine vicentina. «Come dice una canzone del nostro amato Bepi De Marzi, i nostri alpini non hanno paura», ha esordito il presidente nazionale Favero, in riferimento ai tempi difficili appena vissuti a causa del Covid, e al grande lavoro di volontariato svolto dagli alpini. «Non l’hanno avuta allora e non ce l’hanno neanche oggi. Perché durante questa pandemia non ci siamo rifugiati nelle nostre case, noi abbiamo risposto ancora una volta presente. Perché se da un lato è necessaria la prudenza, da un altro lato è necessario che qualcuno abbia coraggio, e noi questo coraggio, ieri come oggi, l’abbiamo avuto. Credo che questo sia il messaggio più importante, che qui, da questo sacrario, vogliamo sottolineare.

    Qui ce lo chiedono i morti, coloro che hanno dato la loro vita perché più bello fosse il nostro vivere. L’hanno fatto per noi, e noi non possiamo dimenticare». Concetti ribaditi da Luciano Cherobin, Presidente della Sezione di Vicenza “Monte Pasubio”: «La cerimonia di quest’anno è stata veramente toccante. Tutti quanti ci siamo investiti del compito della memoria. Memoria di questi uomini che sono morti e sono qui custoditi. È la memoria che dobbiamo rivangare e riportare a galla, testimoniandola giorno per giorno, nella nostra vita quotidiana».

    Marco Marini