Ad Aosta, oggi come 80 anni fa

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    Aosta ha atteso con nuvole minacciose e qualche goccia di pioggia le avanguardie alpine che si avventuravano per la valle, gironzolavano per la città alla riscoperta delle loro caserme nelle quali avevano sudato, sofferto, gioito; delle loro osterie, nelle quali avevano cantato, bevuto, sognato come si può a vent’anni o poco più. Rivisitando luoghi trovati solo un po’ più silenziosi, rievocando ricordi soltanto un po’ più sbiaditi ma rinverditi dai racconti: sembrava
    ieri e, per molti, è invece passata una vita!
    Aosta, severa e sorniona, ha accolto le frotte alpine quasi facendo finta di niente, con quel disincanto tipico della gente dura di montagna, abituata da secoli a tenere per sé i propri sentimenti.
    C’era stata una sola Adunata ad Aosta, ottant’anni fa. Eppure, a leggere le sbiadite e consunte pagine de L’Alpino del 20 settembre 1923 (quindicinale, otto pagine, confezionato nella prima sede, in Galleria, a Milano) si potrebbe prendere per buona gran parte di quella cronaca. Certo, nel ’23 c’erano i reduci, c’era il ricordo dei compagni lasciati sul campo di battaglia, c’era il re e l’Associazione era il 10º reggimento alpini. C’era anche la difficoltà di affluire in tanti ad Aosta (la strada era quello che era!) di ospitare tanti alpini venuti da lontano.
    C’erano soprattutto tanti giovani.
    È, questo dei giovani, un elemento comune all’adunata appena celebrata. Ottant’anni dopo, lo stesso spirito, la stessa voglia di stare insieme, gli stessi valori di Patria, sacrificio, servizio.
    Lo sfilamento avvenne in perfettissimo ordine. I nostri vecchi si ricordarono di essere stati reclute e ritrovarono spontaneamente la cadenza e l’aspetto marziale. Il colpo d’occhio su quell’immensa colonna, su quella selva di labari e gagliardetti era magnifico .
    La sfilata ottant’anni dopo è stata solo più lunga, molto più lunga: per oltre dodici ore gli alpini hanno chiuso i ranghi, hanno sfilato. Sono passati per la città che fu una delle culle del Corpo degli alpini, per quelle strade in cui erano di casa. Ad Aosta hanno trovato tutti qualcosa, un vecchio ricordo che la città ha restituito, qualcosa di nuovo da ricordare. Ognuno ha vissuto il suo piccolo sogno. E per quella singolare magìa che solo l’Adunata sa creare, senza essersi messi d’accordo, quando già era sera e gli alpini continuavano a sfilare, dalla città è salito un grido: Ch’a cousta l’on ch’a cousta, viva l’Aousta! , come ottant’anni fa: lo gridavano i vecchi, lo gridavano con maggior forza i giovani. In quel grido c’e, oggi come allora, l’impegno a restare fedeli ai propri ideali, ad essere uniti, a non perdere la memoria del passato, a guardare avanti.