Gallio e il Milite Ignoto

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    La Grande Guerra è stata terribile e ha disseminato sulla terra di Gallio, uno dei sette Comuni dell’Altopiano di Asiago, migliaia di morti. In questo paese, e precisamente in Contrada Zebbo di Gallio, nacque il 23 giugno 1903 Maria Tura Dal Degan, che all’epoca dei fatti era una giovane ventenne e che ci ha lasciato una testimonianza scritta circa le vicende legate alla traslazione del Milite Ignoto.

    Mamma di due figli, per motivi di lavoro si trasferì negli anni Sessanta con la famiglia a Bassano del Grappa, non mancando di ritornare al paese e alla contrada natia non appena gli impegni domestici glielo consentivano. Donna di forte carattere e di profonda pietà religiosa, sintetizzò in uno stile semplice e immediato i suoi ricordi di fanciulla, madre e nonna in una pubblicazione curata dal figlio alpino Bortolo Dal Degan nel 1988. Fra queste pagine emerge quella relativa alla vicenda del Milite Ignoto, in cui anche Maria ebbe parte.

    Ecco quanto scrisse: “Il Capo dello Stato italiano ha posato una corona di fiori sull’Altare della Patria, davanti al Milite Ignoto. Ha fatto questo per ricordare i Caduti di tutte le guerre e per onorarne la memoria. Ecco allora il mio pensiero ritornare indietro nel tempo a quando anch’io forse con le mie braccia ho portato quel soldato ignoto. Ora vi dirò come… La guerra era finita da un anno e i profughi cominciavano ad arrivare un po’ alla volta ai loro amati paesi che trovarono distrutti dai bombardamenti e completamente rasi al suolo. Tutto era distrutto!

    Il Genio civile stava costruendo baracche per questa povera gente che ritornava finalmente sulla propria terra, sull’Altopiano dei Sette Comuni. Qui a Gallio la chiesa era una grande baracca costruita in contrà Campo, proprio dove c’è ora la discoteca “Macrillo”. L’arciprete don Francesco Caron riuniva là tutti i fedeli per le funzioni religiose, per le Messe e per le ore di preghiera con le giovani di Azione Cattolica, allora appena sorta. C’erano ancora tanti prigionieri di guerra chiusi nei campi di concentramento, circondati da alte file di reticolato e sentinelle italiane facevano attorno buona guardia. Per gli ungarici il campo era in Val di Nos, mentre per gli austriaci era nella valle del Packstall dove ora si trova il “trampolino di salto con gli sci”.

    Ogni mattina questi prigionieri scortati dalle nostre “sentinelle” passavano in rastrellamento campi, prati e boschi per raccogliere tutti i soldati morti e abbandonati per portarli in cimitero a una degna sepoltura. Per i soldati italiani il cimitero era alla collina del Gastagh vicino alla popolazione di Gallio. Per i tedeschi invece era all’Ech. Un giorno venne un ordine dal Comando Supremo che diceva di scegliere tre soldati senza nome… e così fecero. I poveri resti vennero portati nella chiesa baracca dove giorno e notte facevano guardia d’onore le nostre “sentinelle”. Noi giovani di Azione Cattolica assieme al nostro arciprete passavamo molte ore in preghiera accanto a queste salme.

    Pregavamo specialmente per tutti i Caduti delle Melette e dell’Ortigara che tanto hanno patito e sofferto il freddo, la fame in mezzo al fango in quelle oscure trincee… Un giorno venne dato l’ordine che le tre salme dovevano essere portate ad Aquileia. Così una mattina noi giovani di Gallio abbiamo portato a mano, scortate da soldati armati i morti ignoti dalla chiesa all’Echele (l’antica Jochel) dove appena fuori dalla piazza ci aspettava un carro trainato da quattro cavalli e sopra abbiamo posato queste piccole casse. Con l’arciprete don Caron e il sindaco Giacomo Rossi e tanta gente di Gallio, piano piano, pregando in processione li abbiamo accompagnati fino alla stazione di Asiago.

    Il trenino stava aspettando per portare questi tre ignoti ad Aquileia dove nel medesimo tempo dovevano arrivare tre provenienti dal Piave e tre dal Carso. Qualche tempo più tardi alla presenza di tutte le autorità militari e civili una mamma che aveva un figlio disperso, vestita di nero con il viso coperto da un velo pure nero, avanzò maestosa davanti a quelle bare allineate. Il momento era solenne, finalmente s’inginocchiò e piangendo abbracciò una di quelle piccole casse come fosse il proprio figlio disperso. Questo è diventato così il Milite Ignoto! Sarà stato quello di Gallio o degli altri fronti di guerra? Solo Dio lo sa! In ogni modo qualcosa di misterioso, di spirituale mi prende ogni qualvolta vedo l’Altare della Patria. Specialmente ora, ormai novantenne, elevo la mia povera preghiera a Dio per tutti i combattenti che soffrirono fame, freddo tribolazioni e morirono lassù nella mia terra di Gallio. Possa Lui solo ricompensarvi di tutto!”.

    Termina così il racconto di Maria Tura Dal Degan che visse il dramma della Grande Guerra dapprima come profuga in quel di Albettone fra i Colli Berici e poi come protagonista della ricostruzione del paese di Gallio assieme ai suoi fratelli e sorelle. Nulla è stato aggiunto o tolto al suo racconto, che, sebbene scritto a distanza di anni dagli eventi narrati, s’impone per l’immediatezza e spontaneità della scrittura.

    Danillo Finco