A tavola, con un po' di Bergamo, un po' di Venezia

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Terra bergamasca, terra povera, terra di montanari e contadini, terra che anche nel cibo esprime semplicità come gli elementi base di cui è costituita: granoturco e latte, senza dimenticare che la cucina orobica è stata influenzata dalla gastronomia veneta, data la dominazione della Repubblica di Venezia per quasi tre secoli dal Cinquecento alla fine del Settecento.

La zona della pianura a Sud è stata invece in contatto con la civiltà risicola cremasco milanese e con la cultura lacustre (della zona di Como e Iseo). In ogni caso Bergamo non può non far venire in mente la polenta, preparata con farina gialla bramata detta appunto bergamasca. Molte le variazioni sul tema. Ecco allora la taragna, preparata con una miscela contenente farina di grano saraceno, che le conferisce il tipico colore scuro, a cui viene aggiunto in fase di cottura del formaggio tipico delle valli bergamasche.

Se la polenta era cibo da poveri, quindi accompagnato da poco altro (la pellagra era malattia che colpiva principalmente le popolazioni montane che consumavano tale cibo quotidianamente senza l’apporto di altri elementi come ed esempio le vitamine, indispensabili ad una dieta equilibrata), ora la si può gustare accompagnata da salamelle, brasato, stufato, coniglio. Nella versione bergamasca doc la si mangia con gli osei , cioè con gli uccellini (piatto tipico veneto friulano). Una variante che non suscita l’avversione degli animalisti è polenta e osei : una cupola di pan di Spagna ricoperta da zucchero e sormontata da minuscoli uccelletti di cioccolato.

Per tornare ai prodotti delle valli, ecco un numero infinito di formaggi tra i quali il branzi, il formai de mut, il taleggio, il gorgonzola, le formaggelle della Val di Scalve, gli stracchini, lo strachìtund, ed i caprini e certamente anche i salami. Alternative alla polenta, minestre, zuppe e risotti, e i tipici casonsei , grossi ravioli preparati con pasta fresca e ripieno di carne.

Gli scarpinòcc de Par sono una specialità culinaria degli abitanti di Parre, un comune dell’alta Valle Seriana. Il nome si riferisce alla forma che ricorda quella delle omonime calzature artigianali di panno in uso fino a pochi anni fa in questo paese. Secondi piatti della tradizione padanoalpina sono le terrine di cacciagione e di capretto, le lumache in umido e le rane fritte, le salamelle, i cotechini.

Oltre al dolce a forma di polenta, la turta del Donizèt dedicata al grande musicista bergamasco Gaetano Donizetti che è preparata con farina, fecola, burro, zucchero, uova, ananas e albicocche candite con maraschino e vaniglia, ha la forma a ciambella ed è spolverata con dello zucchero a velo. Frutto dei boschi bergamaschi che trova molteplici impieghi in ricette di dolci, pani, polente e zuppe, la castagna è stata per secoli fonte quasi di sopravvivenza per la popolazione contadina che chiamava per l’appunto la castagna ‘il pane dei poveri’ anche per l’elevato contenuto di carboidrati.

Caldarroste (baröle) oppure bollite, anche la sua farina una volta veniva usata per il pane e gli gnocchi. Oggi le castagne sono meno utilizzate, anche se restano appetitose e gustose. Così come apprezzato è il miele delle valli bergamasche.

Dopo il cibo, si devono ricordare i numerosi vini bergamaschi, dei quali in particolare due sono riconosciuti come DOCG (denominazione di origine geografica controllata) o DOC (denominazione di origine controllata): i vini della Valcalepio, un’area collinare che va dal fiume Adda al lago d’Iseo e il Moscato di Scanzo. A questo punto non rimane che approfittare di essere a Bergamo per l’Adunata nazionale e assaggiare direttamente qualche piatto tipico e scoprire quanto possa soddisfare ogni palato. Ma, di certo, gli alpini non avranno bisogno di consigli per stare bene a tavola.

Laura Arnoldi

Pubblicato sul numero di aprile 2010 de L’Alpino.