Italia, una di lingua, d'altare, di memorie

0
61

Scrivendo alla madre Adelaide, dall’esilio, Giuseppe Mazzini immaginava così l’Italia: …redenta, pura di ogni macchia di servitù e di ogni sozzura di egoismo e corruzione… . E considerava i martiri patrioti simbolo a tutti in eterno del dolore che redime e santifica . Centocinquant’anni dopo cosa è rimasto di tante speranze, dello Spirito di Solferino , motto della Croce Rossa per la quale siamo tutti fratelli ?E cosa direbbero i nostri Padri, quelli che hanno realizzato il sogno di unire genti diverse e farle diventare Nazione una d’arme, di lingua e d’altare, di memorie, di sangue e di cor ?

A guardare con occhio spassionato si ha l’impressione di vedere un’Italia a due volti, contrapposta, come in una sorta di tiro alla corda lungo la quale di tanto in tanto si aggiungono contendenti. La mezzavia è il traguardo dei 150 anni al quale ci avviciniamo un po’ distratti, quasi con indifferenza, come se invece di un anniversario da celebrare con gioia stessimo allestendo un grande e storico processo all’unità. Del resto, la nostra storia recente non è nuova a questo fenomeno disgregatore.

Non sono stati forse colpevolizzati i reduci della Grande Guerra, per averla combattuta?Non è stato rimosso in fretta il sacrificio delle nostre divisioni nei Balcani, in Russia e in Africa?E di quei reggimenti che, senza ordini, rifornimenti e aiuti, piuttosto che arrendersi, preferirono difendere l’onore combattendo senza speranza? Furono questi i primi eroi della resistenza, perché sulle rovine dello Stato gettarono le basi per la sua ricostruzione.

Perfino una data storica come quella del 25 Aprile si è trasformata in un giorno di discorsi da eterno spartiacque fra vincitori e vinti, buoni e cattivi, anziché essere una festa di tutti in cui celebrare la fine della terribile guerra che devastò uomini e cose e l’inizio di quella rinascita che in pochi anni avrebbe condotto a quel meraviglioso fenomeno che fu il boom economico degli anni Sessanta.

Nessuno avrebbe immaginato che l’inizio del terzo millennio avrebbe portato tanti cambiamenti, dalla formazione dell’unità europea molto vicina alla ‘Grande Patria’ vagheggiata da Benedetto Croce alle bibliche invasioni di genti diverse che tanto avrebbero inciso sui nostri modelli di vita. Né sarebbe stata ipotizzabile la caduta di valori e di credibilità, un conformismo strisciante, l’insorgenza di egoismi e le spinte verso autonomie impossibili. Eppure ci sono enormi risorse del Paese reale, fatto di gente perbene, di intelligenze, di bellezze artistiche e naturali, di cultura che fanno del nostro un luogo felice.

A tutto ciò si riferiva il presidente emerito Ciampi e ora il presidente Napolitano impartendo lezioni di pedagogia sociale e civile nel riproporre il significato della Bandiera e dell’Inno di Mameli, i simboli che racchiudono il nostro essere italiani. Ciampi ha anche ripercorso, visitandoli, i luoghi del nostro Risorgimento e del riscatto dall’8 settembre ’43 visitando Cefalonia e l’ex campo di prigionia di Karpov.

Lezioni che riguardano tutti i cittadini, nessuno dei quali può chiudersi nel proprio guscio pensando che quanto succede fuori non li interessi. Per fortuna, ci sono associazioni come la nostra che non ha mai avuto momenti di debolezza ed ha sempre tenuto la barra ben dritta. Conserviamo intatta la memoria, sappiamo da dove veniamo e come vogliamo continuare.

Conservatori?Affatto! Se così fosse non saremmo aperti agli altri, nè saremmo un punto di riferimento di valori e di iniziative di solidarietà. Nè penseremmo ai giovani, per i quali ci siamo battuti per conservare loro il servizio di leva, scuola di vita e di doveri. Una battaglia che non consideriamo ancora persa, perché attorno a noi, incontro a noi, vengono tanti amici di cammino, tanti giovani che condividono i nostri ideali.

C’è ancora bisogno del Risorgimento, un capitolo chiuso per gli storici che tuttavia necessita di una costante rilettura. L’occasione sarà proprio l’anniversario del 150º che ci prepariamo a festeggiare. Cominceremo fra poco, all’Adunata a Bergamo, la ‘Città dei Mille’, e continueremo l’anno prossimo a Torino, la prima capitale d’Italia. ‘Una di lingua, d’altare, di memorie…’. E di cuore.

Pubblicato sul numero di aprile 2010 de L’Alpino.