L'Aquila torna a volare

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Avanzavano fra due ali di folla, in testa il vessillo sormontato da un’imponente aquila con le ali distese. Camminavano compatti e sembravano un maestoso fiume nella prospettiva del viale che spezza in due Latina, una selva d’ondeggianti cappelli e penne nere. Avvicinandosi, nel loro cadenzato andare, abbiamo distinto i volti, le espressioni incerte fra il sorriso e il pianto, meste e orgogliose. Marciavano silenziosi, alzavano lo sguardo sulla gente che faceva loro da sponda, quasi a proteggerli, gli occhi negli occhi, e si capivano.

Abbiamo visto la loro dignità, quella della terra d’Abruzzo violata e offesa ma non piegata. C’è un tempo per vivere e un tempo per morire, un tempo per la gioia e uno per le lacrime, come dice il saggio maestro Mo Tsu; questo era il momento della solidarietà e mai, fra chi sfilava e chi guardava, c’era stata una così spontanea, sincera, profonda intesa. Si dice che le adunate sono tutte uguali e tutte diverse.

Si somigliano, forse, nelle loro geometrie e nei momenti della memoria, ma quanto sono diverse da città a città, quanto sono singolari e uniche. Questa a Latina è stata un’adunata speciale per una serie di circostanze e sarà in un posto d’onore, per tanti motivi. Perché tanti alpini venuti dal nord hanno ritrovato i dialetti e i nomi delle loro borgate, hanno scoperto di essere a casa grazie alle migliaia di veneti, friulani, bolognesi, romagnoli che andarono a bonificare un territorio paludoso e malsano per ridargli la vita. Perché sono accorsi numerosi, a dimostrazione, ancora una volta Catania insegna che la distanza non fa la differenza; perché ha suscitato un turbinìo di emozioni fra quanti hanno assistito dalla strada, dai marciapiedi, dalle finestre e dalle terrazze al passaggio della bandiera di guerra del 2º Reggimento.

Durante la sfilata di domenica, poi, quante volte si è sentito sorgere dalla gente il grido Julia!, Julia , per tanti anni custodito nella memoria ed ora pronunciato come momento liberatorio e un sogno compiuto. Già, la gente di Latina, gentile, disponibile, che per nove ininterrotte ore è stata dietro le transenne, alle finestre e non s’è persa neppure una sezione dello sfilamento perchè tutto faceva parte di un evento da ricordare e raccontare a chi non c’era. Gli alpini hanno regalato a questa città dopo anni di gelo identitario ha scritto il direttore di Latina Oggi Alessandro Panigutti un momento magico e al tempo stesso solenne , e ancora: Riprenderemo la vita ordinaria di tutti i giorni, ma non potremo fingere di non aver visto e non aver sentito .

Nove ore di sfilata, aperta come tradizione dagli alpini in armi. In testa la fanfara della brigata alpina Taurinense con la Bandiera di guerra del 2º Alpini di Cuneo, scortata da due compagnie, quindi il Labaro con il consiglio direttivo nazionale al completo, la fanfara della brigata Julia, i gonfaloni di Latina e delle cittadine e paesi della Provincia in un’atmosfera solenne e festosa insieme, e via via i decorati e gli invalidi e gli alpini di quel lembo di terra istriana ma italiana nel cuore e nella memoria, e poi blocchi di volontari della protezione civile e quindi gli alpini delle sezioni all’estero e quelle in Italia, dalle sezioni più lontane, settore per settore fino a quella di casa, Latina, travolta dagli applausi.

I quattro speaker ufficiali Manuel Principi, Guido Alleva, Nicola Stefani e Francesco Brighenti, hanno spiegato, raccontato, incitato gli spettatori dando significato allo sfilamento, evidenziando le singole specificità d’ogni sezione, la storia degli alpini di ieri e di oggi, quell’infinita, meravigliosa diversità che compone il mosaico di un’Associazione unica al mondo. Al passaggio degli alpini d’Abruzzo, incredibilmente numerosi, con il loro striscione L’Aquila torna a volare Grazie Italia è avvenuto uno straordinario imprevisto.

Sembrava che alpini, spettatori, autorità fossero un tutt’uno. Il presidente nazionale Corrado Perona, lasciato il palco d’onore, era andato incontro agli abruzzesi a braccia aperte, come se volesse abbracciarli tutti, e stava marciando con loro, scortando il vessillo con il presidente Antonio Purificati. Dalla folla s’è levato un urlo, mentre la voce di Guido Alleva si faceva sempre più roca e la gente applaudiva, si asciugava le lacrime e tornava ad applaudire. E gli abruzzesi guardavano un po’ stupiti da quello che accadeva intorno a loro, qualcuno salutava, molti erano presi dalla stessa commozione e non nascondevano le lacrime.

Così, per tutto il resto della lunga sfilata, con centinaia di cittadini travolti dagli stessi sentimenti, dalla condivisione, dalla commozione generale, per dare coraggio, dire agli abruzzesi e a quelli rimasti a casa, fra le macerie, con i superstiti nelle tendopoli e le vittime nel cuore: non siete soli. È proprio vero. Nessuno potrà dire di non aver visto, di non aver sentito.

Giangaspare Basile

Pubblicato sul numero di giugno 2009 de L’Alpino.