Mia nonna Maria, sì mia nonna, è andata avanti. È stata sorella, moglie, cognata e nonna di valorosi alpini che hanno portato con orgoglio la penna nera anche sul fronte. Penso che come lei ci siano tante storie di nonne rimaste sole ma che comunque tengono ancora vivo l’orgoglio alpino dei loro cari. Voglio dire un grande grazie a tutte le donne, che seppure senza fucile, hanno combattuto le loro guerre.
Barbara, Colloredo di Valgoglio (Bergamo)
Si è avuto modo ripetutamente di parlare delle donne degli alpini, ma non lo si fa mai abbastanza. Sono prima di tutto mamme che, con sentimenti contrastanti, hanno visto i figli nel fiore dei vent’anni indossare una divisa e lasciare la casa, non raramente per avventure di guerra totalmente estranee alle ambizioni riposte nelle loro creature. Sono spose o fidanzate che hanno trovato di traverso al loro progetto di vita una cartolina di precetto: non poche sono rimaste nell’angoscia di una lontananza sconsolata e senza fine. Sono figlie, nipoti di personaggi che quando si mettono il cappello in testa si trasformano come per magia e riesumano le baldanze giovanili con la massima serietà. Sono donne che nella quotidianità sopportano con tanta pazienza le manie, le debolezze, le insicurezze di uomini per nulla diversi dagli altri, ma che per loro sono unici. O forse così li vogliono, perché, le nostre donne, la penna non la portano sul cappello, la tengono nel cuore e non la sentono meno cara di noi.
Pubblicato sul numero di maggio 2009 de L’Alpino.