Zaino a terra, generale Krosel

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    Fino a pochi anni fa capitava spesso di vedere l’ultracentenario generale Egone Krosel a spasso a Grignano, vicino al Castello di Miramare, accompagnato dall’eritreo Tesfai, suo fido “attendente”, come lo chiamava Egone e “nipote di un ascaro”, come si definiva Tesfai.

     

    Nonostante l’età e l’aiuto di un bastone da passeggio non poteva passare inosservato: il suo portamento eretto e fiero, baffi bianchissimi, volto magro e scurito da una vita militare attiva ed avvezza al comando, lo rendevano inconfondibile ed incutevano un istintivo senso di rispetto. Nato a Trieste (all’epoca Impero austro- ungarico) il 21 ottobre 1912, nel 1933, avendo frequentato il corso Auc di artiglieria alpina a Bra (dal 1929 l’artiglieria da montagna era stata chiamata artiglieria alpina), divenne sottotenente e venne assegnato a Gorizia, al gruppo Belluno del 3º reggimento della Julia.

    Passato al servizio permanente effettivo con il grado di tenente – sempre nel gruppo Belluno che nel frattempo era stato passato alla Divisione Pusteria – nel 1936 fu inviato in Eritrea, alla conquista dell’Etiopia. Partecipò coi suoi obici alla presa della proverbiale Amba Aradam e altre battaglie (Tigrai, Passo Uarieu, Passo Mecam, Mai Ceu, ecc.). La conquista dell’alta e rocciosa Amba Aradam, considerata imprendibile, fu forse l’avventura più eclatante.

    Per salire sull’Aradam, che aveva l’aspetto di una grande nave con le murate rocciose e quasi perpendicolari, inaccessibili, l’unica via di accesso era una specie di ampio scivolo a “poppa”, vigilato da soldati etiopici bene armati e rintanati in fortificazioni nella roccia. Ma gli alpini, usando la stessa tattica della Grande Guerra sul Monte Nero, arrampicatisi nottetempo sulle pareti a strapiombo della “prua della nave” – come amava definirla Krosel – sorpresero i difensori alle spalle, li sbaragliarono e conquistarono l’Amba Aradam catturando il Ras locale, i suoi soldati, un’incredibile quantità di viveri, munizioni, oggetti preziosi e ogni sorta di beni.

    Fu una tale impresa che il termine “ambaradàm” entrò nel linguaggio comune e divenne sinonimo di confusione o di impresa complessa che richiede particolari capacità. In Etiopia Krosel ebbe occasione di conoscere e vedere in azione il leggendario tenente di cavalleria Amedeo Guillet, piacentino, medaglia d’Argento al Valor Militare, conosciuto con lo pseudonimo arabo di Ahmed Abdallah Al Redai o più semplicemente con il nome di “Comandante Diavolo” che, con il suo Gruppo indigeno Ahmara, diventò una leggenda per le sue temerarie e vittoriose imprese contro le truppe etiopi. Nel maggio del 1939 Krosel venne congedato, ma fu richiamato tre mesi dopo per essere nuovamente assegnato al 3º reggimento artiglieria alpina. Partecipò alla breve guerra contro la Francia per la conquista della Savoia con combattimenti fino a 3.000 metri di altezza e nel gennaio 1941 fu inviato in Grecia nel gruppo Valle Isonzo, 6º reggimento.

    Passato al 56º reggimento di artiglieria divisionale al suo rientro in Italia, l’8 Settembre 1943, venne catturato dai tedeschi ed inviato in un campo di prigionia in Polonia dove conobbe il tenente di artiglieria Giovannino Guareschi e ne divenne amico. Dopo la guerra continuò la sua carriera militare ricoprendo vari incarichi, a volte piuttosto delicati in diverse città del Nord Est d’Italia. In modo particolare a Trieste. Krosel mi raccontò personalmente le sue vicende di spionaggio nel Territorio Libero di Trieste, ma mi vincolò alla segretezza finché lui fosse in vita: si tratta quindi di informazioni inedite. Quando la nostra città faceva parte del Tlt sotto l’amministrazione anglo-americana, fino al 1954 diresse un sistema clandestino di “informazioni” a favore dell’Italia. Fu un periodo molto intenso, ricercato dal controspionaggio slavo e dai militari inglesi (sempre favorevoli alla Jugoslavia), con fughe rocambolesche, puntate di spionaggio oltre confine, qualche sparatoria e con episodi particolarmente intensi come quando un suo agente tornò ferito dalla Jugoslavia.

    Con la connivenza del personale dell’ospedale riuscì a farlo ricoverare eludendo l’attenta vigilanza inglese. Non mancano in quel periodo episodi comici, come quando inseguito da agenti inglesi in borghese e dalla Polizia Civile si rifugiò nel mercato ortofrutticolo all’aperto di piazza Goldoni. Là, tra la folla, svicolando tra le baracchette delle venderigole (in dialetto triestino significa rivendugliole di frutta e verdura in genere di produzione propria), con gli agenti inglesi sempre più vicini, Egone se la vide proprio brutta, ma una giunonica venderigola gli disse: “Mulo, vien qua!” e lo nascose rannicchiato sotto le sue ampie e numerose sottane finché gli agenti, scoraggiati, se ne andarono.

    La sua attività di 007 ai danni della Jugoslavia terminò col ritorno dell’Italia a Trieste, ma la sua carriera militare continuò fino a che nel 1971 andò in pensione col grado di generale di brigata. Egone è “andato avanti”. Si è spento serenamente il 2 gennaio di quest’anno, a 105 anni, circondato dall’amore delle sue care figlie. Nel corso della sua lunga carriera militare gli sono state conferite una Medaglia commemorativa della Guerra di Etiopia, quattro Croci al Merito di Guerra per la Guerra in Etiopia e quella in Grecia-Albania e il Cavalierato dell’Ordine della Corona d’Italia. E ora riposa in pace, vecchio guerriero!

    Dario Burresi
    darioburresi@alice.it