Vivi le Forze Armate, o no?

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    Vorrei esprimere la mia opinione in merito all’articolo apparso sul numero 6 di giugno de L’Alpino, “Vivi le Forze armate” rappresenta davvero uno spreco di soldi, per 3 settimane di un qualcosa che non è neppure paragonabile lontanamente alla vera esperienza che si fa nell’esercito o in qualunque altra forza armata!

    Trovo assurdo che dopo tre settimane di divertimento, sì perché ciò che i ragazzi che partecipano a questa iniziativa fanno per tre settimane sono le cose più belle che si fanno nell’esercito… poi c’è il resto… I valori alpini non si imparano con tre settimane da giovani marmotte… Io sono stata un’alpina per tre anni, ero VFB e posso parlare quindi a ragion veduta… Non è certo in discussione l’impegno dei ragazzi o la professionalità e bravura degli istruttori, ma far sfilare all’Adunata chi ha fatto solo tre settimane di Esercito all’acqua di rose, accanto a chi ha fatto la guerra o a chi ha fatto davvero l’alpino, mi sembra davvero eccessivo! Inoltre faccio notare che anche al fine di reclutare persone nei VFP1 è inutile, perché il limite di età per i VFP1 è di 25 anni, a “Vivi le Forze armate” possono partecipare fino ai 29-30 anni… a che scopo se tanto poi non possono far domanda? Solo per poter indossare un cappello e dire: “sono un alpino” quando neppure chi come me ha fatto tre anni negli alpini è veramente degno di indossarlo. Solo i veri alpini, quelli di una volta, che la montagna l’hanno vissuta e affrontata davvero, non certo con i materiali super tecnici di oggi, solo loro sono davvero degni di quel cappello, vogliamo davvero credere che bastino tre settimane per ritenersi davvero alpini? Credo che l’intelligenza di ognuno e le coscienze risponderanno nella maniera più sensata.

    Simona Enrica

    Gentile Simona, nel tuo scritto ho trovato cose sagge, ma anche un po’ di retorica. È vero che tre settimane di naja non sono sufficienti per fare un alpino. Caso mai servono a due scopi, quello di tenere vivo un certo spirito nelle nuove generazioni e quello di richiamare il valore di un servizio al Paese, che potrebbe tornare ancora in vigore, dopo che ci siamo liberati del servizio militare come roba da Medio Evo. La retorica la trovo là dove pensi agli alpini solo in chiave di memoria storica, “quelli di una volta”, come li definisci tu. La memoria è importante, ma l’alpinità non si misura solo sugli anni trascorsi in servizio e neppure sui sentieri che si sono battuti.