Vite senza valore

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    Leggo il tuo editoriale di marzo e sento di doverti manifestare i pensieri che ne derivano. Non sarò articolato come il tema merita, spazi e modi non lo consentono; sarebbe bello parlarne. Accostare il concetto “vite senza valore” all’eventuale eutanasia di un minore irreversibile è semplicistico, al di là di qualunque opinione, pro contro o nulla.

    Penso che senza aver provato in prima persona l’orrore di vedere un figlio bambino disintegrarsi un po’ ogni giorno, si corra il serio rischio di fare accademia o peggio. Contrapporre “fare opinione” al relativismo mi pare manicheo: avere opinioni non necessariamente si deve tramutare in “fare opinioni”; da ciò far derivare a cascata morale della libertà e assenza di verità finisce per essere semplicistico o fideistico (lecito ma opinabile, come qualunque idea). Ma hai ragione tu, ammetto: sono finalmente qui a riflettere su temi che avevo da tempo seppellito e ti ringrazio.

    Marco Mantovani

    Caro Marco, grazie per la tua lettera che puntualizza criticamente, ma lascia trasparire sofferenza nella ricerca. Quello che però vorrei precisare è che le mie riflessioni non partono da un giudizio morale su alcune condotte. Ognuno nella vita fa secondo coscienza e risponderà con questa davanti all’umanità, a se stesso e a Dio, se ha la fede. Quello che a me mette angoscia è il fatto che oggi stiamo erodendo le fondamenta sulle quali si regge il valore e la dignità della persona umana, i diritti dei più deboli… Ormai stiamo ridefinendo artificialmente i vissuti umani, il rapporto uomo e donna, paternità, maternità… In ballo caro amico non c’è la morale, ma la democrazia. Son passati solo novant’anni da quando in Germania si pubblicò il famoso libro sulle “vite senza valore”. Si decideva allora che alcune esistenze potevano essere soppresse perché dannose allo Stato o al benessere in genere. Quello che sarebbe accaduto di lì a poco lo abbiamo visto. Ecco perché, come alpino e come cittadino mi ribello a quello che considero un imbarbarimento delle coscienze e un insulto alla democrazia.

    Grazie dei tuoi pensieri nell’editoriale che hai scritto su L’Alpino di marzo. Siamo in un momento epocale: la tradizione millenaria di forti valori che hanno sorretto il nostro popolo in tragedie ben più drammatiche nel passato, sembra oggi esser messa al bando da burocrati ministeriali o di commissioni europee, che si sentono autorizzati a imporre una nuova visione dell’uomo e delle relazioni familiari incentrate sull’individualismo, l’edonismo e il relativismo. Quello che colpisce di più è che le nostre famiglie non sono interpellate su una materia così importante e delicata come l’educazione affettiva e sessuale dei nostri figli: anche il MIUR (ex Ministero della Pubblica Istruzione italiano), con il pretesto di una lotta contro il bullismo, ha accettato come “esperti” per la formazione degli insegnanti in questa materia solo i rappresentanti delle 29 associazioni LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali) e non dà ascolto alle richieste di partecipazione delle associazioni familiari, come invece la Costituzione garantirebbe in campo educativo. In questo momento drammatico per la formazione delle giovani generazioni siamo chiamati ad una testimonianza importante di impegno civile e ad una vigilanza su questi abusi da parte anche dell’autorità pubblica. Tu ne hai dato l’esempio col tuo editoriale.

    Guido Banzatti

    C’è una strisciante dittatura del pensiero, a senso unico. Il nostro è un tempo nel quale è richiesto il coraggio di avere delle idee e di battersi per esse. Sapendo che comunque non tutti ci diranno bravi. Del resto gli uomini veri non cercano né il battimani, né di conformarsi alle maggioranze.