Una mela a metà

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    Mi sono congedato nel lontano dicembre 1970, da Bassano del Grappa, 6º art. da montagna. Per i 10 anni successivi non avevo mai preso in considerazione la partecipazione alle Adunate, sino a quando un amico mi trascinò con lui alla mia prima di Verona. 

     

    Mentre aspettavamo all’ammassamento il nostro turno per la sfilata, riconosco il magg. capo del Centro Tiri della mia caserma, in borghese, ormai in pensione. Mi presento e inganniamo assieme l’attesa ricordando alcuni aneddoti e le energiche alzate di peso (quanto mi sono servite successivamente nella vita civile!) che ci dava quando nelle missioni fuori caserma il nostro entusiasmo giovanile e la nostra inesperienza ci facevano commettere qualche imprudenza. D’un tratto mi chiede: «Ti sei portato qualcosa da sgranocchiare mentre aspettiamo?». «No», rispondo. «Ah, sei proprio un bocia» e tolta una mela dal suo zainetto la spacca in due e me ne offre metà. All’Adunata successiva porto anch’io con me una mela, lo cerco, lo trovo e gli restituisco la metà. Lo scambio della “mezza mela dell’Adunata” si è ripetuto ogni anno sino a quando non l’ho visto più. Chiesi a quelli del suo Gruppo e mi dissero che era “andato avanti”. Da quella volta a tutte le Adunate cui partecipo porto sempre nello zainetto una mela (anzi è mia moglie, che peraltro sempre mi accompagna, a prepararmela) e vado a cercare qualche mio commilitone disposto a fare metà con me e ad ascoltare questa, forse per molti banale, ma per me significativa storiella.

    Tino Mignone Gruppo Brinzio, Sezione di Varese

    Una mela come metafora della comunione fraterna alpina. E soprattutto senza il serpentello della tentazione, almeno fintanto che non ci si metta qualche Eva di turno.