Un medico in trincea

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    «Ho trentotto anni, sono medico, e mi offro volontario per servire la Patria. Vorrei essere utile al fronte, non negli ospedali da campo dove sono già in tanti i miei colleghi… E potendo scegliere andrei con gli alpini…». Venne accontentato. Il tenente medico della Croce Rossa Italiana Angelo Malinverni, gentiluomo di quasi mezza età di una vecchia Torino ormai perduta, raggiunse così il battaglione Ivrea dislocato nel settore di Tolmino, al di là dell’Isonzo. Monte Nero, Monte Rosso, Sleme, Mrzli, Vodil, Vrata…: montagne diventate sacre agli alpini del “Terzo” e del “Quarto” per il tanto sangue versato fin dai primi giorni del conflitto. Raggiunse i suoi alpini appena in tempo per vederli conquistare le trincee nemiche sullo Sleme: ventidue caduti, centoquaranta feriti e cinque dispersi fu la tragica conta di quel 4 giugno, battesimo del fuoco del Battaglione canavesano dalla nappina bianca. Poi altri giorni di fuoco. Tanti tragici attacchi infranti contro reticolati indistruttibili e postazioni imprendibili. Ed ogni volta a spendersi per curare e dispensare pietose bugie: «Signor tenente, mi dica che non morirò…»; «No, non morirai. La comprerei io questa tua banale ferita…». E i tanti giorni di trincea. L’odore di trincea… quello da lui descritto di “panno bagnato, cuoio fradicio, bruciaticcio, sudore, sterco, cadaveri”. Poi, dopo la decimazione dell’assalto, il ritorno nelle retrovie per ricomporsi nei ranghi: una “lumacosa processione di ciabattoni sbrendolati, imbrodolati di melma e barbuglianti nel pattume, i piedi mezzo gelati fuor dalle scarpe, le ginocchia rigide, curva la gobba sotto un ciarpame che ben poco aveva ancora di comune coll’equipaggiamento regolamentar. Ufficiali senza più gote ventenni paffute e rubiconde, ma facce sparute, grinzose, sporche di barba incolta e di fango, occhi incavati, colorito tra il giallo e il bruno, e lerci poco meno dei soldati, che dalla testa ai piedi erano tutta mota e non ci distinguevi più che gli occhi roteanti, allegri o truci… Il Comandante avrebbe voluto farli sfilare così, sotto la Galleria, a Milano…”. Gli venne conferita la Medaglia d’Argento al Valore Militare per un’azione sul Mrzli: “Durante aspro combattimento, con non comune coraggio prestava soccorso ai feriti sulla linea del fuoco, incorando i combattenti colla parola e coll’esempio. Venuto a mancare l’aiutante maggiore del battaglione, lo sostituiva con intelligenza, mettendo più volte a repentaglio la propria vita. In altro combattimento fu sempre nobile esempio di eccelse virtù militari. Quota 1.100 di Monte Mrzli (Monte Nero), 1º dicembre 1915”. Caso forse unico per un ufficiale della Sanità, mantenne la mansione di aiutante maggiore del Battaglione fino al termine della Grande Guerra. Poi la Vittoria e la fine del conflitto. Fu probabilmente il solo ufficiale del battaglione Ivrea a “sopravvivere” nei suoi ranghi per tutti i quarantuno mesi di guerra. E finalmente il ritorno alle case. Ma dopo tanta morte al fronte ancora tanta morte negli ospedali, qui portata dalla febbre spagnola. Abbastanza, anzi, troppo per un animo sensibile ed esteta come il suo. Quindi la decisione di lasciare la professione medica per dedicarsi alla scrittura e all’arte. Con talento, all’amata pittura fino al maggio 1947, allorquando la morte lo incontra nel suo studio. “Angelo Malinverni, artista, scrittore, medico e alpino, con il pennello registra le emozioni del fluire dei mesi, delle luci, dei colori di una natura ritrovata, rivisitata, reinterpretata, in rappresentazioni che trovano riscontri all’interno della tradizione pittorica di scuola piemontese di fine Ottocento e dei primi anni del Novecento. Di volta in volta, Malinverni traduce la visione del vero in una raffigurazione dalle cadenze delicate, interiorizzate. Ogni colore, ogni linea, ogni impressione diviene testimonianza di una ricerca che lo ha accompagnato per tutta la vita. Dai camminamenti e trincee della Prima guerra mondiale a un mazzo di ‘Rose bianche’, si dispiegano le immagini di Malinverni”, ci racconta la nota introduttiva all’esposizione della sua arte. Nel centenario della Vittoria, Torino ha voluto ricordarlo con una mostra presso la Biblioteca Nazionale Universitaria: «Angelo Malinverni. I fiori, la Grande Guerra, gli Alpini», il titolo della rassegna curata da Angelo Mistrangelo e realizzata con la collaborazione della galleria Berman e il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Nell’occasione è stato riproposto il libro che raccoglie i suoi scritti “O Luna, o luna , tu me lo dicevi….”, un capolavoro della memorialistica della Grande Guerra ad ottant’anni dalla prima pubblicazione. L’inaugurazione, alla presenza di un folto pubblico, ha contato numerosi cappelli alpini, tra i quali quello del Consigliere nazionale Marco Barmasse e la presenza del vessillo della Sezione di Ivrea che, in tal modo, ha voluto omaggiare la memoria di questo illustre suo alpino. L’inaugurazione è stata introdotta dall’intervento dal gen. C.A. Franco Cravarezza, promotore della manifestazione. Foriera di emozioni la presenza della signora Maria Rosa Malinverni Bitetti, figlia del tenente medico, alla quale, con il nostro ricordo, va l’ideale grande abbraccio di tutti gli alpini dell’Associazione.

    Serafino Anzola

    Angelo Malinverni – O LUNA, O LUNA, TU ME LO DICEVI…
    Un appassionato diario di guerra in prima linea con gli alpini 1915/1918 Cent’anni fa si concludeva una delle guerre più cruente, combattuta per la maggior parte in montagna dai nostri alpini. Guerra di trincea dove si lottava, metro per metro, su creste e nevai, esposti giorno e notte alla natura estrema e al fuoco nemico. L’autore, che si arruolò volontario a 38 anni con gli alpini, racconta alcuni episodi di guerra filtrati dal suo animo poetico che sa cogliere il fascino di una notte di luna, o si addormenta in bilico ammirando un abisso o contempla un boschetto di faggi mentre fa da bersaglio a cecchini austriaci. Il tutto pervaso da un’umanità profonda che comprende i caratteri, le debolezze e i sentimenti nei momenti di più intensa autenticità e che lo rende incapace di esprimere odio, tanto che quando gli avviene di inquadrare con il suo fucile un soldato austriaco ignaro, non riesce a sparare perché “non è quella la sua missione”: lui è lì per aiutare, per ammirare e non per distruggere la vita e la bellezza. Il libro è patrocinato dall’Associazione Nazionale Alpini.

    Pagg. 374 – euro 15 (sconto 20% ai soci Ana) AdArte editore – Per l’acquisto www.adartepublishing.com oppure info@adartepublishing.com indicando nelle note “socio Ana” 11/12/2018