Un amico va in congedo: l'obice da 105/14

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    Dopo circa mezzo secolo di onorato servizio l’obice da 105/14 è stato messo a riposo. Nel 2005, infatti, gli ultimi esemplari sono stati ritirati, cedendo il passo ai mortai Thompson da 120 mm. ad anima rigata che, assieme agli obici FH 70 da 155/39, costituiscono l’attuale armamento dei reggimenti di artiglieria da montagna.

    Da montagna e non terrestre, come vorrebbe la burocrazia ministeriale, che ha privato ufficialmente della propria denominazione (per motivi che mai ci convinceranno) una gloriosa specialità dell’arma di artiglieria, fiera di appartenere alle truppe alpine come testimoniano oltre cent’anni di fratellanza, di sudore e di sangue, in pace e in guerra.

    Per la verità ci sarebbe piaciuto che il pezzo da 105/14, avendo accompagnato la vita militare dei montagnini per tante generazioni, venisse salutato con i dovuti onori, come accadde per l’obice da 75/13. Il 15 giugno del 1959, ad esempio, nei pressi di San Vigilio di Marebbe, il 2º Reggimento artiglieria da montagna celebrò la festa dell’artiglieria e, con l’occasione, un pezzo da 75/13 fece udire gli ultimi suoi colpi passando idealmente le consegne al nuovo obice da 105/14.

    Cerimonie analoghe si svolsero presso numerosi reparti, quasi a sottolineare che il glorioso obice dei tempi di guerra lasciava il passo a un nuovo fratello, destinato a divenire amico delle panselonghe in tempo di pace. Per quanto ne sappiamo il pezzo da 105/14, invece, se n’è andato in silenzio, quasi alla chetichella, senza quel caloroso saluto che avrebbe meritato, dopo aver condiviso l’esperienza con le stellette di tanti artiglieri da montagna. Vidi per la prima volta il 105/14 nella caserma Gen. Ferrante Gonzaga del Vodice di Foligno (allora sede della S.A.U.S.A., per lunghi anni fucina dei quadri di complemento dell’artiglieria da montagna).

    Correva l’anno 1976 ed io stavo per iniziare l’82º corso A.U.C. Schierato accanto ai pezzi delle altre specialità (campagna, pesante campale e pesante) il 105/14 mi sembrava modesto, piccolo e quasi insignificante. Al contrario mi apparve enorme (al pari dei giganteschi muli che incutevano inizialmente un certo timore a chi, come il sottoscritto, non aveva alcuna dimestichezza con gli animali di grossa taglia) allorchè dovetti esercitarmi nello scomporre il pezzo ed effettuare, assieme ai miei compagni di corso, il successivo someggio.

    L’esperienza vissuta mi fece meditare a lungo sulla teoria della relatività Terminato il corso, fui assegnato al Gruppo Aosta (che allora aveva sede a Saluzzo) per il servizio di prima nomina. E fra il Monviso, la Val Maira e la Val Varaita grazie ad un eccezionale comandante di batteria, il Cap. Giacomo Verda si consolidò la mia familiarità con l’obice e con i muli. Ritrovai poi gli uni e gli altri a Belluno, allorchè venni richiamato (1988) presso il Gruppo Lanzo .

    L’obice da 105/14 modello 56, di ideazione e costruzione italiana ebbe come padre il gen. Fuscaldi del Servizio tecnico di artiglieria. Prodotto dalla OTO MELARA riscosse un grande successo in tutto il mondo (lo si vide anche cammellato) e costituì uno dei fiori all’occhiello della rinata industria nazionale.

    Un pezzo di artiglieria moderno… che ha vinto il concorso indetto dalla NATO per il materiale di artiglieria campale leggera. L’obice da 105/14 ha prestazioni brillanti e abbina due requisiti fondamentali, potenza e leggerezza, ai quali si unisce una notevole rusticità. Può essere autotrainato da un trattore leggero o da una autovettura da ricognizione, può essere trasportato scomposto sul veicolo da montagna a tre ruote motrici, il 3 x 3, detto anche mulo meccanico, può essere trainato da due muli, paracadutato e trasportato a mezzo elicotteri.

    Scomposto in 12 carichi può essere someggiato oppure trasportato su slitte da neve. Infine con armature metalliche può essere spalleggiato da 18 portatori assistiti da altri 36 uomini per il necessario aiuto e il cambio nel trasporto. Con questo sistema l’obice da 105/14 è stato portato dai montagnini sulle cime più alte ed impervie delle Alpi. Questo pezzo pesa circa 13 quintali, ha una gittata massima di 10,2 chilometri, ha notevole mobilità e facilità di adattamento al terreno, il che lo rende particolarmente idoneo al tiro in montagna .

    Così Aldo Rasero, nel suo Alpini della Julia descrive efficacemente le caratteristiche di un obice che, non casualmente, ha avuto un vita lunghissima nonostante l’incalzante evoluzione tecnologica degli ultimi decenni. Prima di essere distribuito alle Brigate Alpine negli anni 1959 e 1960, il nuovo pezzo di artiglieria fu sperimentato nel 1958 presso il 5º Reggimento artiglieria da montagna.

    Il primo esemplare fu affidato alla 33ª batteria del Gruppo Bergamo , comandata dal capitano Pier Luigi Cavallari (futuro comandante della Brigata Alpina Taurinense ), che ebbe il delicato compito di effettuare numerosi ed impegnativi esperimenti, con particolare riguardo al someggio e al trasporto dell’obice. Dopo il periodo sperimentale il nuovo pezzo entrò in servizio a pieno titolo, segnando in maniera indelebile la storia dell’artiglieria da montagna italiana.

    Ora che il 105/14 se ne va in congedo vogliamo salutarlo, come si fa con un vecchio e caro amico con cui abbiamo condiviso i giorni della vita militare in un periodo storico che, ringraziando la Provvidenza, non è stato segnato dal sangue che tanti nostri padri versarono per onorare la penna nera, la divisa e la Patria.

    Mario Gallotta