Tra postazioni e gallerie

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    I molti che amano scarpinare sul massiccio del Grappa sanno bene che il monte Palon, subito sopra Possagno, domina tutta la pianura offrendo un panorama mozzafiato. La sua posizione è stata strategica nel sistema difensivo per la prima linea orientale, con postazioni di artiglieria, un minutissimo approntamento di trincee e gallerie per fucilieri, artiglieri e mitraglieri che lo avevano trasformato in una vera e propria fortezza rifornita da quattro mulattiere e da un sistema di teleferiche. Su questi luoghi, il gruppo alpini di Possagno ha realizzato un bellissimo percorso della memoria recuperando trincee, gallerie, appostamenti e presidi della prima guerra mondiale.

    Un museo all’aperto con lo scopo, da un lato, di ricordare quei tragici avvenimenti e dall’altro invitare a perseguire fratellanza e pace fra tutti i popoli. I lavori di recupero sono iniziati nell’aprile del 2003, con il restauro di oltre 1.000 metri di trincea di prima linea. È stata riaperta una galleria di 350 metri e sono stati recuperati una serie di baraccamenti ed appostamenti. Dal 2005 si è proceduto poi alla manutenzione di quanto realizzato ed al completamento di alcuni tratti.

    Il lavoro di manutenzione, sempre indispensabile, continua ogni anno confidando nella disponibilità dei volontari che si prestano da sempre dimostrando autentico spirito alpino. Appartengono per la maggior parte al gruppo alpini di Possagno, ma ce ne sono anche di altri Gruppi, Sezioni e altre associazioni. Sono supportati da otto muli, già in dotazione alle Truppe Alpine, grazie ai quali si è potuto trasportare oltre 900 quintali di materiali dalla zona del rifugio alla cima del monte Palon. La collaborazione è stata stretta anche con molti sponsor pubblici e privati, per un totale di oltre 21.000 ore di lavoro volontario gratuito. A queste si aggiungono le ore, circa 1.500, che ogni anno servono per mantenere in buono stato questo museo all’aperto.

    Sul monte Palon è presente la Croce votiva voluta dai possagnesi alla fine della prima guerra mondiale e ricollocata dagli alpini nel 1964, posta nelle vicinanze del rifugio perfettamente incastonato nella montagna e realizzato sempre dagli alpini di Possagno nel 1984. Nel settembre 2005 a coronamento del lavoro nelle trincee, all’inizio del percorso, è stata collocata la statua di un alpino in divisa del 1915-18, realizzata con pazienza ed anni di lavoro dall’alpino Armiro Scariot di Quero con l’utilizzo di frammenti e schegge in ferro saldati tra loro, raccolti sulle trincee del Grappa. Ma come nasce l’idea tattica di realizzare una munita postazione di artiglieria sul monte Palon?

    Questa altura con i suoi 1.306 metri di quota sovrasta il monte Tomba, il Monfenera e domina la linea del Piave fino al Montello. In particolare la stretta di Quero, che fu zona strenuamente contesa durante la Battaglia d’Arresto nella prima guerra mondiale, diede modo al monte Palon di far valere la sua posizione strategica: venne trasformato in una vera fortezza, con postazioni d’artiglieria in caverna, postazioni di mitragliatrici fortificate, postazioni di bombarde e di fotoelettriche, importantissimi osservatori e molto altro.

    Il 25 febbraio 1917 il maggiore Luigi Pollari Maglietta, incaricato dal gen. Cadorna di fare un sopralluogo sul massiccio del Grappa e lungo il Piave, scriveva: “Tenuto conto del fatto che le difese del fronte nord dell’Esercito, in caso di malaugurato ripiegamento sotto la pressione di un’offensiva avversaria, si spingerebbero a est del monte Grappa, ho esaminato l’opportunità di saldare fino a detto monte la linea del Piave… per cui sembra necessario curarne l’occupazione sia con appostamenti in osservazione lungo la cresta, sia con trincee a ridosso del ciglio interno, con azione in contropendenza.

    Dovrebbero rinforzare la difesa del Tomba adeguate postazioni di artiglieria di medio calibro sulle cime del monte Palon. Queste batterie permetterebbero di tenere in rispetto le artiglierie avversarie sulle cime opposte”. Così nacque, da un’intuizione strategica di Maglietta, il progetto di realizzare lungo i pendii del monte Palon, alcune gallerie installandovi le batterie per la necessaria attività di contrasto ed interdizione. D’altronde che non si trattasse dell’idea di uno sprovveduto lo dimostra anche tutta la sua carriera.

    I suoi suggerimenti vennero prontamente accolti ed attuati a cura del Comando Genio del 1° Corpo d’Armata, che provvide a realizzare in tempi brevi otto caverne, per altrettanti pezzi da montagna, con ricoveri e riservette per i serventi al pezzo e i loro ufficiali, un deposito munizioni, un osservatorio e tutto il necessario per il buon funzionamento della munita postazione. La particolare posizione di queste batterie consentiva di colpire d’infilata e addirittura alle spalle, le schiere austro-tedesche che salivano da Alano per aggredire, dal versante nord, il Tomba e il Monfenera. Se ne accorse lo stesso Rommel che nel suo diario di guerra scriveva: “Il mio distaccamento prende posizione nel settore del monte Pallone con l’ala sinistra appoggiata al monte Tomba e dà il cambio ai cacciatori prussiani che presidiano quel tratto. Il terreno è coperto dalla neve. Il freddo è per il momento sopportabile.

    Di giorno, i fucilieri devono starsene ben mimetizzati sotto i loro teli da tenda perché tutto il terreno sul quale sorge la posizione è esposto alla vista del nemico. Guai se l’artiglieria italiana o, peggio ancora, una bombarda prende di mira una postazione! Non si possono accendere fuochi, e il rancio arriva solo di notte. Ogni traccia lasciata sulla neve deve essere cancellata con somma cura. Qualche compagnia è ridotta a venticinque-trentacinque uomini. Particolarmente moleste si rivelano le bombarde italiane che arrivano da tre chilometri di distanza.

    Nella giornata del 30 dicembre 1917, la violenza del fuoco nemico contro il monte Tomba raggiunge il suo apice. Sono artiglierie italiane e francesi a sparare. Se il nemico dovesse avanzare dal monte Tomba ulteriormente nella direzione di Alano, resteremmo tagliati fuori e dovremmo aprirci di notte un varco verso la nostra linea. Nevica e fa più freddo! Nelle prime ore del mattino del 31 dicembre arrivano le riserve che colmano la falla sulla nostra sinistra. Questi reparti sono tuttavia esposti al micidiale effetto del fuoco dell’artiglieria nemica che spara dalla direzione del monte Pallone. Il comando decide perciò di ritirare il fronte due chilometri più a nord. I fucilieri da montagna occupano saldamente le posizioni su monte Pallone e sul monte Tomba, con un freddo gelido, fino alla tarda notte del 10 gennaio 1918”.

    Maglietta aveva subito intuito, si badi bene, con otto mesi d’anticipo sulla rotta di Caporetto, che il lato est del massiccio del Grappa era il più esposto ai pericoli di un assalto da parte delle irrompenti truppe della duplice monarchia. Ceduto il fronte sul Grappa, conquistata Bassano, gli altipiani di Asiago, attaccati da sud, quanto avremmo potuto resistere? E la linea del Piave avrebbe tenuto, una volta approdati gli austriaci sulla sponda destra? È vero, la storia non ammette repliche, anche se a volte si ripete, per cui può sembrare futile chiedersi cosa sarebbe potuto accadere. Ma una riflessione va comunque fatta, se non altro per esprimere doverosa riconoscenza a chi seppe vedere chiaro in un momento buio della storia militare italiana.

    Gianni Idrio