Sulla naja

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    Caro don Bruno, seguo da tempo sul nostro mensile il dibattito per la reintroduzione della naja, così come la meritoria iniziativa dei campi estivi per ragazzi, con l’intento di tramandare alle nuove generazioni i valori della alpinità. Scrivo queste mie righe nel corso di una guerra di aggressione al popolo ucraino (che si svolge sostanzialmente proprio nelle terre del Don, che il Corpo degli alpini ben conosce) che di fatto porteranno nel prossimo futuro uno stravolgimento completo del nostro mondo, una profonda cesura economica, politica, militare, rispetto agli attuali assetti dell’Europa, con il ridimensionamento del globalismo. In questo scenario, cambia completamente anche la questione dell’assetto dello strumento militare italiano, aprendosi spazi interessanti per una profonda revisione del medesimo. Non credo che si andrà verso una reintroduzione della naja come l’abbiamo conosciuta noi. Sarebbe troppo costosa e incompatibile con le elevate tecnologie ormai dominanti e che chiedono elevatissime professionalità e lunghi addestramenti per padroneggiarle. Ma la necessità di un prossimo incremento sostanziale degli effettivi delle Forze Armate può aprire degli spazi che l’Ana deve occupare. Esempi nel mondo ci sono, andrebbero studiati ed esaminati con cura e proposti adattandoli alle nostre esigenze. Penso al modello svizzero dei riservisti, a quello americano, eccellente, della Guardia Nazionale, a quello finlandese. L’Ana dovrebbe impegnare le sue migliori risorse (e ne abbiamo!) per proporre un modello credibile e sostenibile finanziariamente di riservisti da proporre al Paese, alla politica. In questo progetto ci sarebbe sicuramente un grande spazio per gli alpini. In qualche modo, si tornerebbe alle radici, con reggimenti territoriali a base semivolontaria a presidio dei confini, lasciando ai professionisti i compiti di fanteria leggera che così brillantemente svolgono ogni giorno.

    Luca Weiss, Gruppo Gries, Sezione di Bolzano

    Grazie caro Luca di questo scritto, che analizza con lucidità il problema degli “spazi” militari. Hai ragione nel distinguere la professionalità di un servizio indispensabile per la difesa della Patria, da quelli che sono servizi che necessitano di manovalanza. Anche il governo lo ha capito e speriamo si traduca presto in decisioni operative.