SMALP, ovvero la scuola dell’alpinismo militare

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    Gli alpini di ieri e di oggi hanno voluto celebrare il 75º compleanno del loro prestigioso Istituto anche con un convegno proprio in queste sale dove più vivo è il ricordo degli uomini che gli hanno dato lustro nel campo dell’alpinismo e dello sci in quell’ultimo breve periodo di pace intercorso fra la nascita della Scuola Militare Alpina e l’inizio del 2º conflitto mondiale. Li rappresenta tutti uno di loro, il sergente Achille Compagnoni. Battezzata il 9 gennaio 1934, la Scuola era stata affidata cinque giorni prima al ten. col. Luigi Masini, coadiuvato dal capitano Felice Boffa Ballaran.

     

    Toscanaccio dalle gambe storte , così lo ricorda un giornalista alpino, reduce della Libia e del Carso, due Medaglie d’Argento, Masini durante la ritirata di Caporetto aveva menato di santa ragione un ufficiale di cavalleria che in calesse si apriva la strada fra le truppe a colpi di frustino. Miscredente, aveva fatto battezzare il figlio dal suo cappellano, don Santini, che chiamò don Diavolini dal giorno in cui l’aveva visto risolvere una situazione critica a raffiche di mitragliatrice. Boffa Ballaran, biellese, già subalterno nel btg. Monte Cervino edizione ’15/’18, conosceva le Alpi come le sue tasche. Nel 1931 aveva sbalordito il mondo alpinistico quando, col suo mezzo toscano fra i denti, era partito da Bressanone e a filo di cresta in 4 settimane aveva raggiunto il Monte Rosa.

    Nel 1936 creò in Aosta il btg. Duca degli Abruzzi , un reparto super completamente sci montato (subito ribattezzato dagli alpini sci munito ), che lo stesso anno compì la traversata tattica delle Grandes Murailles tra la Valpelline e la Valtournanche, prima di scalare tutte le cime del Monte Rosa. Dopo due soli anni di vita la Scuola si presentò alla ribalta internazionale per rappresentare l’Italia alle Olimpiadi invernali di Garmisch Partenkirchen nella gara di fondo e tiro per pattuglie militari, osservata con curiosità dai mostri sacri dello sci scandinavo.

    Nulla fu lasciato al caso: ricognizione accurata della pista perfino la notte precedente la gara, sci svedesi, tute calde e leggere appositamente confezionate, armi e cartucce speciali e una botta segreta: un sacchetto di piombini disposti nello zaino in modo che all’oscillazione del busto fornissero un supplemento di spinta (l’eterna chimera del piombo trasformato in oro); ma forse fu più efficace la cucina dell’alpino Ferrario, olimpionico delle tagliatelle .

    Il 14 febbraio 1936, fra l’entusiasmo degli sbalorditi spettatori italiani, il capitano Enrico Silvestri, il sergente Luigi Perenni, gli alpini Sertorelli e Scilligo precedettero i finlandesi di 14 e gli svedesi di 7′. Fu la prima medaglia d’Oro olimpica invernale per l’Italia. Perenni, altoatesino (vero cognome Prenn), era stato dapprima sottufficiale di fanteria a Novara: capitato ad Aosta durante una licenza, i suoi amici lo avevano presentato a Masini insieme a un nutrito curriculum sportivo. Poco tempo dopo ritornava ad Aosta col cappello alpino in testa, convocato per Garmisch.

    A Roma i quattro vincitori furono ricevuti al Quirinale dal re, da Pio XI in Vaticano e da Mussolini, che li accolse, scrisse un giornale Col suo più bel sorriso, avvolgendoli in uno sguardo di fiero compiacimento ; emozionatissimi scesero dalla tribuna incespicando. L’anno precedente, richiamata dal congedo per istruzione, era giunta ad Aosta la guida alpina Emilio Comici, triestino, subito trasferito alla scuola come istruttore dei corsi di alpinismo. Fu sua l’elaborazione del progetto della palestra di roccia del castello Cantore, per la quale si avvalse come disegnatore di Toni Ortelli, tecnico della Cogne, più noto come autore della canzone La Montanara . Congedato da sergente nel 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale, Comici presentò domanda di arruolamento come alpino volontario, respinta a causa dei suoi quarant’anni.

    Sono un po’ abbacchiato perchè non mi hanno voluto, ma mi sono rassegnato . Perse la vita l’anno dopo per la rottura di un cordino durante un’arrampicata in Val Gardena, dalla quale intanto erano affluiti ad Aosta quegli alpini di leva che realizzarono i bozzetti di legno che si trovano distribuiti in questi saloni, raffiguranti i momenti più caratteristici della tecnica alpinistica, e alcune delle sculture ora nella rotonda d’ingresso.

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    Fra di esse avrete forse notato, appoggiato su basamento, il trofeo Mezzalama, premio della gara di sci alpinismo per tre uomini in cordata, che si correva e si corre tra Cervino e Monte Rosa. Nel 1935 era stato caposquadra del trio vincitore Enrico Silvestri; nel 1936 toccò al tenente Francesco Vida, goriziano, che era stato alfiere della Nazionale azzurra a Garmisch e sarà primo comandante della Scuola nel dopoguerra. Seconda fu la squadra di Giuseppe Lamberti e Achile Compagnoni. Lamberti, futuro comandante del btg. Monte Cervino in Russia, era un ufficiale grintoso, ostinato, dotato di una resistenza fisica eccezionale.

    A causa di un errore di percorso dovuto alla nebbia e alla rottura di una pelle di foca, la sua squadra era giunta alla capanna Sella in forte ritardo. Silvestri, capo delegazione, ne propose il ritiro, ma Lamberti si oppose: Siamo a metà gara, sono io che comando la pattuglia e non mi ritiro e rivolto a Compagnoni: Achille, diamoci dentro e facciamo vedere chi siamo .

    Ripartirono alla disperata, rosicchiarono 10′ a Vida, giungendo stremati ma secondi al traguardo del Gabiet applauditi da 24 spettatori. Achille Compagnoni era stato trasferito, ventenne, dal btg. Tirano alla Scuola di Alpinismo in tempo per partecipare al giuramento sul monte Bianco nel giugno ’35 e l’anno successivo al Mezzalama. In occasione degli allenamenti al Breuil, durante un pomeriggio di riposo, lui, Perenni, Schranz e Scilligo si erano concessi una scappatella su sci di fondo con itinerario: colle del Teodulo, Zermatt e ritorno. All’arrivo li attendeva impassibile Vida che smorzò subito gli entusiasmi di quei quattro sconsiderati che avevano invaso in uniforme il territorio neutrale dei suscettibili elvetici: Qui tutti sono utili, nessuno è indispensabile .

    Qualche tempo dopo, raccontava Compagnoni, quando dovetti improvvisarmi barbiere per accorciargli i capelli, per l’emozione gli portai via un pezzetto d’orecchio . Ritornerà alla scuola nel 1941, richiamato per i campionati del mondo di sci a Cortina dove, col sergente Perenni, fu terzo in classifica nella gara per pattuglie militari. Per ordine del principe Umberto di Savoia, presente alla competizione, Perenni fu promosso sottotenente e i suoi gradi di sottufficiale furono ricuciti sulle maniche di Compagnoni, il quale dodici anni dopo sarà convocato per la spedizione del K2.

    La gloria della vetta conquistata nel 1954 con Lacedelli venne funestata dalla morte dell’amico Mario Puchoz, compagno di spedizione: colpito da infiammazione ai bronchi e costretto a passare una notte in piena bufera bloccato al campo in allestimento, Puchoz non si era perso di coraggio: Me la sono cavata sul Don e me la caverò anche stavolta . Ma dovette arrendersi: fu sepolto su un terrazzino proteso sul ghiacciaio a ottomila km dalla sua Courmayeur. Una croce di legno, 13 candeline quante i componenti della spedizione e il canto sommesso di Montagnes Valdotaines .

    Il Mezzalama del 1937 fu decisivo per l’assegnazione del trofeo. Per esigenze turistiche il percorso fu abbordato a ritroso e la pista tracciata sulle orme del leggendario ebreo errante: partenza da Gressoney e traguardo a Plan Maison. Il tenente Fabre, il sergente Perenni e l’alpino Viviani adottarono sci più corti e curarono al massimo la leggerezza degli indumenti. Non usavamo mutandoni ricordava Fabre troppo fastidiosi: preferivamo impomatarci ben bene e indossare tute leggere . Ma ci fu chi si privò dei bottoni, tagliò le stringhe a metà, eliminò il ponpon dal berretto, si privò dell’onor del mento, disegnò finte lamine con vernice. Nelle prime edizioni i concorrenti, scesi dalla corriera al Breuil, raggiungevano su sci i 3317 metri del Teodulo, punto di partenza.

    Col percorso a ritroso, calzati gli sci a Gressoney, salivano fino alla capanna Gnifetti: duemila metri di dislivello. In una giornata di sole e vento (sulla cresta del Castore molti procedettero a cavalci
    oni e due concorrenti dichiararono che sui paurosi strapiombi avevano visto la madonna), la cordata Fabre Perenni Viviani si impose sugli avversari per 8′ e il primo (e unico) trofeo Mezzalama triennale consecutivo, fu assegnato definitivamente alla Scuola. Dopo la parentesi bellica il Trofeo rinascerà negli anni settanta, quando compaiono sulla scena le squadre femminili: la prima a salire sul gradino più alto del podio sarà nel 2003 quella del caporal maggiore Chiara Raso, del Centro Sportivo Esercito. Oggi gli alpini si trovano appaiati ai Forestali per il numero di vittorie. A quando la bella?

    Umberto Pelazza <! pagebreak >

    Una tradizione di 75 anni, celebrati in buona salute

    Venerdì 9 gennaio ad Aosta è stato ricordato il 75º anniversario della fondazione: 9 gennaio 1934. Le celebrazioni, alle quali ha partecipato anche il nostro presidente nazionale Corrado Perona, sono iniziate con la S. Messa officiata dal vescovo monsignor Giuseppe Anfossi nella cattedrale di Aosta, seguita dalla deposizione in piazza Chanoux di una corona di alloro al monumento al Soldato Valdostano.

    Successivamente, nel Salone Ducale del Comune di Aosta, il sindaco Guido Grimod, il comandante del Centro Addestramento Alpino, generale Claudio Berto ed il comandante delle Truppe Alpine generale Bruno Petti, hanno rievocato la fondazione della Scuola Centrale Militare di Alpinismo. Nel pomeriggio, nel Castello Cantore si è svolto il convegno Alpini ed Alpinisti 75 anni di storia , moderato da Carlo Gobbo. Sono state ripercorse le tappe principali della storia della Smalp e degli uomini che l’hanno resa grande, dalla sua fondazione agli anni Novanta, alle ultime spedizioni e alle interazioni con l’alpinismo internazionale.

    Hanno svolto relazioni i generali Claudio Berto, Roberto Stella ed il col. Umberto Pelazza. Hanno quindi preso la parola il maggiore Remo Armano, i primi marescialli Ettore Taufer e Marco Albarello, gli alpinisti Arnaud Clavel ed Agostino Da Polenza. Ha chiuso gli interventi il presidente nazionale Perona, che dopo aver commemorato l’anniversario del Centro Addestramento Alpino ha riportato ricordi personali e aneddoti, simpatici e nostalgici, della sua permanenza alla Smalp. Ricordi d’un tempo lontano, ma sempre vivi nella memoria e nel cuore.

    Remo Gobetto

    Pubblicato sul numero di febbraio 2009 de L’Alpino.