Ricordi di un animo alpino

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    Carissimo direttore, sono un semplice vecchio alpino, nato domenica 15 dicembre 1935 durante la dottrina e la benedizione pomeridiana e mamma Lucia mi chiamò Umberto. Ho fatto il servizio militare da luglio 1957 a dicembre 1958 e il Car a Montorio Veronese e poi a Merano. Le mie note caratteristiche finali non sono affatto brillanti, ma sono stato il segretario particolare di ben tre generali e di un Capo di Stato Maggiore, presso il comando brigata Orobica nella palazzina Huber a Merano. Svolgevo il mio lavoro nell’Ufficio Personale e Benessere, ottimamente guidato da un maresciallo maggiore aiutante di battaglia, reduce della guerra d’Africa. Aggiungo una nota di colore: dopo la prima settimana di presenza in palazzina avevo racimolato 45 giorni di consegna. Disertavo l’ufficio nei giorni di martedì e venerdì, mi aggregavo alla compagnia ed andavo in marcia. Mi piaceva il mio lavoro, ma guardavo le montagne maestose e mi attiravano da morire e così mi sentivo felice mentre camminavo fra boschi, prati e ghiaioni. Riuscii a farmi esonerare dalle “cartacce” dell’ufficio e poter scarpinare per tutto il campo invernale e per tutto il campo estivo. E fu così che vissi direttamente quello che racconterò. A Merano c’era il reparto salmerie che poteva contare su circa duecento cavalli ed altrettanti muli. I cavalli erano della razza proveniente dalla Valle di Avelengo e con essi trascorsi il campo invernale. Ricevo regolarmente L’Alpino ma non ricordo di aver mai letto qualcosa che potesse riferirsi ai cavalli e del loro impiego. Ho deciso così di rispolverare la memoria di un animale assai tranquillo, robusto, resistente al freddo e grande camminatore. Nelle relazioni inviate al comando brigata Orobica gli ufficiali, pur lodando le qualità dell’animale segnalarono che il passo del cavallo non si abbinava con quello del conducente e cioè andava troppo veloce creando parecchi disagi ai militari durante le marce settimanali o nei trasferimenti nei campi estivi ed invernali. L’allegro quadrupede, ancora oggi assai stimato, usato ed allevato dalla gente di collina e di montagna, sparì dalla caserma e dimenticato. Io ho avuto l’opportunità di vivere anche la presenza dei muli e ho potuto osservarli e conoscerne i comportamenti: il confronto è venuto spontaneo. Oggi con amarezza si deve constatare la scomparsa degli instancabili compagni di tante scarpinate sui sentieri di montagna e con loro il meraviglioso “sapore di montagna”. Un sospirone e… gli occhi lucidi.

    Umberto Vanotti Costa Volpino (Bergamo)

    Caro Umberto, leggere la tua lettera e sentirmi di buon umore è stato tutt’uno. Ironia, spontaneità, passione per la montagna, per gli animali… quanto animo alpino c’è nel tuo scritto. E poi questo atto di doverosa giustizia verso i cavalli, messi in secondo piano rispetto agli amati muli. Animali meravigliosi, con l’unico torto di avere il passo svelto.