Ricominciare daccapo

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    Trentaquattro mesi fa è calato il sipario. E dietro a quel drappo pesante di velluto bordeaux tutto è cambiato, scombinando scenari e abitudini. Ciò che di nuovo c’è ora non coincide affatto con il futuro che Luca aveva immaginato. Quel giovane alpino ferito in Afghanistan, il 18 gennaio del 2011. Accanto a lui cade, per sempre, Luca Sanna. Sono attimi, una serie infinita di fotogrammi che l’angoscia, l’inquietudine hanno scolpito nella memoria e che resteranno impressi così, fino all’ultimo giorno. Luca Barisonzi si è risvegliato fermo.

     

    Un uomo diverso, con limiti insormontabili oltre i quali spingersi per ritornare a vivere. Un giorno dopo l’altro. Timidi, con riguardo siamo andati a trovarlo. I secondi che occorrevano a percorrere il corridoio che dritto conduceva alla sua stanza d’ospedale, non si misuravano in tempo, ma in pensiero. In noi un fluire concitato a cercar parole adatte, a trovare la faccia giusta da mostrare a Luca. Poi una volta lì, in piedi accanto al suo letto, ci scoprivamo nudi: era Luca a sorridere e noi a piangere. Era Luca a parlare di destino. E noi in silenzio. Tutti coloro che si sono ritrovati gli occhi scuri e profondi di Luca piantati nei propri, hanno imparato qualcosa. Tutti, nessuno escluso. Sono centinaia le persone che hanno deciso di entrare, anche solo come comparsa, in questa meravigliosa storia di vita. Gli alpini a capofitto con vigore, accanto alla madre, al padre, ai fratelli e alla fidanzata. Hanno fatto, com’è loro consuetudine.

    Hanno costruito una casa per Luca, come un abito su misura. Nel suo paese a Gravellona Lomellina; una terra piatta dove il sole al tramonto scende piano lungo la linea dell’orizzonte in un’immensità dorata che abbraccia ogni cosa e accende i campi di grano, i boschi di betulle e di acacie. Ha scelto di vivere qui Luca, di accettare l’appartenenza offerta dal gruppo di Vigevano che gli è accanto da sempre. Marco Bocellini, capogruppo, qualche giorno fa lo ha invitato ai festeggiamenti legati al cinquantesimo insieme al presidente della sezione di Milano Boffi e al presidente Favero. E proprio Favero si è raccomandato di non sciogliere mai quel nodo che ci lega a Luca, ma anzi di stringerlo, assicurandolo all’immaginaria cordata che è la famiglia alpina. Accorciando il passo, se necessario.

    Perché il quotidiano stordisce, distrae e allontana molto spesso gli animi da ciò che dà senso ad ogni cosa: l’amore, qualsiasi abito vesta. E Luca ne è un esempio. Nei suoi occhi, la forza. A tratti qualche malinconia, ma chi non ne ha? Poi tira un respiro: “Rifarei tutto, solo toglierei la morte di Luca, ma rifarei tutto. Questo è il mio destino”. Investiti da queste parole, restiamo così. Con in bocca il sapore autentico della vita.

    Mariolina Cattaneo