Sono passati quarant’anni, ma sembra solo ieri, quando il Friuli conobbe, col terribile terremoto, uno dei momenti più dolorosi della sua storia. Una prima scossa a maggio. Poi tante scosse, come un singhiozzo continuo che scuoteva il petto della terra. Le chiamavano di assestamento e la gente imparò a conviverci convinta che il peggio fosse passato.
Una pura illusione, seppellita da un’altra terribile scossa nel mese di settembre. Quel che rimase alla conta finale era un numero terribile di morti e una distruzione spettrale, che prendeva il cuore solo a guardare. Quarant’anni dopo, quella vicenda va ricordata, non solo per un doveroso tributo alle genti friulane, ma anche perché fu lo scenario in cui gli alpini scrissero una delle loro pagine più belle. Per non dimenticare come siamo soliti dire.
Marco Mattiussi
La vicenda del Friuli, come l’Irpinia, L’Aquila e altri luoghi analoghi colpiti dal terremoto, va ricordata per molte ragioni. Prima di tutto per risvegliare la coscienza di chi ha responsabilità nella gestione del territorio. Sistemi antisismici, regolamentazione dei piani urbanistici, messa in sicurezza delle varie strutture, cominciando da quelle scolastiche, vanno considerate priorità in vista di possibili futuri eventi calamitosi. Ricordare il Friuli è anche, come tu hai sottolineato, un doveroso riconoscimento alle sue genti. La rapidità con cui furono rimesse in piedi le varie strutture e l’altissima qualità degli esiti raggiunti sono un miracolo di quella italianità che tutti vorremmo da esportazione, dentro e fuori i confini del Paese. Infine, come tu ricordavi, il Friuli del terremoto fu la grande scenografia in cui brillò il cuore e il genio degli alpini. Fu a partire da allora che il nostro volontariato assunse quella connotazione strutturale che oggi va sotto il nome di Protezione Civile. Nei prossimi mesi ci saranno più cerimonie per ricordare quegli avvenimenti, che si concluderanno a settembre con la presenza ufficiale dell’Ana. Ma di questo vi daremo notizia.