Per tornare a seminare fiducia

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    Sono a un Comando militare. Mi hanno invitato per una colazione. Quelli “studiati” oggi chiamano così il pranzo, a differenza di noi vecchi ruspanti che davamo quel nome a un’abbondante scodella di caffelatte con un po’ di pane. I miei ospiti sono così gentili e accoglienti che, la prima cosa che mi viene in mente è notare l’evoluzione che il mondo militare ha fatto in questi ultimi anni.

    Le caserme, un tempo chiuse nel bozzolo autoreferenziale, come se fossero le custodi di chissà quali segreti di Stato, ora dialogano con la società civile in un reciproco scambio di collaborazione e di stima. Buona cosa e bel segno. Sono immerso in questi pensieri, quando il comandante mi porta in una stanza di cimeli storici. È deformazione professionale quella che mi fa buttare l’occhio sopra un tavolo dove stanno alcuni giornali ingialliti. Sono graficamente così lontani dalla nostra concezione estetica che mi sembrano appena usciti dalle tipografie di Gutenberg nel XV secolo.

    Di fatto, il primo che prendo tra le mani è semplicemente del 1962, quando già stavo alle superiori. Lo sfoglio curioso. Mi colpisce il titolo a quattro colonne: “1943 – Nikolajewka – 1963”. Scopro con emozione che ho tra le mani il numero 12 de L’Alpino, anno 1962. Lo sfoglio con avidità. Di fatto sembra quasi un numero monografico dedicato alla grande ritirata di Russia nelle parole dei tanti superstiti. Poi, però, sono attratto da un pezzo minore, che mi riporta al presente. “La 36ª Adunata Nazionale, secondo Appello”. Leggo avidamente. “L’Alpino metterà in cima a tutti i buoni propositi quello di voler essere presente all’Adunata Nazionale di Genova. Egli avrà già contrassegnato in rosso le date 16-17-18 marzo 1962. Più che un richiamo esse costituiscono un impegno e un appuntamento a cui non si dovrà mancare”. L’italiano si presta a qualche segno di matita rosso e anche la precisione latita, perché la data esatta è quella del 1963. Ma poco conta. Quel che conta sono le motivazioni che vengono addotte per non mancare.

    “La superba rassegna delle nostre forze, oltre a testimoniare la potenza numerica e morale delle Penne Nere delle varie regioni alpine d’Italia, che non si considerano mai in congedo dal dovere di sentirsi Alpini, riconfermerà la ragione d’essere della nostra Associazione, l’alto valore e la fede del suo operare. Nei riguardi poi dei singoli partecipanti, il rinnovato sentimento di fraternità, l’effusione spontanea degli animi, il colloquio dei cuori attraverso ai tanti ricordi, ai canti, ai fraterni abbracci, darà gioia e poesia all’animo di ciascuno. I due aspetti pertanto dell’Adunata, quello dimostrativo e quello sentimentale, rappresentano il volto e l’anima della nostra Famiglia”. Il linguaggio è quello che è, ed è figlio del suo tempo, ma le motivazioni che raccontano sono di un’attualità impressionante.

    “Finalmente” abbiamo titolato questo numero del nostro giornale. Per affermare che andiamo a Rimini-San Marino per dire che noi ci siamo davanti al Paese. Soprattutto per dire che ci siamo per il Paese. Ma soprattutto per recuperare quella dimensione affettiva dei nostri incontri che un micidiale virus invisibile ha mortificato per troppo tempo. Andremo sulla costa romagnola a riaccendere la speranza. Papa Francesco, in una sua enciclica, ha detto che il tempo è più grande dello spazio. Lo spazio è quello del presente, popolato di paure, di guerre, di preoccupazioni economiche, di povertà… Ma il tempo è quello più grande del futuro. Che noi alpini, lontani da ogni retorica, vogliamo pensare e progettare perché sia migliore. Ecco perché Rimini-San Marino non è un treno in ritardo. È piuttosto una opportunità. Per ricominciare, senza delusioni e atteggiamenti rinunciatari. I semi di speranza nel domani partono anche da qui.

    Bruno Fasani