Consegnata a Giovanni Paolo II la petizione dell’ANA per sollecitare la canonizzazione di don Gnocchi, cappellano degli alpini.
Lo scorso 30 novembre il Vaticano ha accolto gli alpini giunti a Roma all’udienza concessa dal Santo Padre, nel corso della quale il presidente nazionale Beppe Parazzini ha consegnato a nome di tutti gli alpini la supplica per la canonizzazione di don Carlo Gnocchi. L’incontro è avvenuto nell’ambito delle celebrazioni per il centenario della nascita del cappellano degli alpini e nel cinquantesimo di attività della fondazione che oggi porta il suo nome.
Il processo di beatificazione di don Gnocchi, iniziato nel 1987, a trent’anni dalla sua morte, dall’allora cardinale Carlo Maria Martini, si è concluso nel 1991. La causa di canonizzazione è ora al vaglio finale della Congregazione delle Cause dei Santi. Il primo passo verso la canonizzazione è stato compiuto venerdì 20 dicembre scorso, quando il Papa ha dichiarato venerabile don Carlo Gnocchi.In sala Nervi c’erano il presidente della fondazione don Gnocchi mons. Angelo Bazzari, tanti ex allievi di don Carlo, ospiti della fondazione con i loro accompagnatori, una folta rappresentanza dell’AIDO, il sindaco di Milano Gabriele Albertini e i sindaci dei comuni in cui opera la fondazione, il neo comandante delle Truppe alpine maggior generale Bruno Iob, i tenenti generali Roberto Scaranari e Fulvio Meozzi già comandanti delle Truppe alpine, i rappresentanti delle congregazioni religiose e tanta gente. L’Associazione Nazionale Alpini ha partecipato con il presidente Beppe Parazzini, il vicepresidente vicario Corrado Perona, 16 vessilli con altrettanti responsabili sezionali e un centinaio di gagliardetti: 3000 penne nere in tutto. La sala Nervi era gremita in ogni ordine di posti: i disabili in prima fila, accanto le autorità civili, militari e religiose, i gagliardetti alpini che spuntavano disordinati tra la folla, i vessilli delle sezioni tutt’intorno come ad incorniciare la sala. L’enorme, splendida scultura di Fazzini imponente sul palco, dal quale si sono alzate le voci del coro A.N.A. Roma che ha intonato canti alpini. L‘entrata nella sala delle guardie svizzere ha annunciato l’arrivo del Santo Padre, accolto con un’ovazione dalla folla.Prendendo la parola, mons. Bazzari ha tratteggiato la figura di don Carlo anche nell’esperienza terribile della guerra, leggendo quanto egli stesso scrisse: In quei giorni fatali posso dire di aver visto l’uomo nudo, completamente spogliato, per la violenza degli eventi troppo più grandi di lui, ogni ritegno e convenzione, in totale balia degli eventi più elementari Eppure in tanta desertica nudità umana, ho raccolto anche qualche raro fiore di bontà, di gentilezza e d’amore… . Quell’idea di uomo ferito nell’intimo dalla quale, di ritorno dalla Russia, don Gnocchi ripartì per ricostruire sulle macerie della guerra: La prima e fondamentale di tutte le ricostruzioni è quella dell’uomo Bisogna rifare l’uomo , disse, e seppe restaurarlo grazie alla sua innata sensibilità educativa che profuse ovunque, soprattutto nell’opera meritoria in aiuto degli orfani di guerra, dei mutilatini e dei disabili. Un’opera che oggi vede la fondazione che lui stesso creò impegnata anche nella lotta contro il cancro: in tutto sono 21 i centri di assistenza in 9 regioni italiane, 34 ambulatori di riabilitazione, 2900 posti letto e oltre 3000 operatori di sostegno. Un vero miracolo per molti quello di affrontare con un conforto le sofferenze della vita, come ha raccontato una bambina eritrea di 8 anni ospite del centro don Gnocchi di Milano. Un miracolo che non sarebbe stato possibile senza l’opera di papà Carlo e l’impegno quotidiano dei volontari della fondazione. Papa Giovanni Paolo II, dopo i consueti saluti, ha confermato l’attenzione della Chiesa per don Gnocchi e per la fecondità dell’opera apostolica di don Carlo, un vero servo di Dio, imprenditore della carità . E, ripercorrendone la vita al servizio dei bisognosi, il Santo Padre ha ricordato che fu l’amore il segreto della sua vita e condividere la sofferenza è il primo passo terapeutico, il resto lo fa l’amore . Al termine dell’intervento il presidente Parazzini ha consegnato la supplica dell’Associazione nella quale sono raccontati gli eventi che fecero nascere il fraterno affetto tra gli alpini e il loro cappellano, situazioni riassumibili con le parole che l’allora cardinale Montini, divenuto poi papa Paolo VI, pronunciò alle esequie di don Gnocchi: Quando, nei momenti più tragici della ritirata, egli promise ai morenti che sarebbe diventato padre dei loro figli orfani, e quando, guerra finita, egli guardò alla pietà immensa di file e file di ragazzi e di bambini mutilati dalla cieca crudeltà della guerra, la sua anima, completamente, si rivelò: era un soldato della bontà. Darsi per il bene degli altri, consolare, sorreggere, rieducare, far vivere, questa era la sua milizia, questa era la sua vocazione. Eroi eravate tutti; ma lui, per giunta, era un Santo . Molti alpini, negli anni, hanno rivolto i loro sforzi al volontariato e al sostegno dei più bisognosi, dovunque provengano le richieste di aiuto: La sua beatificazione si legge ancora nella supplica ci stimolerebbe a continuare con immutata, anzi maggiore, energia sui sentieri del bene, del volontariato, a cui più di 10.000 nostri associati si dedicano a tempo pieno, coinvolgendo nelle occasioni di maggiore bisogno tutti gli altri . Concetti che anche mons. Bazzari aveva espresso a conclusione del suo intervento: gli alpini rispondono lungo le trincee della solidarietà ai bisogni ai quali aveva fatto fede don Gnocchi . Al termine dell’udienza in sala Nervi il presidente Parazzini con una delegazione dell’A.N.A. e il comandante delle Truppe alpine Iob si sono intrattenuti in colloquio privato con il cardinal Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, presidente della Pontificia commissione per l’America latina e grande amico degli alpini: ogni anno partecipa al pellegrinaggio in Adamello, celebrando la S. Messa in suffragio di tutti i Caduti, all’Altare del Papa. Conclusa l’udienza in Sala Nervi, il cardinale Re ha accompagnato la delegazioneANA a visitare le sale del Vaticano.Quello di Roma è stato un avvenimento senza precedenti nella storia dell’Associazione, che testimonia il forte legame tra gli alpini e don Carlo. Un incontro che si può riassumere come uno scambio di abbracci: un abbraccio grande come i tanti che don Carlo diede agli alpini nei tormenti della guerra, ai piccoli orfani, soffrendo con loro, e a quanti incontrò sulla sua strada. E un abbraccio a don Carlo da quanti oggi ammirano la grandezza delle opere di bene che avviò, come l’Opera per gli orfani e i mutilatini e che altri portano avanti in suo nome, con dedizione.Ci piace concludere con le parole del Papa nel 1997 e riportate nella nostra supplica: Allora, Beatissimo Padre, diceste che quella di don Carlo era stata una grande sfida, che egli aveva affidato ai suoi amici, secondo quella sua celebre frase di morente: Amis, ve raccomandi la mia baracca Noi Alpini Italiani ci sentiamo quegli amici, che non si stancano di sostenere la baracca del loro antico Cappellano . |