Pensieri in viaggio

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    I pensieri seguono spesso percorsi non previsti. Così mi trovo a riflettere sugli alpini come testimoni di una storia unica al mondo. Le due ore di autostrada che mi separano da casa dopo la visita a Corrado Perona, intervistato per il suo 90º compleanno, mi aiutano a riflettere, cercando di proiettare sul parabrezza, come fanno i piloti da caccia sui loro head up display, un affresco che unisca gli alpini di ieri, oggi e domani.

    Impresa titanica, certo superiore alle mie forze e alle mie conoscenze, ma mi cimento ugualmente nello sforzo (sperando anche nella benevola comprensione di chi vorrà seguirmi in queste pensieri). L’invidia è per gli alpini come Perona, a cui la sorte ha concesso lunga vita in buona salute e per i quali il ruolo associativo è coinciso col massimo splendore delle forze Ana: ai suoi occhi la storia con la penna nera si è dipanata per decenni forte e sicura, muovendo in un solco profondo, tracciato da generazioni di alpini passati attraverso una storia valorosa, quanto tragica e carica di sofferenza. E non oso pensare neppure a figure come Giovanni Alutto, splendido con i suoi 106 anni nella sala consiliare della Regione Piemonte nella recente Giornata del valore alpino.

    Non molto diversamente si può dire anche per le generazioni immediatamente successive, a cui l’anagrafe ha risparmiato le prove della guerra e ha concesso di crescere, associativamente parlando, a contatto diretto coi reduci, la cui statura morale era tale da non creare titubanze di alcun tipo. Abbiamo seminato bene? Onestamente credo di sì, anche se ogni tanto capita di incontrare alpini che sembrano preoccupati soprattutto delle (loro) cariche associative: le nostre Sezioni poggiano in genere su basi molto solide e molti presidenti sono sufficientemente giovani. Ma scrutando nella profondità del parabrezza intravedo una zona dai contorni indefiniti, che richiede un impegno straordinario di concentrazione e orientamento.

    Gli alpini hanno goduto, e in gran parte godono, di una cospicua eredità di consenso. Ma la nostra società è in trasformazione rapidissima: chi ha meno di 40 anni non ha mai messo piede in una caserma; forse può contare sull’esempio in famiglia di chi il cappello alpino l’ha portato, ma chi ne ha meno di venti (e sono gli individui che tra pochi anni avranno in mano le leve dell’opinione pubblica) no. Certo, l’Ana insiste lodevolmente sulla strada di chiedere allo Stato di reintrodurre un servizio obbligatorio di alcuni mesi per tutti i giovani, obiettivo auspicabile, ma, per ora, nell’ambito delle possibilità più che delle probabilità.

    Credo che nessuno dissenta sulla necessità di non disperdere il patrimonio di valori, tradizioni e capacità costruito dalla nostra amata Associazione: ci sono forme giuridiche che consentirebbero di tramandarlo senza snaturare l’essenza di associazione d’arma. Ma nell’attesa sul mio parabrezza dei pensieri si disegna una via obbligata: dobbiamo incidere, utilizzando tutti gli strumenti più moderni di comunicazione (dai fumetti ai social network) sul mondo della scuola.

    Non è un mondo facile da avvicinare, proprio perché gran parte dei dirigenti e dei docenti appartengono alle fasce di età che più si allontanano dalla nostra storia: adesso, però, abbiamo un grimaldello in più, ovvero la Legge 44 del 2022 che ha istituito la Giornata della memoria e dal sacrificio degli alpini, prevedendo all’art. 4 proprio la possibilità che le scuole organizzino iniziative culturali in quest’ambito. Dobbiamo farlo, senza paura, perché il consenso prossimo venturo verrà da quei giovani.

    Massimo Cortesi