Di storia e memoria

    0
    86

    In prima fila Giovanni Marco Franceschini, prossimo a compiere 103 anni, reduce del battaglione Exilles del 3º reggimento alpini. A lui oltre duecento studenti delle scuole medie superiori e inferiori di Manerbio, Vobarno e Vestone tributano un lungo applauso. Potrebbe essere tutta qui la sintesi felice della prima celebrazione della “Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli alpini”, per la quale il Consiglio direttivo ha individuato come sede la città di Brescia, legata a filo doppio, di storia e memoria, alla battaglia di Nikolajewka.

    Così come il 26 gennaio, in memoria dello stesso giorno del 1943, è stato indicato da entrambi i rami del Parlamento come il più adatto a simboleggiare “i valori dell’etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato, che gli alpini incarnano” (art. 1 della legge 44/2022). E Brescia, pur già impegnata nel fine settimana successivo nelle celebrazioni solenni per l’80° anniversario dell’epica e tragica battaglia, ha risposto con un programma intenso, concentrato nell’arco di una sola giornata: ad iniziare dal mattino, con la resa degli onori a tutti i Caduti, nel cimitero monumentale Vantiniano, per proseguire nell’auditorium San Barnaba con un convegno moderato dal direttore de L’Alpino, Massimo Cortesi, che ha proposto, soprattutto in chiave storico pedagogica agli adolescenti degli istituti delle provincia bresciana, un approccio doppio al mondo degli alpini.

    Dapprima quello presentato col noto ed apprezzato ritmo ricostruttivo-analitico dal prof. Marco Mondini, dell’Università di Padova, anch’egli ufficiale alpino, sul tema “Dalla tragedia della guerra alla missione di solidarietà”: nella scelta di creare le prime compagnie per la difesa dell’arco alpino utilizzando gli abitanti stessi di quelle valli sta sin dall’inizio la ragione della popolarità e delle caratteristiche degli alpini, fratelli nella vita d’ogni giorno prima e fratelli in armi poi, che dimostreranno in ogni occasione disciplina, iniziativa e coesione straordinariamente naturali.

    «Gli alpini – ha ricordato Mondini – sono esseri un po’ particolari che prestano servizio, a differenza di tutti gli altri soldati di leva, guardando dalla caserma la loro casa». Un itinerario storico, che dopo le missioni in Africa passa dalla Prima guerra mondiale, scrivendo pagine tragiche e valorose come quelle dell’Ortigara per arrivare sino alla tragedia del Vajont nel 1963, quando ai bocia della Cadore che scavano a mani nude nel fango si affiancano i veci giunti da ogni parte delle vallate: la Protezione civile non c’era ancora, ma la grande famiglia alpina sì. E chiude Mondini citando la definizione del gen. Claudio Graziano, che guidò trent’anni fa i “soldati blu”, ovvero gli alpini di leva in missione per l’Onu in Mozambico: «L’alpinità è l’arte di fare cose di estrema difficoltà a volte in solitudine».

    E proprio di estrema difficoltà ha parlato poi il ten. col. Stefano Cordaro, comandante del battaglione Morbegno, che pochi mesi fa ha guidato con successo la spedizione in Perù degli scalatori delle Truppe Alpine dell’Esercito alla conquista della cima inviolata della Siula Grande (6.344 m): un racconto più emozionale che tecnico che, grazie anche ad un contributo video spettacolare, ha accompagnato tutti in questa splendida impresa alpinistica, portata a termine per coronare degnamente in alta quota il 150º anniversario di fondazione del Corpo degli alpini.

    L’ufficiale poi ha suggerito ai ragazzi il possibile percorso per scegliere la via alpina dell’uniforme. Proprio questo insolito connubio tra excursus storico-sociale e dimostrazione di alta capacità professionale ha affascinato non solo i ragazzi, ma anche il folto pubblico, a cui hanno illustrato, coi saluti di rito, i significati della Giornata il sindaco di Brescia, on. Emilio Del Bono, il gen. Alessio Cavicchioli, comandante del Centro addestramento alpino di Aosta, la viceprefetto vicaria Anna Chiti Batelli e il presidente nazionale Sebastiano Favero.

    Nel pomeriggio alpini e ospiti hanno potuto assistere in anteprima al film di Alessandro Garilli “La seconda via”, opera prima del regista e prima pellicola in assoluto ambientata tra gli alpini durante la ritirata di Russia: opera cinematografica intensa e commovente, che restituisce la dimensione di piccola- grande umanità ad una valorosa e crudele tragedia. Chiusura in gloria, anzi in musica, per la prima nazionale della nostra “Giornata”, con quasi 1.400 persone che al Gran Teatro Morato, sempre a Brescia, hanno applaudito il coro Alte Cime della Sezione di Brescia e la fanfara Tridentina “Andrea Morandi” di Donato Tempesta.