Penne nere e comunità

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    Il teatro Galli di Rimini è splendido. Potrebbe essere assunto ad emblema della voglia di ripartire. Bombardato nel 1943, è rimasto inutilizzato settant’anni, poi, nel 2018, la rinascita. Ora le strutture ottocentesche, ricostruite, sono tornate all’antico splendore, con l’aggiunta di un palcoscenico amplissimo dotato di tutte le tecnologie più moderne, con tanto di accesso veicolare diretto dal retro. È in questa sontuosa cornice che gli alpini, tornati in Adunata dopo due anni difficili di pandemia, hanno ringraziato in forma istituzionale la città di Rimini e la Repubblica di San Marino.

    L’incontro con le autorità non è certo uno dei momenti più appariscenti di un’Adunata, ma è molto importante, perché esalta i rapporti tra penne nere e territorio, una delle migliori caratterizzazioni alpine. L’incontro di Rimini ha arricchito questo aspetto con tante sensazioni positive: gli intervenuti (la Presidente dell’Assemblea regionale Emma Petitti, il Presidente della Provincia Riziero Santi e il sindaco Jamil Sadegholvaad) sono stati unanimemente concordi nel sottolineare i significati dell’essere alpino, con tutto quel che comporta: formate con un senso di disciplina non formale, addestrate in montagna, dove nessuno è lasciato indietro e lo sforzo è misurato sulle possibilità del più debole, le penne nere rispondono “presente” ogni volta che ci sia da aiutare, a cominciare dai più deboli. Impegno ricordato anche da don Vincenzo Barbante, Presidente della Fondazione don Gnocchi, il Beato alpino che ha ispirato alcune delle più grandi opere in Italia e nel mondo, che ora si sta adoperando anche a favore delle popolazioni dell’Ucraina, travolte dalla guerra.

    Un impegno che, ha detto il nostro Presidente Sebastiano Favero, vedrà agire anche l’Ana (che ha in atto iniziative a favore della gente di quel Paese) a fianco proprio della Fondazione. Al Consigliere nazionale Vittorio Costa è toccato il gradito compito di sottolineare la forse insospettabile “natura alpina” di Rimini, città che ha dato i natali a tanti che (a fianco dei volontari di San Marino) combatterono nelle file delle penne nere, tra cui Nelson Cenci. In teatro sono stati consegnati anche due riconoscimenti: uno all’Atleta dell’anno (premio istituito per il 150º del Corpo degli Alpini), andato a Omar Visintin del Centro Addestramento Alpino di Aosta, che ha vinto due medaglie nello snowboard alle Olimpiadi di Pechino e l’altro al Giornalista dell’anno, ovvero Beppe Severgnini, che ha scritto il libro “Un italiano” insieme al gen. Francesco Paolo Figliuolo (nel parliamo nel box qui a fianco), presente sul palco accanto al comandante delle Truppe Alpine, gen. Ignazio Gamba.

    Severgnini ha ricordato che “gli alpini sono gente seria” e che, conosciuto Figliuolo, non ha avuto esitazioni nello scrivere con lui il libro su vita e scelte del generale alpino divenuto commissario straordinario per il contrasto alla pandemia in Italia (a cui hanno collaborato tutti i volontari Ana, con 5,4 milioni di ore di lavoro gratuito in un anno). Figliuolo ha quindi sottolineato l’importanza della sua formazione come alpino e, oggi a capo del Comando Operativo di Vertice Interforze, ha commentato: «La situazione in Ucraina ci fa sperare che prevalga il buon senso, ma noi militari dobbiamo continuare ad impegnarci addestrandoci per garantire sicurezza al nostro Paese».

    Il gen. Gamba ha dal canto suo ricordato poi l’indissolubilità del legame tra alpini in armi e quelli in congedo, due facce della stessa medaglia, con identici sentimenti e valori, da trasmettere tenacemente, perché chi non conosce il passato non può avere un futuro. Questo concetto ha fatto sottolineare al Presidente Favero l’importanza del significato vero dell’istituzione all’unanimità da parte del Parlamento della giornata del 26 gennaio come Giornata del valore e del sacrificio alpino. «C’è chi si è concentrato solo sulla data – ha detto – senza considerare quanto espresso nell’art. 1 e cioè che si intende riconoscere il valore del messaggio e dell’impegno derivati dalla dolorosa esperienza di Russia: amore, solidarietà e desiderio di pace di quanti volevano solo tornare a baita e che una volta tornati non hanno più smesso di adoperarsi a favore dei più sfortunati. Noi – ha aggiunto – non siamo contro nessuno, siamo sempre ‘per’. Ed è anche per trasmettere questi valori che abbiamo avviato lo scorso anno l’esperienza dei Campi Scuola per giovani dai 16 ai 25 anni: 4 campi che quest’anno diventeranno 12.

    Perché non è vero che i giovani non hanno valori – ha concluso – hanno solo bisogno di apprenderli e quando lo fanno rispondono sempre. È un messaggio che vogliamo far passare anche a chi ci governa, perché si adoperi pensando ai nostri giovani, per il futuro della Patria. Noi alpini ci siamo e intendiamo continuare ad esserci».

    ma. cor.

     

    Francesco Paolo Figliuolo, Beppe Severgnini
    UN ITALIANO

    Quello che la vita mi ha insegnato per affrontare la sfida più grande Un libro scritto a due mani, dal giornalista Beppe Severgnini e dal gen. Francesco Paolo Figliuolo, Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, che si racconta. «Un ragazzo meridionale di periferia» che, dopo il liceo classico a Potenza e l’Accademia militare a Modena, segue il consiglio del colonnello che comandava il distretto della sua città: «Francesco, tu devi andare in artiglieria da montagna, perché lì si fanno le cose seriamente. E poi noi di Potenza siamo montanari…». Così diventa alpino, e l’idea di fare le cose seriamente è il principio che guida la sua carriera, dalle difficili missioni in Kosovo e in Afghanistan al Comando logistico dell’Esercito. Anche nel nuovo ruolo di Commissario e coordinatore della campagna vaccinale ha voluto fare le cose seriamente. Significa prendere decisioni basate su conoscenza, competenza, buonsenso e precisione. Significa cambiare strategia se la situazione lo richiede. Significa muoversi tra la politica, l’amministrazione, la sanità. Significa capire di quali persone fidarsi e di quali diffidare. Significa arrabbiarsi e poi farsela passare. Significa saper ascoltare, motivare e lavorare in gruppo. «L’Italia ha davvero tutto, deve solo imparare a metterlo insieme.» Ecco il compito che si è dato un italiano come il generale Figliuolo.

    Pagg. 304 – euro 19 Rizzoli editore – In tutte le librerie