Patrimonio alpino

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    Nel corso della sua ultracentenaria storia, l’Ana ha sempre beneficiato dell’apprezzamento della società civile, qualunque essa fosse, per il forte senso patriottico e per la sensibilità sociale dimostrati nei momenti che l’hanno vista spesso protagonista. Spulciando il Libro verde della solidarietà alpina si vede che sono stati 71 i grandi interventi dell’Ana nazionale, sezionale o locale; interventi nelle calamità, nelle ricostruzioni o nella edificazione di strutture di solidarietà sociale. Se poi guardiamo nello specifico le attività dei Gruppi, ore lavorate ed elargizioni a beneficio delle comunità, i numeri diventano enormi. Sono iscritto all’Ana da più di quarant’anni e ben ricordo i gesti di stima che si percepivano nelle tante nostre manifestazioni a tutti i livelli. La gente, tanta gente, si accalcava ai bordi delle strade e delle piazze per guardare gli alpini. Non chiedevamo nulla, ma vedere tanto affetto ed ammirazione ci invogliava a fare di più e di meglio. Del resto, ciò che sempre abbiamo fatto sta nel nostro Dna e si identifica in una sola parola: alpinità. Oggi il nostro essere alpini passa quasi inosservato in questa società moderna, direi piuttosto anomala, che forse ha perso i concetti valoriali del secolo scorso. Basta guardare alle nostre manifestazioni di oggi. Si è arrivati al punto di additare la nostra Associazione come un covo di ubriaconi molestatori, come successo pochi mesi fa, senza guardare al rovescio della medaglia: l’impegno ed il lavoro nelle tante comunità. La società è molto cambiata ma anche gli alpini sono cambiati: ai reduci si sono avvicendati i veci che a loro volta sono stati avvicendati dalle relativamente giovani leve. Ed in questo passaggio di competenze abbiamo sempre perso qualcosa. Nonostante tutto nei nostri Gruppi è rimasto vivo il concetto di alpinità, ossia l’essere al “servizio di…” magari vissuto in modo diverso, al passo coi tempi moderni, ma che ben fa sperare per il futuro che ancora ci rimane. Mi riesce difficile immaginare una futura società senza alpini, ma purtroppo prima o poi lo sarà. E come spesso succede se ne capirà il valore e si avrà nostalgia di ciò che non è più. Unico neo dei nostri Gruppi è la graduale perdita della memoria storica… ossia la conoscenza della storia assimilata tramite le letture e le frequentazioni dei nostri reduci. Quei reduci che la storia con immani sacrifici, l’hanno scritta, vissuta e tramandata.

    Gian Paolo Cazzago, Gruppo di Flero, Sezione di Brescia

    Caro Gian Paolo, se non ricordo male appartengo alla tua generazione e, quindi, ho vissuto e vivo come te (e come tanti, visto che i capelli grigi rappresentano la maggioranza delle nostre schiere) le trasformazioni sociali attraverso cui naviga la nostra amata Associazione. La sospensione della leva decretata nel 2004 ha creato, oltre ad un drastico calo del flusso di giovani che si iscrivono all’Ana, un gap generazionale di sensazioni attorno agli alpini: oggi la grandissima maggioranza di chi ha meno di 40 anni non ha mai messo piede in una caserma e quindi la sua idea e la sua percezione del servizio in divisa alla Patria sono andate scemando. Nelle regioni a tradizionale reclutamento alpino, dove più o meno ogni famiglia ha o ha avuto un parente alpino, il consenso attorno all’Ana è ancora intessuto al Dna sociale. Altrove, di generazione in generazione, tale consenso si attenua. Ma, paradossalmente, è proprio adesso che ai livelli istituzionali ci si rende conto di che patrimonio siano gli alpini per il Paese: non è un caso, infatti, che il Parlamento abbia pressoché all’unanimità, istituito il 26 gennaio come Giornata della memoria del sacrificio degli alpini, oppure che le donne delle Pari opportunità istituzionali abbiano premiato l’Ana per i suoi meriti di solidarietà sociale (ne parliamo in questo stesso numero). Il futuro associativo è un problema molto serio, tenuto al centro delle riflessioni nazionali: credo che presto alcune proposte verranno poste sul tavolo per mantenere saldo in prospettiva il patrimonio di valori da noi accumulato e dimostrato in oltre un secolo. Intanto spetta a noi, che coi reduci abbiamo avuto fortunatamente a che fare, impegnarci nei nostri Gruppi per trasmettere ai più giovani (che per fortuna sono ancora abbastanza numerosi) gli insegnamenti ricevuti: certo, traducendoli in esempio e valori da far pesare in una società sempre più autoreferenziale, legata ad una fama che spesso dura meno di una giornata, ma che, proprio per questo, ha bisogno delle solide spalle degli alpini.