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Il Gruppo Ungheria, Sezione Danubiana, ha partecipato anche quest’anno alla marcia organizzata dai riservisti ungheresi (Matasz) che ricorda i Caduti sul fronte del Don, nella ritirata o in prigionia. Storicamente la 2ª Armata ungherese confinava con il fianco sinistro dello schieramento italiano dell’8ª Armata (ARMIR) e con il Corpo d’Armata Alpino. La marcia si svolge su tre giorni e si snoda tra boschi e prati.
Ne facevano parte le fortificazioni in Cadore e nelle valli del Maè, del Cordevole, del Cismon, del Brenta, erette prima della Grande Guerra. “La linea di resistenza ad oltranza, convenzionalmente detta Linea gialla, era stata avviata a sistemazione nell’estate del 1916. Si estendeva a tutta la fronte montana del nostro schieramento strategico e aveva lo scopo -precauzionale- di appoggiarvi la difesa nel caso esigenze di manovra avessero imposto di trasferire unità in altri settori. Nel settore della IV Armata si svolgeva lungo le posizioni di: Cima Caldiéra, Monte Agaro, Monte Totoga, Monte Pavione, Monte Cimonega, Monte Tamer, Monte Framont, Monte Civetta, Monte Fernazza, Monte Antelao, Le Marmarole, Monte Tudaio, Le Terze, Casera Razzo.
Gentile direttore Fasani, questa è una lettera scritta a tre mani (due figlie e un nipote) per esprimere attraverso il suo giornale tutta la stima e l’amore per un grande alpino, nostro padre Mario Pianezze.
Il 12 giugno 1995 moriva a Lugano Arturo Benedetti Michelangeli, considerato unanimemente il più grande pianista di tutti i tempi. Nato a Brescia nel 1920, si diploma a soli 14 anni al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Uomo di personalità ed estro, qualità che riversava puntualmente nelle sue straordinarie esecuzioni, fu anche un grande appassionato di etnomusicologia nonché estimatore del canto popolare proveniente dalla tradizione orale. Il suo incontro con il coro della Sat negli anni ’50 ha dato il via a una vera e propria rivoluzione nell’universo satino prima e in tutto il movimento corale poi.
Gentile direttore, come componente di un coro alpino, vorrei avere il suo parere, magari suffragato o meno da qualche Maestro di altro coro, in ordine a questo argomento. Capita a volte, per quanto molto molto raramente, che qualche componente del coro trovi a ridire su alcune parole della canzone, su qualche riga o addirittura strofa dal contenuto/ significato un po’ “particolare”, “fuori tempo”, “fuori luogo”, con richiesta di sostituire le parole, la riga, la frase con altre, oppure non cantarle.
Grande festa nella sede della Sezione Argentina per il 50º anniversario del coro sezionale. Nella foto il Presidente Fernando Caretti sta per spegnere la candelina sulla bellissima torta preparata per l’occasione. Gli fanno ala il coro sezionale di Buenos Aires, a sinistra, e il coro del Gruppo di La Plata.
Mi ha colpito molto la lettera di Leo Spanu di Sorso (Sassari) sul n. 1 del 2015, dal titolo “Riflessioni sulla leva”. Ha ben ragione quando si chiede: “Il servizio di leva serviva a qualcosa?”. Ebbene sì, come servirebbe al giorno d’oggi! Non solo come afferma nella lettera: «Al recupero del senso civico in primo luogo, al tempo perso in attesa di un lavoro», ma io aggiungerei: alla formazione del carattere, alla rinuncia di una vita facile, al rispetto delle persone, all’impegno sociale, questi sarebbero i motivi per ripristinare il servizio di leva.
Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta! Le prime due strofe del nostro amato Inno nazionale. Durante un mio viaggio a Dubai, parlando con un abitante del luogo e vedendo il benessere della popolazione, gli altissimi e grandi palazzi, le ampie strade, i parchi curatissimi, l’enorme aeroporto, le piazze ed il mare pulitissimi, il tenore di vita e la felicità degli abitanti, mi sono permesso di dirgli: «Che miracolo compiono i petroldollari!».
Agile, svelto, con ottima memoria: sono le maggiori qualità di un alpino che nei giorni scorsi ha compiuto cent’anni. Le prime poppate di Armando Levis avevano il sapore dell’alpinità. Il padre, Piacentino, era un sergente del 1º reggimento alpini che pensava di aver pagato per sè e per la propria famiglia il debito con la Patria nel giugno 1917, sul Monte Ortigara, quando, ferito ad una gamba, rifiutò di abbandonare la posizione conquistata, nonostante il suo superiore gli ordinasse di recarsi al posto di medicazione.
Durante la festa annuale del Gruppo di Cellio si è svolta la cerimonia di gemellaggio fra il Gruppo di St. Pierre, Sezione di Aosta, intitolato alla Medaglia di Bronzo al VM sten. Eugenio Bochet, e il Gruppo di Cellio, sezione Valsesiana, intitolato alla Medaglia d’Oro VM Mario Bonini. I due alpini facevano parte del btg. Monte Cervino e trovarono insieme la morte il 29 gennaio 1941 sul fronte greco-albanese (Monti Trebescines, quota 1.514).
Caro direttore, il 10 aprile mi trovavo nel centro di Genova e, percorrendo via Vincenzo Ricci, nei pressi di via San Vincenzo, sono rimasto colpito da quel che ho visto sulle mura di un edificio, contrassegnato dal numero civico 4. L’edificio ospita, a quel che dice la targa affissa davanti all’ingresso principale, l’Asilo Tollot - Scuola Materna. Ciò che mi ha negativamente colpito è la trascuratezza riservata alla Bandiera d’Italia, il “nostro” amato Tricolore, esposto all’ingresso della struttura. Altro che «bandiera esposta in buono stato e correttamente dispiegata », come disciplina la legge (articolo 9, Dpr 7 aprile 2000, n. 121).
Nei primi mesi del 1919 si costituì un comitato promotore per la costruzione di un monumento ai Caduti di tutta la Valle Anzasca. Fu identificato come luogo più idoneo il poggio di Castigiasco, a 500 metri di quota, poco distante da Cimamulera. Il progetto, affidato all’ing. Andrea Fauser di Milano, da realizzare in sarizzo, la pietra locale estratta dalla montagna, non avrà compimento per difficoltà di vario genere. Nel 2007 gli alpini di Cimamulera decidono di recuperare l’antico progetto: lavorano alacremente per dissotterrare le pietre già tagliate all’epoca e le trasportano sul luogo dove sorgerà il monumento, realizzato su progetto dell’ing. Paolo Bortot.