Onore a quei Caduti in miniera

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    Marcinelle (Belgio): una delegazione della nostra Associazione guidata dal presidente nazionale. Le vittime della tragedia dell’agosto 1956 furono 262 di 12 diverse nazionalità 136 gli italiani, fra i quali 53 alpini Tante storie di sacrifici, sofferenza e dolore troppo presto dimenticate.

    DI CESARE DI DATO

    Roberto Del Fiol, presidente della sezione belga dell’ANA, se lo era ripromesso e alla fine è riuscito nel suo intento: organizzare l’annuale riunione dei presidenti delle sezioni europee nel complesso minerario del Bois du Cazier, a Marcinelle, e apporre una targa ricordo, a nome di tutta l’ANA, nel Sacrario che ricorda la tragedia di quarantanove anni fa, costata la vita a 262 minatori.

    Marcinelle è un sobborgo di Charleroi sulla Sambre, dove fiorì un’intensa attività estrattiva del carbone. Decine di migliaia furono i minatori italiani emigrati, prevalentemente del Centro Sud, che lavorarono in queste miniere in condizioni terribili. Vita durissima quella dei nostri fratelli costretti a un lavoro tra i più ingrati, pagato con la silicosi che tante vittime ha mietuto e tanti invalidi ha procurato. Lascia ancora increduli quanto indignati l’accordo fra il governo italiano e quello belga che prevedeva la fornitura gratuita di un sacco di carbone per ogni giorno lavoratore.

    Tuttavia fra loro è alto lo spirito di Corpo che si estrinseca in un’associazione molto attiva; se il cappello alpino rappresenta il nostro simbolo, per il minatore lo è il casco con la torcia incorporata: e per tanti nostri emigrati i due copricapi hanno coinciso. Marcinelle, testimone di due tragedie: quella dei primi di novembre 1918 quando fu al centro della sanguinosa battaglia della Sambre tra tedeschi e inglesi e quella dell’otto agosto 1956, quando un errore umano provocò un incendio che si estese in tutta la miniera coinvolgendo centinaia di operai. Di essi 262 di 12 diverse nazionalità non videro più la luce: i soccorritori si prodigarono per salvare i superstiti fino a quando uno di essi pronunciò il verdetto finale: Tutti cadaveri .

    In quell’istante furono lasciati nel dolore e nella desolazione centinaia di vedove e di orfani. All’Italia il triste primato del maggior numero di vittime: 136 di cui 53 alpini in congedo; fra essi due reduci di Russia: Camillo Rulli e Rocco Di Rocco. L’Abruzzo pagò il più forte tributo: 60 vittime, di cui 22 di Manoppello (Pescara). La Sede nazionale e gli alpini d’Italia non si sono mai dimenticati dei loro fratelli di Marcinelle: per la seconda volta un presidente nazionale ha reso omaggio alla loro memoria visitando il luogo della tragedia, oggi diventato museo, e il cimitero che raccoglie, in una fossa comune, i resti di tanti minatori italiani.

    Nel pomeriggio dell’8 ottobre, resa degli o­nori ai Caduti belgi delle due guerre mondiali. Sfilata per le vie di Charleroi con il Labaro scortato dal presidente Perona e da tre consiglieri nazionali, 14 vessilli tra cui i sette delle sezioni europee, una ventina di gagliardetti. Precedeva la fanfara di Borsoi (Belluno) e un drappello di vigili del fuoco di Charleroi che si sono subito adeguati al nostro 33 , marciando in perfetto ordine al ritmo lento di noi alpini. E ancora: le rappresentanze delle sezioni in Belgio dei bersaglieri, dei carabinieri in congedo, dei combattenti e reduci. Soddisfacente la presenza di alpini provenienti dall’Italia.

    Non poteva mancare Del Fiol malgrado le conseguenze della grave malattia che lo aveva colpito tempo fa: un bell’esempio di alpinità. L’itinerario ha seguito le vie centrali della città fra la curiosità dei cittadini per questi soldati stranieri con uno strano (e forse buffo per loro) cappello. Semplicissima la cerimonia alla stele in viale Waterloo, presente il sindaco Jacques Van Gompel con tre assessori del Comune, il console d’Italia Francesco Ercolano di fresca nomina ma subito entrato nello spirito alpino, il professor Salvatore Cacciatore presidente dei Comites d’Italia, e il consigliere comunale italiano Celant.

    Sempre in parata, trasferimento in piazza Carlo II ove prospetta il municipio inaugurato nel 1936 per i discorsi di rito tra i quali ci piace ricordare la frase del sindaco: Non ci sono italiani e belgi, ma solo cittadini di Carolò (diminutivo del nome della città). Egli tiene a far sapere che custodisce in casa il cappello alpino di uno zio della moglie, gentile signora di Padova. Conclude Perona rivolgendosi agli alpini in terra straniera: Non vi siete mai dimenticati di essere, oltre che italiani, anche alpini. Se una persona dimentica il suo passato non può avere un futuro: noi tutti abbiamo ben presente questa realtà .

    L’indomani celebrazioni ufficiali: Santa messa nella chiesa di Marcinelle celebrata da padre Bettoni, bergamasco, coordinatore delle missioni del Benelux e di Francia e scoprimento in forma solenne della targa donata dalla Sede nazionale al Sacrario del Bois du Cazier. Erano presenti il Labaro, i maggiorenti dell’ANA e della zona, il console Francesco Ercolano, il colonnello degli alpini Gianfranco Beraldo della NATO, il colonnello degli alpini Antonio Maggi, il maggiore degli automobilisti (ma per lungo tempo in forza alla brigata Julia) Riccardo Dentici e il maggiore dei carabinieri Giuseppe De Magistris tutti di SHAPE, il massimo comando NATO in Europa dislocato a Casteau, in Belgio; folta la rappresentanza di minatori in divisa .

    Presente anche il sindaco di Manoppello, Giorgio De Luca, il capogruppo di quella cittadina, Antonio Iezzi, il comandante dei vigili del fuoco di Charleroi, capitano Gilles. La giornata si è conclusa con la deposizione di un cuscino di fiori sulla tomba comune dei Caduti sul lavoro italiani nel vicino cimitero che raccoglie anche le innumerevoli croci dei Caduti belgi in guerra.