“Non passa lo straniero”

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    Scrivo in merito alla parola “straniero” nella lettera di Beppe Parazzini su L’Alpino di dicembre. Arguta, originale e persino inquietante l’osservazione del Presidente emerito. Risveglia in me due considerazioni. La prima si appoggia alla “saggezza del poi” ossia, si potrebbe dire, dovevamo pensarci prima, almeno una settantina di anni fa e il problema “emigrazione” forse non sarebbe assurto ai livelli che oggi constatiamo. 

     

    Tutti ormai sappiamo che una pianificazione intelligente della distribuzione delle risorse e delle opportunità di crescita, vincolata in tempi utili alla volontà di fare e alla previsione del “che cosa poi…”, avrebbe permesso di affrontare e risolvere molti problemi prima che divenissero inafferrabili e virulenti. È sempre stata una questione di interesse non soltanto nostro, ma di portata mondiale, ma quelle intelligenze che si sarebbero dovute accollare un impegno di tal fatta non si sono viste. E, allora, visto che la capacità/volontà di previsione ha fatto cilecca, la seconda considerazione, quella della “saggezza dell’ora e qui”. Che cosa possiamo fare oggi? Il problema esiste e preme da tutti i lati, assumerà dimensioni crescenti, dai margini forse incontrollabili: è una vera emergenza. Aiutare donne, bambini, vecchi, bisognosi di cure e invalidi è un obbligo morale al quale non possiamo, non dobbiamo sottrarci né dobbiamo temere chi proprio non è fatto a nostra perfetta immagine e somiglianza; non è forse vero che siamo tutti fratelli su questo insignificante granellino di sabbia sperduto negli abissi dell’universo? Ma il cruccio della questione sta nel fatto che, assieme alla povera gente che fugge da guerre fratricide e dalla miseria nera, s’insinuano elementi sospetti e non di rado portatori di delinquenza. È a questi ultimi che bisogna impedire l’ingresso perché sono coloro che hanno di mira lo sfacelo del nostro essere “popolo” e della nostra identità culturale. Come? Non sarò io a suggerire i percorsi da affrontare. I percorsi ci sono, basta avere, da parte di chi detiene i poteri decisionali, la volontà di seguirli con serietà, determinazione e fino in fondo, con idee chiare rivestite di schiettezza e di onestà verso la ricerca del bene comune.

    Mario Bruno Gruppo di Barge, Sezione Saluzzo

    Beppe Parazzini paventava il fatto che qualcuno potesse servirsi di qualche nostra espressione storica, magari legata alle nostre cante, per accusarci di razzismo e xenofobia. Già perché oggi con le maestre in circolazione che cambiano la parola Gesù con Perù c’è da aspettarsi di tutto. Ciò premesso la politica è attesa al varco su tre frontiere. La prima è quella della regolamentazione dei flussi, decidendo quanti ne possiamo accogliere e chi dobbiamo accogliere. La seconda riguarda l’impiego che viene fatto di queste persone. O si riesce a garantire loro un vissuto decente, oppure la nostra rischia solo di essere ipocrisia buonista. La terza frontiera riguarda la possibilità di rimandare da dove sono venuti quelli che non ne hanno diritto. Aggiungerei anche la certezza di espulsioni sicure per coloro che si sono macchiati di reati per cui è previsto questo provvedimento. A Verona, la notte di capodanno una pattuglia di polizia ha chiesto i documenti ad un gruppetto di stranieri. Uno di questi non solo si è rifiutato di farsi riconoscere, ma ha mandato in ospedale un poliziotto con 22 giorni di prognosi. Si è scoperto poi che si trattava di marocchino pluripregiudicato, già espulso dall’Italia tempo fa. Giudicato per direttissima, gli è stata inflitta la pena di non risiedere nel Comune di Verona. Lascio a voi ogni commento, anche se mi sembra che certi magistrati, con le loro sentenze, siano i primi sponsor di quei partiti che alcuni vorrebbero xenofobi e intolleranti.