Nikolajewka: per ricordare, capire, imparare

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    Duecentocinquanta chilometri in ritirata, a piedi sulla neve. I resti della divisione Tridentina, scarsamente armati e mal equipaggiati, insieme a piccoli reparti delle altre divisioni e agli ultimi semoventi del 24º Corpo corazzato tedesco combatterono a Nikitowka e ad Arnautovo e si diressero verso nordovest. Al termine di un breve declivio sorgeva un complesso abitato piuttosto grande, solcato da una strada ferrata, dal quale svettavano i tetti di una chiesa. Alcuni soldati del battaglione Vestone avanzarono cauti dietro i carri tedeschi rimasti. Da una casa poco distante sventagliate di pallottole colpirono i carri e, con suono metallico, schizzarono nel vuoto.

     

    A Nikolajewka si combatté così, casa per casa. Più della tattica contarono gli uomini, gli alpini, il loro spirito d’iniziativa, la cooperazione, la loro tempra e il loro coraggio che spesso si sublimò in gesta tragicamente epiche. Il 26 gennaio, mentre la battaglia imperversava, quel che rimaneva delle altre tre divisioni dell’Armir era impegnato in aspri scontri nelle retrovie e di lì a poco i comandi furono sconfitti: alle ore 16 la Vicenza cessò di combattere, il 27 gennaio a mezzogiorno fu catturato a Roshdestweno, il comando della divisione Julia , mentre la sera del 28 gennaio, nei pressi di Waluiki, fu annientata, dopo violenti scontri, la Cuneense .

    Nonostante le gravi perdite, gruppi superstiti di queste Divisioni riuscirono a raggiungere e a combattere a Nikolajewka. I compagni morti non si contavano più, ma a sera il paese era conquistato e la sacca violata. Si può dire che la vittoria della disperazione di Nikolajewka fu quella di tutti gli alpini, indistintamente, perché anche coloro che combatterono più lontano, operando in posizioni di fiancheggiamento e di retroguardia, impegnarono ingenti forze sovietiche e alleggerirono la pressione sulle posizioni più avanzate e sulla Tridentina.

    A 67 anni da questi tragici fatti, centinaia di penne nere e tanta gente si sono ritrovate a Brescia per onorare gli uomini che in Russia combatterono, per quanti caddero e per coloro che dopo immense sofferenze nell’animo e nel corpo raggiunsero la libertà. Ricordare, capire e imparare: tre parole usate sui banchi di scuola. E proprio dalla scuola lo scorso 23 gennaio è iniziata la commemorazione, perché se la memoria non è tramandata alle nuove generazioni, svanisce silenziosa nelle pieghe della storia. L’incontro tra gli alunni e i reduci è avvenuto alla scuola media Divisione Tridentina di Brescia, al termine dei concerti della corale dell’istituto e del coro Alte Cime della sezione bresciana. In un’aula magna gremita hanno preso la parola il colonnello Amerigo Lantieri di Paratico e i reduci di Russia Giobatta Danda, Carlo Vicentini e Angelo Viviani.

    I giovani ascoltano rapiti quei racconti di vita così lontani da loro: Ero con la Julia sul Don racconta Vicentini e avevamo avuto l’ordine di approntare le trincee. Era dura perché non avevamo alcun riparo in quel terreno piatto e monotono. I sovietici ci attaccavano sempre di giorno, così con la luce eravamo costretti a combattere e, mentre la notte il nemico si riposava, a noi alpini toccava scavare . Poi gli stenti prosegue la neve ti idratava, ma non dissetava. Eri costretto a metterla nella gavetta per scioglierla con il calore delle canne dei mitragliatori che, una volta diventate meno bollenti, erano utilizzate anche per scaldarci .

    Un’alunna alza la mano e chiede a Viviani notizie del suo strano cappello. Perché ha una storia , racconta. Le schermaglie non erano ancora iniziate, io ero col battaglione Morbegno Elena, una donna russa che avevamo conosciuto, aveva due bambini che giravano sempre scalzi. Allora chiesi ai miei genitori di spedirmi due paia di scarpette e gliele regalai. Quando iniziò il ripiegamento, per ringraziarmi, mi diede questo cappello di pelo. Da allora divenne il mio cappello .

    Piccole, grandi storie che, come ha evidenziato il vicepresidente dell’ANA Cesare Lavizzari nel suo intervento durante la cerimonia alla scuola Nikolajewka di Mompiano, sono alcune delle parole di quella grande lezione sul Dovere che ci hanno dato i reduci: dopo aver lasciato in terra di Russia i loro fratelli, sono tornati in Italia, quell’Italia che li aveva presi in giro e con tenacia e umiltà, senza chiedere nulla, si sono rimboccati le maniche e hanno ricostruito .

    Erano 10 i reduci presenti alla cerimonia e sono stati abbracciati dagli alpini e da tanta gente, con un affetto rimasto immutato negli anni. Sul piazzale antistante la scuola Nikolajewka sono state issate, al suono degli inni nazionali, il Tricolore e la bandiera della Federazione russa e hanno quindi sfilato i gonfaloni dei Comuni e il Labaro dell’ANA, scortato dal vicepresidente nazionale Lavizzari, dal comandante delle Truppe alpine gen. Alberto Primicerj e da alcuni consiglieri nazionali. Tra le autorità militari c’erano il comandante della Julia gen. Gianfranco Rossi, il comandante della Taurinense gen. Claudio Berto, il comandante della Regione militare Lombardia gen. Camillo de Milato, il comandante del 2º rgt. artiglieria da montagna Vicenza col. Luca Fontana, il col. Sergey Semenov e il ten. col. di marina Viacheslav Zolotarev, in rappresentanza dell’Ambasciata della Federazione russa.

    Accanto a loro un plotone di crocerossine, il sindaco di Brescia Adriano Paroli e gli alpini della Sezione che hanno organizzato la manifestazione, guidati dal presidente Davide Forlani. Le autorità hanno quindi deposto all’interno della scuola una corona in omaggio ai Caduti, ricordati con emozione nelle parole del reduce Carlo Vicentini, oratore ufficiale della cerimonia.

    Quanto gli alpini siano amati dalla cittadinanza è stata ribadito dal sindaco Paroli che ha così motivato la consegna del Grosso d’Oro alla sezione di Brescia, il prestigioso riconoscimento assegnato dalla Città per limpidi esempi di testimonianza culturale e civile . Nel salone d’onore del Palazzo della Loggia, presenti le più alte autorità cittadine, il sindaco Paroli ha consegnato al presidente della sezione di Brescia Davide Forlani la moneta aurea.

    Abbiamo deciso di assegnare la nostra più alta onorificenza in una giornata così importante come il giorno delle celebrazioni della battaglia di Nikolajewka ha ribadito Paroli a suggellare il connubio speciale tra la nostra città e gli alpini, il cui impegno civile è quotidiano ed è presente anche quando non fa notizia . Il presidente sezionale Forlani ha ringraziato per le belle parole e guarda avanti: Il premio per noi alpini sarà di stimolo a proseguire nel nostro impegno civile. Voglio ribadirlo qui oggi, alla presenza dei nostri reduci che ci hanno insegnato quali sono gli ideali e i valori veri della vita. Ringraziamo la Città e la gente che sta al nostro fianco e che condivide con noi il cammino .

    La risposta della gente non si è fatta attendere. Piazza della Loggia era gremita: schierate autorità civili e militari, un plotone in armi della Tridentina, il Labaro dell’ANA, decine di vessilli sezionali e centinaia di gagliardetti. E, mano a mano che le penne nere, accompagnate dalla fanfara dei congedati della Tridentina, sfilavano per raggiungere il Duomo e partecipare alla Messa, la gente seguiva gli alpini in corteo. Un attimo dopo la piazza più bella e centrale di Brescia era vuota e silenziosa, quasi a voler annunciare che i veri protagonisti della giornata erano semplicemente andati altrove.

    Matteo Martin

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    Pubblicato sul numero di febbraio 2010 de L’Alpino.