Monumenti eterni

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    Il più profondo e commovente discorso pronunciato per celebrare i Caduti per la Patria è senza dubbio quello tenuto ad Atene 2.500 anni fa. Nel 430 a.C. lo stratega Pericle si rivolge ai cittadini ateniesi con un epitaffio che passa alla storia e che noi conosciamo perché riportato dallo storico Tucidide ne “La guerra del Peloponneso”. Vale la pena di riprenderne qualche passo. Dice l’eminente politico greco riferendosi ai soldati caduti per la difesa e la grandezza di Atene che essi: «Furono uomini capaci di osare, consapevoli dei loro doveri, animati nel loro agire da un vivo senso dell’onore».

    Per quanto compiuto – aggiunge Pericle – questi cittadini devono ricevere «come personale compenso l’elogio che il passare degli anni non intacca e la più insigne delle sepolture che non è quella in cui giacciono i loro corpi, bensì quella ideale in cui la loro gloria resta, sorretta da un ricordo perenne che si rinnova ad ogni occasione che si dia di parola o di azione». Sarà poi il Cristianesimo ad innestare su questa visione di “dovere civico” l’afflato religioso, che si dispiega nella fede vissuta e nella storia della salvezza dell’uomo resa possibile dal sacrificio di Cristo sulla Croce. In questa “economia della salvezza” un ruolo fondamentale lo svolge la preghiera, vale a dire il rapporto confidente e dialogante tra uomo e Dio.

    Si può pregare dentro il proprio cuore ma anche nelle chiese simboli di fede e luoghi di culto. Si può pregare nei deserti ma anche sulle montagne sentendosi lassù più vicini a Dio. Si può pregare per noi stessi, per i nostri cari ma anche per gli amici, per i compagni d’arme morti nel compimento del loro dovere e perfino per i “nemici”.

    Queste riflessioni e valori perenni credo siano state alla radice del pensiero e dell’azione di tanti sacerdoti che come cappellani militari degli alpini, dopo l’esperienza drammatica della guerra, hanno voluto realizzare o recuperare chiesette, sacelli e monumenti a ricordo di chi aveva sacrificato la propria vita per la Patria. Un esempio luminoso di questo nobile intendimento viene dal veronese mons. Luigi Piccoli (dal 1953 al 1978 cappellano degli alpini della Sezione di Verona) che nei primi anni ’50 istituisce il “Centro assistenza spirituale alpinisti” poi diventato “Segretariato pro Chiesette Alpine” per assumere nel 1954, la definitiva Alpine”.

    L’idea del geniale cappellano era quella di assicurare a tutti gli amanti della montagna la possibilità di partecipare alla Messa e di rendere possibile in un luogo sacro il raccoglimento e la preghiera per “i suoi alpini caduti”. Infaticabile dà cosi avvio ad una serie di iniziative di recupero e di edificazione di chiesette sostenuto con entusiasmo da varie sezioni degli alpini e da gruppi di appassionati. Restaura ed ingrandisce la chiesetta di Santa Rosa sul monte Baldo, “giardino d’Europa”, edificata dai veronesi don Trecca e mons. Zamboni nel 1926 sui ruderi di una vecchia casermetta della Prima Guerra Mondiale. Nel 1951 si lancia in una nuova impresa: realizzare in terra trentina e precisamente nel gruppo del Carega in località Revolto una prima piccola chiesa che viene dedicata a San Giovanni Battista.

    La memoria degli alpini caduti risalta invece nell’edificazione delle altre chiesette. Nell’anno successivo, il 1952, don Giuseppe Gonzato cappellano degli alpini, spinto dal positivo risultato dell’iniziativa del confratello che lo affianca e lo sostiene con entusiasmo, fa erigere dall’Ana di Verona, sempre nel Gruppo del Carega in area trentina, vicino al rifugio Pompeo Scalorbi, una chiesetta in memoria dei morti alpini che viene inaugurata La chiesetta di Revolto dedicata a San Giovanni Battista. La chiesetta di Santa Rosa sul Baldo. il 14 settembre 1952. Per raccogliere i fondi necessari viene lanciato un appello cui rispondono per primi, con un versamento di 100 mila lire ciascuno, l’allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, il Santo Padre Pio XII e il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi.

    Pochi mesi dopo – nel gennaio del 1953 – don Gonzato “va avanti” e mons. Piccoli prende il suo posto come cappellano. Instancabile nei primi anni ’60 fa costruire in località Costabella sul Baldo un tempietto dedicato alla Madonna della Pace in memoria dei Caduti in Russia e “pro omnibus militibus sine cruce, in terra et in mare iacentibus”. L’inaugurazione e la benedizione, per opera dello stesso mons. Piccoli, avviene il 30 agosto 1962. Ma forse la storia più commovente ed esemplare si ebbe ancor prima con la realizzazione della chiesetta del Lozze sull’Ortigara.

    Sono ancora due preti veronesi – padre Giulio Bevilacqua poi Cardinale e il già citato don Bepo Gonzato – a far edificare nel 1917 dagli alpini del battaglione Verona una modesta cappella. Dieci anni più tardi – il 27 luglio 1927 – don Gonzato inaugura la ricostruita ed ampliata chiesetta a cui si affianca nel 1958 il monumento alla Madonna degli Alpini realizzato sempre dall’Ana veronese e benedetto da mons. Piccoli. Come si vede una profonda storia unisce questi sacerdoti che nell’esercizio del loro ministero di preti e di cappellani militari hanno dato un fulgido esempio di fede e di amore verso i fratelli ed i compagni d’arme.

    Il 24 febbraio 1978 si celebrarono i funerali di mons. Piccoli. L’allora vescovo di Verona Giuseppe Carraro ricordò la “sua fede cristallina…. il suo caldo amore per gli alpini, alle loro caratteristiche, ai loro eroismi, di ricordo affettuoso ai loro Caduti”. Concetti ripresi dalla targa posta in una delle “Sue” chiesette – quella di Costabella – dalla sezione Ana di Verona dove si legge: “A mons. Luigi Piccoli…..che alla sua passione per la montagna ed alla sua missione di sacerdote volle unire l’immensa pietà ed il perenne ricordo di chi tutto diede alla Patria”. Pare di risentire il medesimo messaggio di Pericle agli ateniesi: “…con la nostra audacia abbiamo costretto il mare e la terra interi ad aprirci le loro vie, e ovunque abbiamo innalzato alle nostre imprese, siano esse state sfortunate o coronate da successo, monumenti che non periranno”.

    Da quasi settant’anni l’Opera chiesette alpine assicura agli alpinisti il servizio religioso ed è perenne testimonianza del dovere civico ed etico di ricordare e onorare i caduti per la Patria per il sacrificio compiuto che ha reso possibile alle generazioni successive – e dunque anche a noi – di vivere in un Paese libero, democratico e prospero.

    Renzo Cocco
    renzococco@live.it

     


     

    Una grande parrocchia sui monti

    È dunque agli inizi degli anni ’50 che mons. Luigi Piccoli, memore anche di quanto fatto dal suo confratello don Giuseppe Gonzato sull’Ortigara matura l’idea e poi realizza il progetto di recuperare, restaurare ed edificare sui monti che furono teatri di guerra delle chiesette alpine, dei sacelli, dei cippi, delle croci a ricordo dei caduti per la Patria. La sua opera instancabile di cappellano degli alpini, che abbiamo riassunto nell’articolo a fianco, ha dato frutti straordinari e duraturi. Mons. Piccoli volle garantire nelle cinque chiesette di Santa Rosa e di Costabella sul Baldo, di Revolto e Scalorbi sul Carega e periodicamente del Lozze sull’Ortigara la Messa domenicale assicurando così un prezioso servizio religioso a chi frequentava quelle montagne. Alla sua morte avvenuta il 21 febbraio 1978 la responsabilità dell’Opera chiesette alpine passa a don Germano Paiola che da tempo aveva stretto una solida amicizia e collaborava attivamente con il Nostro. Don Germano, prete dell’Istituto Don Nicola Mazza – dove mons. Piccoli aveva dimorato per sessanta anni pur appartenendo al clero diocesano – sarà cappellano per quasi 25 anni. Instancabile nelle idee e nei progetti lascia un segno profondo di fede e di spiritualità oltre a tante realizzazioni di ampliamento e di abbellimento delle chiesette alpine a cominciare da quella di Santa Rosa sul Baldo. Ancora oggi il suo ricordo è nei cuori di chi ama la montagna e la sua testimonianza continua a dare frutti copiosi. A don Germano nel 2002 succede come cappellano un altro prete Mazziano don Flavio Gelmetti, in una continuità di servizio che avrà certo fatto piacere a mons. Piccoli. Si può dire che don Flavio è responsabile della più estesa “parrocchia” d’Italia. A lui abbiamo chiesto come si fa ad assicurare il servizio religioso in un’area così vasta. «Come tutti gli amanti della montagna camminando tanto e con buona lena – ci ha risposto sorridendo -. Oltre al sottoscritto ci sono altri sacerdoti sia dell’Istituto Don Mazza che della Diocesi. Ci si divide i compiti e in questo modo siamo in grado di garantire, in luglio ed agosto, la celebrazione della Santa Messa domenicale in ogni chiesetta». Gli chiedo se l’Opera chiesette alpine mantenga ancor oggi la sua validità. Mi risponde con una frase dell’alpinista ed ex vescovo di Innsbruck Reinhold Stecher: «Molte sono le vie che portano al Signore. Una di queste va sui monti». Mi dice poi don Flavio: «Le montagne sono taciturni educatori, toccano il cuore, insegnano il silenzio, sono altari naturali. Nelle chiesette si può meditare, pregare e ricordare le persone care che hanno raggiunto le vette del cielo. Credo – conclude don Flavio – che anche oggi abbiamo bisogno di sostare in questi luoghi sacri dove si capisce meglio il senso della vita e della morte, si rafforza il legame tra terra e cielo, ci si avvicina a Dio». Il cappellano degli alpini mons. Piccoli avrebbe sicuramente condiviso. Dopo una domenica di tanti anni fa passata in montagna a celebrare l’eucarestia annotò nel suo diario: «Ritornato a casa godo di una grande pace… sono le tue montagne, o Signore, sono gli amici alpini e alpinisti che mi riscaldano il cuore. Grazie, Signore!». A quarant’anni dalla sua morte don Luigi, se fosse qui tra noi, scriverebbe ancora le medesime parole. r.c.