Gli alpini hanno lasciato Piacenza ma il Tricolore fatica a lasciare i balconi. È come se, facendo sventolare la nostra bandiera, si potesse risentire l’eco delle fanfare nelle strade e rivivere una festa grandiosa.
Nella città tornata silenziosa c’è già chi si informa sui collegamenti ferroviari per Pordenone in vista dell’adunata del 2014. Ha ragione Corrado Perona, storico presidente nazionale dell’Ana: il raduno delle penne nere non si può spiegare, va vissuto per essere compreso fino in fondo. Ed è stato proprio così per Piacenza piacevolmente “stordita” da un’invasione pacifica e gioiosa che si è rivelata anche un efficace antidoto al veleno della crisi economica.
Secondo una prima stima del LEL, il laboratorio di Economia locale dell’università Cattolica, le 400mila persone arrivate per partecipare all’evento, hanno speso ben 40 milioni di euro. Un risultato straordinario (nell’evento erano stati investiti due milioni di euro) ma soprattutto un’iniezione di fiducia al territorio che ha dimostrato di saper gestire un evento eccezionale e che ora può guardare con fiducia all’appuntamento con Expo 2015.
L’Adunata nazionale degli alpini ha stupito non solo gli scettici ma anche chi credeva nell’evento. È stata qualcosa di eccezionale, una festa di popolo, dove sono nate amicizie spontanee e si è vissuta un’Italia migliore. Quella che sa tirarsi su le maniche e lavorare anche 48 ore no stop, con il sorriso sulle labbra. È accaduto in alcuni bar perché notte e giorno, nella “tre giorni alpina”, si fondono e confondono. Mai visto prima a Piacenza un centro storico vivo dopo le 3 di notte, mai visti tanti tavoli, panche e fiumi di birra e vino scorrere nelle nostre piazze storiche. Mai vista tanta allegria, voglia di stare insieme, ballare e cantare a qualsiasi ora nell’isola pedonale allargata.
“Ci vorrebbe un’adunata al mese – commentano i gestori dei pubblici esercizi del centro – non lavoriamo così neanche a Natale”. E diversi fra loro nel giorno clou dell’Adunata, la domenica della sfilata, hanno chiuso e si sono goduti l’evento perché tanto, dicevano, “Ho venduto tutto, non ho più neanche un gelato”. I sapori piacentini sono troppo invitanti, a un panino con la coppa, un piatto di tortelli e un buon bicchiere di Gutturnio non si rinuncia mai, ma durante l’Adunata sono stati venduti anche gadget per la festa della mamma.
Locali pieni, incassi impensabili hanno restituito il sorriso a quanti a fatica tenevano ancora aperta la saracinesca del negozio. Quando c’è allegria, quando ci si sente di nuovo membra di un solo corpo, si ritrova armonia, entusiasmo e, perché no, voglia di spendere. Caricata dalla fanfare e dai cori spontanei, euforica di energia alpina, galvanizzata dai risultati, Piacenza torna alla normalità ma con una marcia in più.
Certa di poter contare sull’onda lunga dell’evento: i musei di Piacenza sono stati visitati da oltre ottomila persone, l’ufficio turismo del Comune ha esaurito tutti i depliant di informazione sulla città e sulla provincia e non sono stati pochi coloro che si sono ritagliati uno spazio per visitare il borgo medioevale di Castell’Arquato e Bobbio, città d’arte legata a San Colombano. Tre giorni di vetrina eccezionale per un territorio che riscopre il suo appeal di turismo di qualità e che ora punta deciso all’evento Expo 2015.
Paola Romanini