L’umiliazione del nonnismo

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    Articolo di tipo Lettere al Direttore pubblicato nel numero di Gennaio 2019 dell’Alpino

    Si vede che lei ha subito solo qualche “sfottò”. Altrimenti non avrebbe liquidato un argomento ostico come il “nonnismo” con due righe. Nel 1970 io ero recluta di stanza a Venzone. E ogni notte sotto la mia branda, un compagno piangeva come un bambino che invano cercavo di rincuorare. Gli scherzi che subivano erano molto pesanti.

    I più sensibili pagavano enormemente. Alcuni casi sono sfociati nel dramma. E questo nelle alte sfere si sapeva. Come lo sapevamo noi quando si andava alla visita di leva, che ci aspettava questa triste pratica del nonnismo che noi vincevamo con la forza e la spensieratezza della gioventù. Ma era dura mi creda, più del sopruso soffrivamo l’umiliazione che ne conseguiva. E non è vero come dice lei che questo problema oggi si risolverebbe con una denuncia. Se si dovesse ripristinare il servizio militare si ripresenterebbero in pari forza nonnismo e bullismo. Perché l’uomo è quello che è. È la sua natura. Mi spiace dirlo ma la maggioranza degli uomini sono malvagi.

    Dino Menean, Paularo (Udine)

    Può darsi che io sia stato fortunato. Credo però che in queste cose molto dipenda anche dalla cultura dei protagonisti e dalla sensibilità personale. Non credo che se si dovesse ripristinare il servizio militare i fenomeni si ripeterebbero, come pensi tu, caro Dino. Oggi è cresciuto enormemente il senso di tutela dei propri diritti e soprattutto da parte delle autorità militari è cresciuta la coscienza che non si possono tollerare abusi. Salvo rimetterci stellette e stipendio.