Lontani, ma più alpini che mai

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    La visita del nostro presidente nazionale Corrado Perona alle sezioni del Canada.

    KITCHENER WATERLOO, CANADA Il Canada è un Paese immenso, 33 volte l’Italia, per cui il dominio territoriale più grande del globo non spetta a Bush, ma a Gino Vatri, carismatico coordinatore delle Sezioni del Nord America, Stati Uniti compresi. Non è che il nostro tranquillo Alpino voglia contendere al Presidente americano alcun potere, quindi nessuna guerra in vista e nemmeno lo sfiora la sindrome dell’elefante, quella del Canadese medio che vive come un cristiano obbligato a dormire accanto a un pachiderma, gli USA.

    Si accontenta del presidio morale e civile che le penne nere esercitano sulle principali città del Nuovo Mondo. Il 3 e 4 settembre, a Kitchener, si è tenuto il 13º Congresso Intersezionale, con un fitto ordine del giorno che ha tenuto occupati i delegati per un intero pomeriggio. Ogni presidente di sezione o capogruppo ha relazionato sull’attività dell’anno ormai trascorso e sulle iniziative in cantiere. C’è da riempire un altro Libro Verde della Solidarietà.

    Si va dall’aiuto agli anziani al mercatino delle pulci per aiutare i bambini di Cernobyl, dagli scambi culturali per studenti delle scuole superiori all’inaugurazione di monumenti, in ricordo di chi ha reso grande l’Italia. Tre argomenti hanno particolarmente tenuto banco: il giornale Alpini in trasferta , l’elezione del nuovo esecutivo della Commissione intersezionale, con la conferma di Gino Vatri presidente e dei due vice, Vittorino Dal Cengio, Vancouver e Ferdinando Bisinella, Montréal, e il regolamento delle Sezioni all’estero.

    Su quest’ultimo argomento è intervenuto il vice presidente vicario Vittorio Brunello per ribadire che lo Statuto della nostra Associazione non è stato modificato in nessuno dei suoi articoli dall’assemblea dei delegati, unico organo competente in materia e che il regolamento elaborato per le sezioni europee ed approvato dal Consiglio Direttivo Nazionale prevede che il presidente di sezione possa, in analogia a quanto stabilito per i gruppi, tenere viva la presenza alpina anche con un numero ridotto di soci. In questo modo il vessillo sezionale resta legittimamente in un paese estero finché c’è un Alpino.

    A seguire, grande serata alpina con parecchie centinaia di presenti, allietata dalle cante del Coro Allegria e dagli assolo della signora Maria Giavedoni, seguiti dagli interventi di varie autorità, compresi i saluti della signora Anna Perona, un menu tutto italiano e danze. Il giorno 4 ammassamento, breve sfilata agli ordini del capogruppo Toni Renon, con alla testa la fanfaretta Introdacqua, seguita dalla delegazione ANA, la vice console Imelda Gazzola, il sindaco di Ragogna (UD) Mirko Daffara. Messa al campo con spiegamento di vessilli e gagliardetti, toccanti e profonde riflessioni del celebrante don Provvido Cruzzoletto, un missionario di Adria che ha vissuto a lungo in Africa centrale.

    Da giovane, sulle balze dell’Ortigara, con degli amici durante un’escursione trova tra le pietre un teschio. Ne nasce una discussione se si tratta di un Italiano o di un nemico. Chi è un nemico?Chi e cosa ce lo fanno diventare tale?Le domande restano senza risposta, perché oggi su quei monti Italiani, Austriaci, Ungheresi, Cechi, Slovacchi, Croati, Sloveni, Bosniaci s’incontrano per ricordare tutti i Caduti e recitare la stessa preghiera: che riposino in pace, poveri ragazzi. Seguono lo scoprimento e la benedizione del monumento eretto dai gruppi Kitchener Waterloo.

    Si tratta di un’opera singolare per originalità e significato, realizzata dall’artista Umberto Fusari: una scultura in pietra bianca, su sfondo azzurro tenue, da cui sgorga una fontanella e lì un mulo e un giovane alpino, dal volto quasi infantile, bevono insieme. Dettaglio non trascurabile: il mulo sopra, l’alpino sotto. Rancio alpino, grande allegria, scambio di doni e di confidenze, storie incredibili di sofferenze, gioie, nostalgie. Hamilton, sede di sezione, con un presidente abruzzese come Fausto Chiocchio, dev’essere visitata. Accompagnati dai mezzi del Vatri’s Hotel & Santa si arriva sul far della sera e si è accolti alla grande, nell’unica sede in terra straniera proprietà di una sezione A.N.A.. È bella, spaziosa, piena di abruzzesi che aspettano Capannolo come il messia.

    Per fortuna si può scambiare qualche parola in veneto con Pivotto, vicentino, anzi marostegan, noto in tutto l’orbe terracqueo per le sue stelle alpine, sempre pronto ad offrirle alle bambine di una volta. Scopriamo che esiste una sorta di succursale A.N.A. riservata alle vedove di alpini, chiamate appunto stelle alpine , che partecipano a tutte le manifestazioni organizzate dalle penne nere, su un pullman tutto per loro. Unico maschio con diritto di accesso, Pivotto of course. Chiediamo alla moglie se è gelosa; lei risponde con una sonora risata e un’alzata di spalle.

    Venerdì 9 arriva a Toronto il presidente nazionale Corrado Perona, reduce dalla bella manifestazione sul Pasubio del 3 4 settembre, organizzata dalla Sezione di Vicenza. La sosta nella città dei grandi laghi è breve perché a Windsor ci aspetta il presidente Morasset, friulano doc, che ha preparato con meticolosità manageriale una cerimonia religiosa nel bel giardino del Fogolar Furlan e una cena per quasi quattrocento persone. Sono presenti l’addetto militare ad Ottawa gen. Di Minicis, rappresentanti della municipalità e tanti alpini. Si esibisce per la prima volta il coro alpino appena costituito ed è un successo. A riscaldare ulteriormente l’atmosfera ci ha pensato il presidente Perona che, nel suo intervento, ha saputo toccare in modo ineguagliabile le corde sensibili dell’alpinità e dell’italianità.

    Ospiti di Aldo Lot, una bella villa sul Detroit River, più simile ad un lago che ad un fiume, con la città americana di fronte e di Arrigo Collavino, altra residenza sprofondata nel verde di parchi, laghi, colture da perdersi perfino con le mini car, si conclude, dopo il consueto break culinario italo friulano canadese, la breve visita a Windsor per puntare su Calgary dove si arriva verso sera, accolti da Dario Sodero. Per due giorni ci accompagnerà a conoscere il regno degli Indiani e dei bisonti, oltre al fascino dei laghi smeraldini delle Montagne Rocciose. L’incontro con il consiglio del gruppo autonomo avviene negli uffici di una grande azienda di panificazione, dotata di tecnologie modernissime, con cento operai, proprietà di Luigi Bontorin di Romano d’Ezzelino.

    Nella capitale dell’Alberta gli alpini sono poco più di quaranta ma molto presenti, specialmente nel campo sociale. Hanno eretto vicino alla chiesa cattolica un bel monumento alla penna nera. Peccato che l’attuale parroco, per motivi incomprensibili, si rifiuti di celebrare nella ricorrenza del 4 novembre una messa per i Caduti, anche se di tutte le guerre e di tutte le nazioni. Un comportamento che lascia perplessi. Una volta il buon Pastore andava in cerca delle pecorelle smarrite, ora sembra tutto cambiato. Vancouver è senza dubbio la più suggestiva città del Canada.

    La sua posizione, tra anse, isole, monti e pendii ricoperti da una splendida vegetazione appena segnata dai colori dell’autunno, farebbe pensare ad una signorile località di villeggiatura se non spuntassero un po’ dovunque gigantesche gru a ricordare che ci troviamo in uno dei porti più importanti del Pacifico. Ad accoglierci all’aeroporto cinque alpini con una limousine bianca, lunga come un torpedone.

    Ci accompagnano al Centro Italiano, dove, con una Cerimonia semplice davanti al monumento, un bel busto di Alpino, al suono del trentatrè, inni nazionali, deposizione di corona, silenzio d’ordinanza, avviene l’incontro con una folla di alpini e italiani. Momenti di commozione perché non capita tutti i giorni che il presidente nazionale arrivi fino a Vancouver. Nel corso della cena, bersaglieri e carabinieri compresi, presenti il console Uberto Vanni D’Archirafi, il presidente del Centro Joe Finamore, la signora Anna Terana ex deputato federale e commissario per l’emigrazione, dopo gli interventi di rito vengono consegnati gli attestati dell’A. N.A. ai combattenti.

    Il presidente Vittorino Dal Cengio li ha voluti tutti presenti. Sono diciotto, solo due non sono riusciti a venire. Camminano, quando possono, in modo fiero; sul loro volto orgoglio e lacrime si mescolano con toccante naturalezza. Sulle spalle oltre allo zaino della guerra, c’è quello dell’emigrazione, della vecchiaia, della nostalgia per l’Italia. Uno, cieco, conserva intatto lo spirito di un giovane; è pieno di forza e di ottimismo.

    Per loro è un giorno memorabile: si sentono ricordati e riconosciuti per i sacrifici sopportati. Proviamo tenerezza per degli uomini che hanno dovuto affrontare dure prove supplementari a quelle che normalmente la vita riserva a tutti. Sono il nostro patrimonio vivente di un secolo, turbolento, conflittuale, ma ricco di personalità eccezionali, di uomini veri, esemplari, cui guardare con rispetto ed ammirazione.

    SPIGOLATURE

    GINO, LO CHAUFFEUR Vancouver, aeroporto internazionale, cinque Alpini schierati quasi sull’attenti salutano il Presidente Perona come si conviene all’arrivo di un capo di stato. Una limousine bianco nera, targa 88.88888, l’8 è numero fortunato per i Cinesi e quindi quotatissima, è lì ad attendere la delegazione A.N.A. in spregio al divieto di sosta, incurante dell’ingorgo che si sta creando, perché tutti compresi nei saluti lasciamo le valigie alle cure del robusto driverchauffeur Gino. È un personaggio di lontane origini venete, veste rigorosamente di nero, cravatta bianca e calca un berretto alla Marlon Brando in Fronte del Porto. Guida in modo professionale come richiedono i cortei dei vip e dopo un giro per la città, ci sbarca in riva al mare. Parla una microlingua trevisan canadese che farebbe impazzire glottologi e linguisti. Desmontè qua che mi vo’ a parcare in the other side, because chive no posso, xe l posto of the bus. Fortunatamente non ci ha riservato l’altra limousine, sempre di proprietà del nostro immaginifico autista, di colore nero bianco e usata per funerali, lauree, concerti in quel caso l’abbigliamento è bianco con cravatta nera, ci precisa con la massima serietà altrimenti all’arrivo al Centro Italiano saremmo stati scambiati per personaggi poco raccomandabili. Alla fine della serata Gino chiede con candore al Presidente Perona una lettera di gradimento, da allegare al mazzo che tiene nel cofanetto bene in vista a lato, come hanno fatto divi, politici, prelati. Mancavano gli Alpini, ora la lacuna è stata colmata.

    BEPI, IL MILES GLORIOSUS Bepi, dopo i regolamentari mesi di naja alpina, sposa una bella ragazza del suo paese, emigra negli USA e comincia a lavorare in un’azienda di elettrodomestici. Con la crisi di Cuba arrivano i licenziamenti e il nostro giovane, dopo qualche mese di inattività, pensa di arruolarsi nell’esercito come volontario. La paga è buona e alla fine del servizio la cittadinanza americana è garantita. Firma per due anni ma non fa in tempo a prendere servizio che gli viene offerto un ottimo lavoro. Dura lex sed lex e deve partire. Dopo qualche settimana scopre che chi ha la moglie in dolce attesa può essere esonerato. Figuriamoci l’accanito impegno del valoroso soldato ad assolvere i doveri coniugali. I mesi di servizio passati sotto la bandiera a stelle e strisce? Pochi. Il ricordo di quei tempi illumina il volto del vecchio Alpino, che ripensando a quei tempi abbozza un ineffabile sorriso e scuote la testa in silenzio.

    TONI E L’INDIANA Toni un giorno se ne va con passo gagliardo al raduno del suo gruppo. Cappello in testa, un po’ sulle trentatré, si sente vent’anni di meno, finché… non incontra un’Indiana che lo ferma e comincia un interrogatorio di sesto grado su come si è procurato la penna della Regina dei cieli. Tenta di spiegare che tutti gli Alpini ne portano una e che non sa da dove viene. La donna comincia ad innervosirsi, diventa quasi cattiva perché sospetta che un’ aquila, uccello sacro al pari di una divinità, sia stata sacrificata o peggio profanata per un vezzo futile. Ne nasce un battibecco che blocca per quasi un’ora l’ignaro iconoclasta e quando finalmente si libera, da quella che ormai era una furia, arriva sacramentando a cerimonia finita. È difficile spiegare al capogruppo che il ritardo è dovuto a cause… di forza maggiore.

    DARIO E L’ORSO Dario è un geologo, ama la montagna e frequenta il corso AUC ad Aosta. Successivamente scala parecchi ottomila, entra nelle viscere della terra come speleologo e non si ferma nemmeno quando i sifoni d’acqua lo costringono a farsi sommozzatore. Pensare che un tranquillo lavoro di dipendente comunale lo soddisfi è inimmaginabile e infatti gira per il mondo finché un giorno arriva in Alaska alla ricerca di petrolio. Il campo base si trova in uno dei posti più suggestivi e impervi del creato. Collegarsi con il mondo civile, anche dotati delle migliori strumentazioni, è un’impresa che una volta riesce e due no. Gli orsi sono di casa, anzi a casa loro e uno in particolare gira troppo spesso e in modo poco amichevole vicino all’accampamento. Con l’elicottero cercano di allontanarlo, l’operazione sembra riuscita. Visto che sono in volo approfittano per fare spese in un villaggio vicino: appena qualche centinaio di chilometri. Al ritorno vedono nelle vicinanze delle baracche un uomo steso per terra, ricoperto da una giacca a vento azzurra. Dario si avvicina, alza la giacca e scopre che è senza testa. Sotto di lui c’è il fucile, come prescritto dalle regole di contratto, da cui manca un colpo.

    LUIGI, IL FRIULANO Luigi è un friulano nato in montagna e fin da piccolo comincia a lavorare nel bosco. Quando gli arriva la cartolina di precetto viene assegnato al 3º artiglieria da montagna e lì maneggia la bocca da fuoco del 75/13 come fosse di legno. Riceve i gradi da caporale con qualche difficoltà perché con un pugno ha steso un mulo un po’ ribelle. Sposata la sua Rosina, mette al mondo due marmocchi ed emigra in Canada. Comincia subito a lavorare per la railway e finisce nel Manitoba ad abbattere alberi e a guadagnare dollari. Si costruisce a tempo perso una bella capanna in tronchi, la dota secondo i suoi parametri di tutti i confort e scrive alla consorte di raggiungerlo. Ricomposta la famigliola vive anni felici finché una sorella della moglie, arrivata pure lei nel Nuovo Mondo, non manifesta il desiderio di rivedere i nipotini. Quando la cognata arriva, dopo un viaggio piuttosto tribolato, resta sgomenta a sentire i due ragazzini che con i genitori parlano friulano e tra di loro cree , la lingua degli Indiani con cui sono soliti giocare. Di inglese o d’italiano manco una parola. La pace in famiglia finisce, ma in compenso, qualche decennio dopo, i due ragazzi si laureano brillantemente e oggi ricoprono cariche importanti in società multinazionali.