Lo spirito alpino

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    Comandi! Recluta Girondi Nicolas. Esatto, comandi, la prima parola che ci avete insegnato, la parola che permette di relazionarsi formalmente. Chi avrebbe mai detto che saremmo cambiati così tanto da quel giorno in cui siamo entrati dal cancello della caserma, questo edificio che al suo interno avrà anche una vita dura, stancante, diversa dalla vita di tutti i giorni, ma è proprio questa vita che ci regala delle emozioni che ci fanno crescere, delle emozioni che ci faranno lacrimare quando riguarderemo le foto di noi con la divisa, ordinati, dritti e quando guarderemo le foto in accappatoio, quei momenti fuori dal comune che ci rendono ancora più uniti. Siamo entrati con un’aria di timore, di paura. Usciamo con un’aria di unione, fratellanza, voglia di rivederci il più presto possibile. Sarà strana la prima sveglia senza tromba, senza il fischio di Sergio, senza il buongiorno dei compagni di camerata, ma guarderò fuori dalla finestra e sognerò voi. In due settimane sono cresciuto come se avessi passato un anno intero con voi. Continuerò a ricordare i complimenti di Francesco, i confronti serali con qualche battuta per ridere. Mi ricorderò di Marco Villanova, l’istruttore che con le pompate mi faceva esplodere gli avambracci, mi faceva urlare, mi faceva tornare in camerata morto, mi faceva correre alla mattina alle 6. Ma di lui ricorderò soprattutto quella volta che ci ha fatto notare come abbiamo imparato a marciare a ritmo. Un metronomo a gambe, un motore che non si ferma, perché ogni membro sostiene l’altro. Non dimenticherò mai quella volta che ho pianto e voi mi avete sostenuto. Non è una cosa per niente scontata trovare un gruppo di 40 persone con cui sono sempre andato d’accordo. Ho litigato con tanti gruppi di dimensioni simili ma voi, voi avete fatto l’impossibile per farmi stare bene. Grazie a Pietro che mi ha sempre abbracciato leggendomi dentro, senza che dovessi essere io a spiegargli come stavo. Non dimenticherò quella vetta raggiunta arrampicandomi mentre la mia squadra mi guardava impressionata, e io da lassù guardavo in basso rendendomi conto di ciò che avevo appena fatto. Non dimenticherò mai il biathlon, quell’esperienza in cui mi sono classificato settimo senza aver mai sparato, con il male al ginocchio, con un fucile storto – e perché no? – anche qualche arrabbiatura. So di aver dato il massimo che anche voi avete dato. Non dimenticherò la nostra ultima camminata in cima al Monte Grappa. Quella strada ripida che, nonostante le infinite difficoltà come nebbia, pioggia e freddo, abbiamo percorso. Metro per metro, passo dopo passo, senza mai fermarci, perché quello che ci avete insegnato è non arrendersi mai e porre sempre il massimo impegno. L’impegno è quella cosa di cui non ti svuoti mai, è quella sostanza infinita che si ricrea dal nulla. Promettetemi che tra qualche anno rileggerete questa lettera, magari con qualche foto ricordo e vi scenderà una lacrima, una lacrima che conterrà ogni membro della diciottesima. Grazie, grazie, grazie.

    Nicolas Girondi


     

    Caro direttore, ti scrivo a proposito del nostro “futuro associativo”, annoso argomento frutto di parecchi incontri (da Perona a Favero) e innumerevoli discussioni sia nei Cds che tra i vari alpini delle nostre Sezioni e dei nostri Gruppi. Nella annuale riunione dei Presidenti sezionali tenutasi il 7 novembre a Brescia nel bellissimo salone del Palazzo della Loggia, anche lì il dibattito sul futuro associativo ha avuto un notevole coinvolgimento dei Presidenti presenti. Le opinioni espresse, tutte in modo pacato e democraticamente accolte, seppur notevolmente divergenti, hanno dato un quadro estremamente variegato di come i nostri Gruppi affrontano questo argomento. Ovviamente il mio intervento è stato propedeutico al maggior coinvolgimento degli Amici nella vita associativa dei Gruppi, affinché la nostra amata Associazione duri anche dopo l’ultimo alpino. Fra un tot (probabilmente lungo) di anni, avendo noi consolidate e validissime tradizioni e valori da tramandare non mi scandalizzerei se dette tradizioni fossero divulgate da una associazione che si chiamerà “Amici degli Alpini” o altro nome che ci ricordi. A questo proposito segnalo che l’Anpi, Associazione Partigiani d’Italia fondata nel 1944, è attualmente presieduta da un signore che è nato nel 1949 (sicuramente non è stato un partigiano). Una riflessione andrebbe fatta.

    Enrico Bianchi, Sezione di Como

    Caro Enrico, in una lettera molto acuta che mi ha mandato l’alpino Guido Banzatti, lo stesso afferma che l’essere alpini è molto più di aver fatto un servizio militare. Dice infatti: «La solidarietà alpina è stata alimentata da ben altro che dalla leva. La nostra cultura alpina ha a che fare con la gente di montagna, con la capacità di sacrificio che il contesto abitua la sua gente fin dalla nascita, con il ruolo della fede cristiana nella vita delle nostre valli. Inoltre essa è stata aiutata anche dalla coscrizione regionale. Se ti imboscavi, fregavi un tuo cugino, o magari un compaesano con cui eri diventato grande». Questo per dire che, male che vada, la speranza è che lo spirito alpino, magari in sinergia con altre realtà che si dedicano alla montagna, come suggerisce Banzatti, sopravviva in futuro al venir meno del personale di leva. Ma a sollevare un sussulto di ottimismo è la bellissima lettera di Nicolas, uno dei giovani che ha partecipato ai nostri campi scuola. Quanti sono come lui, che aspettano l’occasione per dare corpo ai loro sogni? E quanto la politica deve essere attenta a questa fascia di ragazzi che domandano le stesse cose che noi chiediamo da tempo?