Afghanistan: ne valeva la pena?

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    Vorrei fare alcune considerazioni riguardo la nostra missione in Afganistan. Una missione di venti anni, con costi spaventosi (anche in Italia abbiamo i bisognosi) e ahimè ben 53 vite stroncate in piena gioventù, nell’età dove uno inizia a progettare quella che sarà tutta la sua vita futura. Tutto questo sacrificio per la libertà di questi popoli, libertà stroncata dai talebani che, sinceramente, non mi sembrano truppe organizzate, equipaggiate e in grado di affrontare una guerra contro l’esercito afgano, immagino armato di tutto punto e con il necessario addestramento, ma che ha vanificato tutti i sacrifici in una guerra (almeno così ce la descrive la stampa) fulminea. Valeva veramente la pena questo sacrificio, per non so quale nostro ideale, ma chiaramente non il loro, o sarebbe stato meglio stare a casa? Chi dobbiamo ringraziare per il sacrificio totalmente inutile dei nostri alpini? A me sembra, a torto o a ragione, caro direttore, che a questi popoli non interessi nulla di quello che abbiamo fatto per loro, le donne probabilmente avranno molte limitazioni, ma stento a credere che ogni militare dell’esercito afgano non abbia una figlia da proteggere. È quindi vano qualunque sacrificio, che sia una guerra o una limitazione della nostra libertà, mi riferisco ad esempio, all’esibizione del crocefisso o ai cambiamenti delle nostre preghiere. Cosa sentita solo e sempre dalla stampa, ma mai dai diretti interessati, e mi creda, nel mio lavoro di musulmani ne ho conosciuto molti.

    Marco Lorenzini, Gran Bretagna

    Caro Marco, sono almeno due i problemi che affronti nel tuo scritto. Il primo potremmo sintetizzarlo così: è servito andare in Afghanistan, pagare un così grave tributo di vite umane, investire enormi somme di denaro…? Valeva la pena, se questi sono i risultati? Ti rispondo sinteticamente. Sì, ne valeva la pena. In Afghanistan abbiamo seminato semi di civiltà. Quelli della scolarizzazione, del rispetto delle donne, della coscienza dei diritti soggettivi, ossia tutti quei semi che appartengono alla civiltà. Ora abbiamo l’impressione che la grandine dei talebani stia distruggendo i primi germogli che erano spuntati. Ma io non sarei tanto pessimista. Nell’epoca della digitalizzazione globale, quando tutti sanno tutto di ciò che accade nel mondo, le dittature dei barbari (che non sono solo in Afghanistan) hanno il respiro corto della violenza, che si esprime con le armi e non con la ragione. Il secondo problema riguarda i popoli liberi e la loro capacità di conservare la libertà. Che non è né anarchia, dove ognuno può fare ciò che vuole, né arroganza di qualche ideologia stupida, ossia dittatura di minoranze in cerca di visibilità.