L’importanza della naja

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    Gentile direttore, faccio seguito alla lettera “semiseria” della signora Nadia Negri e, come nello stile alpino che ci caratterizza, sono a riprendere alcuni suoi spunti in maniera cordiale e se possibile costruttiva. Detto che la risposta del direttore ammette poche repliche ed è come sempre supportata da analisi ponderate, vorrei rispondere a i quesiti nei quali viene chiesto se gli eserciti insegnano solo ad ubbidire (?!) e continua dicendo che non sa come le donne supporterebbero gli eventuali scherzi dei veci. Allora, l’Esercito si è professionalizzato (passatemi il termine), quindi non insegna solo ad ubbidire, ma insegna come diventare professionisti appunto, anche a farsi ubbidire certo. Per quanto riguarda le donne, ricordo che, al tempo in cui è insorta parte della politica supportata da mamme preoccupate per i loro figli e quindi è stato bloccato il servizio di leva, la gran parte degli scherzi “terribilmente pericolosi” consistevano nel mettere il dentifricio nei capelli durante le ore di sonno o mettere la patina da scarpe vicino al viso e i destinatari erano quasi sempre quelli che non volevano sottostare a queste regole per poi, da veci farle rispettare loro pro. C’era anche la regola che il vecio si faceva fare il cubo (letto) ecco, lei non rende certamente onore al gentil sesso se pensa così anche perché le donne sanno essere tremende se pungolate. Non voglio assolutamente giustificare certi scherzi veramente pesanti, ma credo che, se devo fare una equazione direi val la pena di tentare per avere dei giovani che imparino cosa vuol dire il rispetto e ubbidire ad un ordine che risulti anche incomprensibile senza dover guardare una app sul cellulare. Infine, siccome a lei non piace la naja le rigiro la frittata: non desiderare il servizio di leva potrebbe succedere invece che… Chiedo scusa per la lunghezza, saluti a tutti e soprattutto alla signora. Enzo Dal Sie, Treviso Grazie Enzo, proporre il ripristino del servizio militare non è proporre il nonnismo. È da poco intelligenti pensarla così. E senza contare che il vero nonnismo (chiamato bullismo) oggi si consuma nelle piazze, ossia l’anti caserma, dove sbalestrati adolescenti esibiscono l’arrogante violenza delle loro vite annoiate e senza regole. Leggo con piacere e ammiro l’educazione nella risposta alla lettera scritta dalla signora Nadia Negri, io avrei risposto in modo diverso, fortunatamente non tocca a me farlo. Probabilmente non avrò mai la possibilità di poter rispondere a questa signora a viso aperto e mi spiace perché è la cosa che preferisco, mi permetterei solo di ricordarle, prima di parlare, che la naja non è un lager, anzi è uno stile di vita, una cosa che solo chi la provata può dire cosa gli abbia lasciato dentro. Ha lasciato amicizia, onore, rispetto delle istituzioni, poter essere partecipi a progetti che da solo non saresti mai riuscito a vivere, parlo ad esempio di chi ha avuto la fortuna di costruire l’ospedale di Bergamo, insieme agli alpini, volontariato di tutti i tipi, ma anche cose molto più semplici poter far gli auguri ad un vecio di 90 anni… che ti guarda orgoglioso con il suo cappello alpino… cara signora venga a qualche Adunata, oppure a frequentare, ma non con le chiacchiere, qualche Gruppo e poi si renderà conto cosa ha lasciato la naja.

    Vittorio Ferraboli, Gruppo di Asola, Sezione Cremona-Mantova

    Caro Vittorio, sappiamo tutti che anche nell’ambiente militare sono accadute, accadono e accadranno sempre delle cose spiacevoli. Succede così in tutti i luoghi ove protagonisti sono gli esseri umani. L’errore è quando si tirano conclusioni generalizzate per fatti occasionali. Quando andavo a scuola alle elementari, un medioevo fa, la maestra aveva la bacchetta e ti metteva contro il muro o dietro la lavagna. Cose da non fare, ma nessuno si sogna di chiudere la scuola perché un tempo succedeva questo. E comunque se ho continuato a studiare è grazie alla mia maestra. Alla faccia delle bacchettate.