Le giornate del ricordo

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    DI CESARE DI DATO
    Il dieci febbraio è stata celebrata una seconda Giornata del ricordo dopo quella di gennaio dedicata ai martiri, non solo ebrei, dei campi di sterminio nazisti. Il dieci febbraio infatti è stato reso omaggio agli infoibati, cittadini italiani che la furia titina di fine guerra ha gettato nelle doline del Carso non sempre dopo un’esecuzione sommaria. Una pulizia etnica ante litteram condotta all’insegna della peggior barbarie.

    Il nostro Governo, dopo sessant’anni, si è deciso a ricordarli in forma ufficiale: finalmente devo dire. Ho ancora negli occhi la fotografia di Cossiga, primo Presidente in assoluto a farlo, in convinto raccoglimento davanti alla lastra che ricopre la foiba di Basovizza dove i martiri si contano a metri cubi (!) e non a numero. Vi intervenne in forma privata perché allora non era politicamente corretto che lo Stato italiano prendesse posizione contro una Jugoslavia ancora integra, considerata amabile vicina (il trattato di Osimo insegna). C’era il pericolo di offenderne le istituzioni, tesi sostenuta dal presidente del Consiglio del momento, noto per la sua prudenza politica.

    Mi piace qui ricordare che gli alpini, anche in tempi meno idilliaci degli attuali, non hanno mancato di rendere omaggio alla tomba di Basovizza senza tener conto dei troppi se e dei molti ma che potevano ostacolare l’iniziativa. Più di una delegazione dell’ANA si fece un punto d’onore di portare il proprio mesto ricordo a quei Caduti e L’Alpino non mancò di registrarlo.

    Fu il presidente Ciampi che ruppe gli indugi e presenziò a una cerimonia ufficiale poco tempo fa su quel colle alle spalle di Trieste e lo fece con quella commossa e intensa partecipazione che gli è propria. Naturalmente non mancò il solito denigratore nostrano che si ritenne in obbligo di sminuire l’avvenimento ricordando il campo di concentramento fascista dell’isola di Arbe, oggi piacevole soggiorno marino di croati e di italiani. Francamente mi sembra che il paragone sia improponibile oltre che meschino.

    Questa visione manichea del mondo che ha suddiviso ormai da decenni popoli e governanti in buoni e in cattivi, secondo stucchevoli stereotipi aventi forza di dogma, ha fuorviato le menti di intere generazioni, per cui i gulag sovietici sono spesso ignorati, mentre Pol Pot, ancor più sanguinario di Hitler, ha potuto godere dell’impunità generale senza che nessuno ricordasse, ad eccezione di un regista, il milione e più di vittime cambogiane da lui provocate. La Cambogia, è bene precisarlo, ha solo sei milioni di abitanti, per cui la percentuale di annientati detiene l’agghiacciante primato assoluto su tutte le stragi perpetrate nel mondo.

    Per non parlare dell’altro milione di assassinati in Ruanda nello spazio di soli tre mesi, con l’ONU tranquillamente alla finestra; se ne è parlato, certo, in occasione del decimo anniversario dell’eccidio, ma poi tutto è ritornato nell’oblio. Mi fermo qui, ma non si ferma l’elenco delle barbarie. Un lettore mi ha fatto notare però che non è lecito stilare una classifica di tali abominevoli comportamenti: si rischierebbe di essere tacciati di razzismo. Sono d’accordo, infatti non faccio classifiche: mi limito a denunciare comportamenti vergognosi per l’Umanità senza alcun distinguo. L’assassino è assassino, sia esso di destra o di sinistra, di questo o di quel Continente.

    Ci volevano due generazioni per cominciare a rendere o­nore a TUTTI nostri consimili martirizzati. Sono lieto che l’Italia, liberatasi da assurdi timori reverenziali, abbia istituito questa giornata dedicata ai Martiri delle foibe. Spero che ciò sia stato di insegnamento ai giovani fino a oggi cresciuti nell’ignoranza, anche se molti professori di liceo si sono limitati a un semplice minuto di raccoglimento. Emblematica la risposta di un docente di una scuola di Como che ha addotto come giustificazione il fatto che C’era il Carnevale (quotidiano La Provincia , 9 febbraio).

    Curiosa questa distinzione tra i martiri della Shoa e quelli delle Foibe; mi consola il fatto che essi, davanti a Dio, sono sullo stesso piano, in quanto il buon Dio non guarda alle tessere.
    Un complimento al regista Negrin che avuto il coraggio di portare la vicenda in TV. Un po’ tardi se vogliamo, ma sempre meglio delle ipocrisie del passato.