L’arte della mediazione

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    Ho letto il tuo commento alla lettera di Mauro Teghillo, riportata, sotto il titolo “Questione politica”, sul numero di gennaio del nostro mensile e concernente l’inno partigiano “Bella Ciao”. Ebbene, sei proprio forte, complimenti, tanto che devo ammettere che il divino Giulio Andreotti (che, ahimè, rimpiango molto) non avrebbe saputo argomentare in modo più arguto. La tua, però, resta pur sempre una risposta sostanzialmente “buonista” (insomma, una risposta atta a non scontentare nessuno, a parer mio). Ciò detto, però, non posso esimermi dal metterti in guardia sull’invito che tu fai a non ferire la sensibilità di qualcuno. Detto così, infatti, l’invito è quello di evitare, in ogni caso e a prescindere, di urtare o di ferire ogni sensibilità. Ma attenzione, allora, che per rispetto verso persone di altra fede religiosa, potremmo trovarci, per esempio, a non dover celebrare solennemente più neanche il Natale. Simpri mandi, ogni ben e “Mai daûr”.

    Adelchi Miatto, Gruppo Rorai Grande, Sezione Pordenone

    Caro amico, accostandomi al mitico Giulio, non so esattamente se tu mi volessi attribuire la sua parte divina o il suo 50% sulfureo. Dopodiché, liberatomi dalle spire della tua arguta e simpatica canagliaggine, ti rimando alla risposta di qui sopra. Un conto è mediare per non creare scontri, un altro rinunciare alla propria identità. Nel primo caso parleremmo di prudenza, nel secondo di calata di brache.