La verità su Cantore e Cadorna

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    Sono un alpino classe 1947 e prima di andare al punto cerco di spiegare da dove deriva la mia visione delle cose. Negli anni Sessanta ero assolutamente convinto di dichiararmi obiettore di coscienza, secondo le indicazioni di alcune correnti cattoliche. Poi ho accettato opzioni più ragionevoli, tanto è vero che mi sono ritrovato ad Aosta, alla Smalp con il 23º corso Acs, nell’aprile del 1969. È stata dura, mi sono sempre sentito un corpo estraneo rispetto alla vita di caserma, ma lentamente sono entrato nello spirito alpino, che non aveva niente a che fare con la stupidità e l’arroganza imperanti a tutti i livelli. Ricordo con nostalgia il campo estivo a La Thuile, l’ascesa di tutto il battaglione al Gran Paradiso, le salite sul Monte Emilius. E anche le esercitazioni a Pollein e Montfleury. Alla fine del corso, il capitano della mia compagnia, (la 5ª) mi ha chiamato e mi ha spiegato che non avevo superato il corso, poiché non avevo attitudini al comando. Aveva assolutamente ragione, anche se non era degno di dare giudizi come si è visto in seguito (ma questa è un’altra storia). Finita la naja per quasi 40 anni ho convissuto con una allergia quasi patologica per le alte sfere militari, poi sono tornato al paese nativo, Romagnano Sesia, dove ho conosciuto gli alpini del Gruppo e mi sono iscritto all’Ana. Non c’è stata nessuna folgorazione ma ora sono orgoglioso del mio cappello e soprattutto di quello che rappresentano gli alpini. Ma vengo al punto: essendo appartenente alla Sezione Valsesiana, ricevo lo Scarpun Valsesian. A pagina 10, il Gruppo di Foresto ricorda tre alpini morti e conclude: “Il gen. Cantore li accolga nel suo Paradiso”. Confesso di non aver mai saputo nulla del gen. Cantore, tanto esaltato nella nostra iconografia e davo per scontato che fosse un alto ufficiale particolarmente devoto. Poi sono passato a pagina 11 e il gen. Cantore è precipitato dal mio piedistallo immaginario. Mi chiedo allibito, se la storia non abbia significato. È stato acquisito che il gen. Cadorna non era un eroe ma un trombone psicopatico. Se i soldati hanno festeggiato per tre giorni la morte di Cantore non viene il sospetto che anche Cantore, pupillo di Cadorna, fosse piuttosto disturbato? Almeno non si parli più del Paradiso di Cantore.

    Giancarlo Agarla, Gruppo di Romagnano Sesia, Sezione Valsesiana

    Caro Giancarlo, ho letto la tua lettera che mi ha fatto divertire fino ai tre quarti. Poi, arrivato ai generali, mi hai messo in crisi. Questo perché gli storici sono assolutamente divisi sulla valutazione di questi personaggi. È in corso anche un processo da parte dei discendenti di Cadorna, per tutelare la memoria del loro avo. Chi ha ragione? Pilatescamente ti rispondo che non so dove collocarmi, preferendo lasciare i morti nella pace del loro riposo. Una lettura consigliabile è il libro Antonio Cantore di Oreste Bruno Ongaro (Gaspari editore, 2007): grazie a nuove rivelazioni documentaristiche, fa molta chiarezza sui fatti storici legati al generale ligure.