La nostra preghiera

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    Una preghiera dell’alpino che non va bene per tutti gli alpini non è una buona preghiera e certo non è la mia preghiera. Le armi hanno in sé violenza dell’uomo sull’uomo; chiedere al padre di tutte le creature che faccia aumentare la forza di questa violenza, ritenerlo disponibile a mettersi con gli uni e contro gli altri è roba da regime non da cristiani. Ognuno è libero di pensarla come vuole sulla guerra di aggressione o preventiva che dir si voglia, ma libera non è, la nostra preghiera, di schierarsi. Queste e altre opinioni che vorrebbero avviare un dialogo chiarificatore mai ho potuto esprimere nel nostro giornale. Ho la spiacevole sensazione che da qualche parte si sia formato un salottino etico che pensa per tutti, che fa e sopraffa.

    Nilo Pes Fontanafredda PN

    La tua lunghissima lettera sulla nostra preghiera e la ricerca con oltre cinquanta pagine fitte di documenti e commenti sono una testimonianza unica di quanto ti stia a cuore la versione approvata dall’Ordinariato militare. Credo però che non sia il caso di convocare un Concilio per dirimere la controversa materia. Basta sgomberare l’argomento da sospetti di malefiche intenzioni da regime, dimenticare che esista un salottino etico che pensa per tutti e restare con i piedi fermi sul terreno prosaico del buon senso. Espressioni datate, incongruenti, difficili da accettare, almeno letteralmente, esistono dai capitoli della Genesi fino ai documenti dei Padri della Chiesa e oltre. Nessuno scandalo quindi che la dicitura rendi forti le nostre armi sollevi perplessità, consensi e ostilità. Non è il caso di farne una guerra. Armati come siamo della volontà di salvaguardare la nostra tradizione, sulla scia della civiltà cristiana, cerchiamo di essere tolleranti almeno quando s’invoca il Padre. Alle parole, anche a quelle ostiche come le armi , possiamo dare, volendolo, il significato che emerge dalla storia degli Alpini, più che di violenze, piena di testimonianze di grande umanità. È sul terreno della fratellanza, della condivisione dell’amor di Patria, sulla tradizione di onorare chi ha patito gli orrori della guerra, che dobbiamo rendere forti le nostre armi.